mercoledì 6 settembre 2017

Gino Strada ci fa la morale sui migranti? Taci, Katanga, ché è meglio



Dalla prima pagina di Tiscali.it dobbiamo sorbirci Gino Strada che, puntandoci addosso il suo ditino saccente, ci dà lezioni sugli immigrati: ci dice che imporre delle regole per l’ingresso degli stranieri in Italia significa, né più né meno, “fare la guerra ai migranti” (si, è esattamente questo che si deve fare, infatti!) e che ciò è ancora più vergognoso perché “già oggi siamo responsabili di diversi morti, diverse persone torturate, centinaia o migliaia di casi di violazione dei diritti umani, e per soddisfare il nostro egoismo e la necessità di una politica di livello infimo, non esitiamo a ributtare questa gente in quell'inferno, nelle mani di torturatori assassini”


Qualcuno dica a Gino Strada che da parte nostra non vi è alcun obbligo, né economico né tantomeno morale, ad aiutare popolazioni che sono state riempite di miliardi di dollari in decenni, che hanno visto i loro debiti con l’estero condonati, che hanno scelto la strada dell’indipendenza e nonostante questo sono palesemente incapaci di governarsi da se. Se Gino Strada vuole aiutare questa gente lo faccia coi suoi soldi (o di quegli imbecilli che lo finanziano) senza pretendere alcunché da parte di chi non abbocca alle menate del politicamente corretto che cerca di imporre, nei confronti degli europei, questo senso di colpa perenne per ciò che è stata la colonizzazione degli Stati occidentali in Africa (la quale, beninteso, è stata anche e soprattutto civilizzazione). 

Il lessico utilizzato da Strada è abbastanza chiarificatore del modo di pensare di questo personaggio. Il quale, infatti, quando si riferisce a Minniti, il Ministro dell’Interno Italiano, gli dà dello “sbirro”. Insomma, pare che il mitico Gino Strada non vada molto d’accordo con le forze dell’ordine. Non che servisse questa sua dichiarazione, d’altro canto: ce ne accorgemmo quando Emergency si rifiutò di firmare gli accordi tra Governo italiano e ONG con il quale il Viminale cercava di bloccare, almeno in minima parte, l’invasione del suolo nazionale: Emergency non volle militari o forze dell’ordine di alcun tipo sulle sue navi. Quando si è trattato di dimostrare la loro buonafede e la correttezza del loro operato, la loro assoluta estraneità alle accuse di collusione con gli scafisti e di violazione costante e sistematica delle leggi italiane, le ONG si sono sciolte come neve al sole, abbandonando la loro attività di scafismo e di trasporto di nuovi schiavi travestita da attività umanitaria e quasi azzerando - pur involontariamente - gli sbarchi di stranieri sulle nostre coste.

Se volessimo, però, potremmo andare ancora più indietro nella vita di Gino Strada e scoprire che il personaggio, anche se apparentemente pacifista e contro le guerre, di pacifico aveva ben poco. Studente della Facoltà di Medicina di Milano, fu attratto fin da subito dall’ala più estrema e più violenta della sinistra universitaria, vale a dire quella dei “katanghesi”. Strada era soprannominato “Katanga” per il suo attaccamento alla causa, ed era il capo del Gruppo Lenin (un nome, un programma!) che si distingueva anche rispetto alle altre formazioni teppiste e terroriste di sinistra per il rigido inquadramento ideologico e la lotta senza quartiere contro i fascisti, veri o presunti che fossero. 

Per condurre questa lotta giravano sempre armati di “caramelle”, vale a dire sassi e sanpietrini da utilizzare alla bisogna (“sbirri”, come li chiama ancora lui, o fascisti non faceva alcuna differenza: l’importante era abbattere il nemico), e di “penna”, la tristemente rinomata Hazet 36: una enorme chiave inglese utile, eventualmente, per essere data sulla testa dei nemici politici; se qualche “sbirro”, come li chiama ancora il fondatore di Emergency, fermava i criminali di sinistra e saltava fuori la chiave inglese, bastava dire che si era idraulici e che si stava andando a riparare un tubo in una casa: con i giudici comunisti e compiacenti con i criminali rossi, spesso questa scusa bastava e avanzava. È con colpi di Hazet 36 che morì Sergio Ramelli, vittima di un agguato degli amici di Gino Strada e lasciato sul bordo della strada con la materia cerebrale che colava sull’asfalto. Quei tempi e quella sinistra erano talmente brutti (forse anche più di adesso, se possibile, in quanto uccidevano con arroganza e impunità) che, quando durante una seduta consiliare del Comune di Milano si sparse la notizia che Sergio Ramelli era morto dopo diversi giorni di agonia, dai banchi della sinistra si levò un fragoroso applauso. Questo basta a comprendere la caratura morale, prima ancora che politica, di quel tipo di gente. Questa è la scuola politica di Gino Strada, che ora ha pure la faccia di venire a farci la morale.


Taci, Katanga. È molto meglio per te.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Lo vedo qui da me all'estero,quando parli con un italiano anche il piu zero di tutti ti rigira la frittata in modo da farti sentire in errore,Strada fa bene a difendere le sue idee ,per me voi fascisti( io sono con Adolf)dovete fare vostro il motto di quella canzone"me ne frego" lo dico da neutrale vi sono i nomi Soros padrone delle ONG LA stampa agli ordini debenedetti mieli mentana e' un monopolio ebraico ,Strada difende l'indifendibile e' l'utile idiot che fa comodo ai padroni ebrei ,alla sua eta dovrebbe rinsavire

Unknown ha detto...

Ma andate aff fascisti di merda

Andrea Chessa ha detto...

Commento di soli insulti, rigorosamente dietro anonimato.
Degni eredi dei vostri nonni partigiani.

Walter Nova ha detto...
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