Anche nella nostra area
pullulano quelli che ormai identifichiamo come i radical chic. Non vanno alle
apericene antifasciste e alle biciclettate antirazziste, ma comunque ci sono. Sono
coloro che, col prosecchino in mano, nell’ultimo localino alla moda (io i
localini alla moda, almeno quelli del cagliaritano, li frequento, quindi li
sento parlare e lo so) sentenziano “Non importa chi vincerà le elezioni presidenziali
degli Stati Uniti: tanto fanno tutti parte del sistema”.
Ora, tralasciando queste
macchiette prestate alla politica, e tralasciando che cosa possa significare sistema, mi spiace contraddire questi politologi
mancati, ma le elezioni americane interessano a tutti, specialmente a noi, che
siamo, a dir poco, trainati dalla locomotiva americana.
Io lo dico chiaramente: se
proprio devo simpatizzare per qualcuno, allora mi auguro che vinca Donald
Trump. Il personaggio ha portato, a suo modo, una ventata di politicamente
scorretto e di “ignoranza” nel panorama politico americano. E non è poco.
Si fece già conoscere
diversi mesi fa quando di sua figlia sentenziò: “E’ una bella ragazza: se non
fossi suo padre le avrei già chiesto di uscire”. E giù tutti i media a dargli
addosso, a condire di depravazione e immoralità una battuta assolutamente
divertente e che solo i malati di mente, quali nella loro stragrande
maggioranza sono appunto gli antifascisti in servizio permanente ed effettivo,
possono tacciare di immoralità (loro, oltretutto).
Oppure quando, in un
tweet, profuse questa perla: “Se Hillary Clinton non è riuscita nemmeno a soddisfare
il suo uomo come pensa di poter soddisfare l’America?”
Interrogato sui problemi
dell’immigrazione, se ne uscì affermando che era necessario chiudere totalmente
le frontiere agli arabi e ai musulmani ed eventualmente bloccando anche
internet in quelle aree, per impedire il reclutamento dei terroristi via web.
Del resto, come disse lui stesso al giornalista che gli contestò questa
affermazione, “Non sono stati mica gli svedesi a buttare giù il World Trade
Center”.
Eppure, Donald Trump
spaventa l’establishment ufficiale americano, non solo poiché è capace,
innanzitutto, di dire con una pacatezza esemplare quello che miliardi di persone
sulla terra pensano ma, contrariamente a lui, non hanno il coraggio di
affermare, bensì anche perché, a suo modo, è una scheggia impazzita all’interno
di quel sistema ermeticamente chiuso dei partiti e delle lobby che li
finanziano.
Sarebbe dovuto essere un
fenomeno passeggero, una tirata di vento, e invece gli ultimi sondaggi lo danno
a più di venti punti di vantaggio dal suo diretto concorrente, quel Jeb Bush
che lo stesso Trump ha asfaltato durante uno degli ultimi dibattiti televisivi
di “Face the Nation”, spettacolo di attualità molto seguito negli Stati Uniti.
Per il rampollo della
famiglia Bush è stata una Caporetto su tutti i fronti. “Mentre Trump si
divertiva in televisione, mio fratello (George Bush junior, ndr) rendeva l’American
più sicura”. La risposta di Trump è stata geniale e tagliente: “Ci hanno
buttato giù le Torri Gemelle, non direi che l’America fosse così sicura”. In seguito
si è lanciato in una netta condanna della guerra all’Iraq, ricordando addirittura
quel Colin Powell che al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sventolava
la ampolla contenente antrace, che in seguito si rivelerà una bufala clamorosa.
“Abbiamo destabilizzato il Medio Oriente, favorito i terroristi. Sapevamo che
non avevano armi di distruzione di massa e abbiamo agito comunque: abbiamo
devastato tutta quella zona”.
Ora, a noi sembrerà anche
scontato, noi che leggiamo i siti internet dei cosiddetti “complottisti” e
acquistiamo i libri di Maurizio Blondet e di Giulietto Chiesa, ma mentre qui da
noi certe espressioni possiamo sentirle anche dall’avventore medio mentre
sorseggia il suo caffè, il mondo politico americano è, viceversa, saldamente
trincerato sulla verità ufficiale. Un mantra attorno al quale l’establishment
ha cercato di legare a se la popolazione tutta, che ora rischia di saltare, con
tutto il suo corollario di dogmi e di verità ufficiali, a causa di questo
stronzetto miliardario che può permettersi, vista la sua enorme fortuna
finanziaria, di aprire bocca come, dove e quando vuole, nella maniera più
diretta, se non addirittura sfrontata, possibile.
Ora, io non so se Donald
Trump sarà l’eccezione all’assoluto predominio del sistema americano sulle
elezioni presidenziali e sulla politica americana tutta, ma quel che è certo è
che il personaggio, di per se, è una scheggia impazzita, che ha già dimostrato
di non essere il solito politico impomatato e diplomatico, attento a soppesare
anche una minima parola, bensì di essere impulsivo, sfacciato ed addirittura
arrogante, capace di uscite sanamente ignoranti.
Forse non sarà il miglior
presidente americano di sempre (anche se per essere peggio di Bush o del
guerrafondaio Obama bisognerebbe impegnarsi davvero tanto), ma almeno ci
divertiremo a vedere le facce che faranno pennivendoli e politici collusi.
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