lunedì 8 marzo 2010

Brandi si fa la domanda, ma non si dà la risposta

Dalle pagine del Sardegna di oggi, Toni Brandi, Presidente del Laogai Research Foundation Italia, si pone – e pone ai suoi lettori – una domanda interessante.

Ricordando il massacro di Katyn, in cui più di ventimila persone furono massacrate dai comunisti russi per far ricadere poi la colpa sui “feroci nazisti”, Brandi si chiede: se viviamo in un sistema politico libero e democratico perché i crimini comunisti sono sempre stati nascosti all’opinione pubblica? Bella domanda. Ma Brandi si dimentica di dare una risposta. Che è abbastanza semplice: perché non viviamo in un sistema libero e democratico.


Fino a qualche anno fa chiunque denunciasse i crimini dei comunisti era considerato un pericoloso sovversivo da eliminare dal consesso umano, un Fascista, un razzista. Intere generazioni di scrittori e studiosi coraggiosi, primo fra tutti il fondatore di Fascismo e Libertà, Giorgio Pisanò, hanno subito delle vere e proprie damnatio memoriae per aver detto ciò che tutti sapevano, ma che hanno abilmente fatto finta di non sapere. Oggi tanti scrittori che all’epoca facevano finta di non vedere, l’esempio più illustre è “Pansa”, scopiazzano ciò che dissero i Romualdi e i Pisanò già decenni fa. Ovvio, ora i tempi sono mutati, ma neanche tanto. Per fare un esempio più personale, che qualcuno dei miei compagni di classe (tra i quali uno, trasferitosi all’estero e che ora fa finta di non conoscermi: i tempi non sono maturi per mantenere l’amicizia con un Fascista, e gli Uomini scarseggiano) ricorderà sicuramente lo stupore generale quando parlavo di foibe. Chessa vaneggia, dice boiate, si inventa avvenimenti storici tanto per screditare l’avversario politico; il mio docente, rigorosamente comunista, si univa al coretto con le sue pubbliche sfuriate (anche se, in fondo, è stato uno dei pochi docenti che mi abbia voluto bene in quel covo rosso). Ora che per le foibe c’è pure una giornata dedicata, sarebbe bello chiedere ai miei compagnetti che cosa ne pensino oggi di ciò che dicevo quando avevo sedici/diciassette anni. Al mio professore non chiederei nulla: lui faceva politica in vecchio stile comunista, sapeva che era tutto vero ma mica poteva capitolare davanti al Fascista!


Oggi tutti si scoprono anti-comunisti. Dieci o venti anni fa erano in piazza, a cantare che “Uccidere un Fascista non è reato”. Ed applaudirono, dai banchi del Comune di Milano, la morte di Sergio Ramelli, non appena la notizia si diffuse tra i banchi. Ora fanno tutti le cassandre, mentre fino a poco fa scandivano gli slogans dei carnefici. Nel frattempo, chi è stato coerente, e magari ci aveva visto giusto, ieri era considerato un coglione (e un Fascista), oggi viene semplicemente dimenticato.


E la lobby che ieri era comunista, e che oggi si riscopre liberale e democratica, applica lo stesso identico metodo con l’olocausto. Tra cinquanta anni – forse anche prima – ci verranno a dire che era una balla; ma nel frattempo quanta gente avranno inquisito, arrestato, segregato, ucciso, diffamato, perseguitato?


In questo Paese, dove tutti saltano sul carro del vincitore, non importa chi sia, mai aver ragione prima dell’opinione pubblica politicamente corretta. Prima ti rovinano, e poi ti dimenticano.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma secondo te se si dovesse sapere la verità sull'olocausto...che
fine fanno gli ebrei???
cmq, Hitler li ha trattati come schiavi, deporatati, umiliati...in
ogni caso gli ebrei avrebbero diritto di difendersi;)