Donald John Trump Jr., il figlio del Presidente degli
Stati Uniti, ha in queste ore ripreso una frase che, durante una intervista,
pronunciò Sadiq Khan, attuale sindaco di Londra: “E’ necessario mettere in
conto gli attacchi terroristici, soprattutto nelle grandi metropoli”.
Ora che anche Londra è per l'ennesima volta sotto attacco terroristico queste parole
suonano ancora più agghiaccianti del momento in cui furono pronunciate. Quasi
come se l’Europa e l’Occidente ormai siano costretti a convivere
quotidianamente con il terrorismo, come se quest’ultimo fosse una cosa
assolutamente normale, alla stregua di un terremoto, di un evento atmosferico
improvviso, di una calamità che nessuno avrebbe potuto prevedere.
Non ci vogliamo rassegnare a vivere così. Non ci
vogliamo rassegnare a questo modello di pensiero. Saltare in aria sulla
metropolitana o essere falciati da un kalashnikov impugnato da un terrorista islamico
non è la stessa cosa di una pioggia torrenziale. L’Europa, in tutto questo, ha
responsabilità precise, chiarissime, evidenti e lampanti.
Perché il nemico, prima di tutto, lo abbiamo in casa. E
non esiste nemico più pericoloso di quello che non sappiamo di avere. Il nostro
primario nemico è, innanzitutto, chi continua a favorire – per loschi interessi
economici (quello che ormai chiamiamo, senza mezzi termini, il business dell’accoglienza
che, come disse Buzzi in una intercettazione telefonica, “conviene più della
droga”) – l’invasione del continente europeo da parte di genti straniere,
spesso provenienti da nazioni i cui valori e i cui stili di vita sono
enormemente diversi da noi, se non opposti (si pensi alla concezione della
donna o al trattamento riservato agli animali), che ormai considerano l’Europa
alla stregua di una terra vergine da conquistare e da depredare a piacimento. Anche
Erdogan, il Primo Ministro turco, su questo punto è stato chiarissimo, come ben
prima di lui lo era stato, più di cinquant’anni fa, Benito Mussolini: i popoli
fecondi sono destinati a dominare, perché in grado di vincere una sorta di
guerra di numeri sulle grandi distanze. Viceversa i popoli sterili sono destinati
a soccombere.
Il nostro primario nemico è quella schiera costituita
dai fanatici dell’accoglienza, che con pietose e ridicole argomentazioni hanno
completamente aperto le porte all’invasore, e continuano a “maneggiare” per
farne arrivare ancora di più, cercando, con il vergognoso assenso di tutti i
mass media e di tutti i partiti politici (salvo pochissimi, tra i quali noi) di
far passare tutti coloro che vorrebbero mettere un freno all’immigrazione
incontrollata come dei biechi razzisti, subumani, usciti da una caverna, con l’osso
in testa e la clava in mano.
Il nemico sono coloro che hanno programmato, decenni
fa, l’invasione e la distruzione etnica del nostro continente, al fine di farci
diventare tutti un popolo di miserabili e di bastardi, molto più facilmente
controllabili. Perché un popolo di rincoglioniti, dediti esclusivamente a
guardare programmi televisivi da imbecilli, ad ascoltare solo musica da
imbecilli, e in cui il libro più venduto del 2016 è “Cinquanta sfumature di
grigio”, è certamente molto più manipolabile di un popolo di patrioti, che
amano la propria Nazione e la propria gente, e sono disposti a combattere per
difenderla.
Il nemico sono coloro che hanno apertamente sostenuto
la resistenza anti-Assad, facendoci credere che quelli che tagliavano le teste
dei nemici e violentavano le bimbe di dieci anni fossero i famosissimi “ribelli
moderati”, ampiamente finanziati da un Occidente complice e vigliacco.
Il nemico sono coloro che hanno finanziato primavere
arabe, colorate, arancioni e chissà cos’altro, per destabilizzare nazioni straniere
pienamente sovrane.
Il nemico sono coloro che vorrebbero far passare il
terrorismo islamico come si fa passare un monsone, una pioggia torrenziale, un
terremoto, un periodo di siccità: un qualcosa di quasi normale, con il quale
convivere, ancor più se si vive o si lavora in una grande città.
Sarebbe ora di prendere consapevolezza di questo, e cacciare
via al più presto Presidenti del Consiglio che si improvvisano scafisti e maître
à penser alla Saviano che dal loro
attico di New York si augurano premier europei africani. Con qualche calcio nel
culo ben assestato, possibilmente.
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