Paolo Barnard fu a suo tempo un giornalista di Report che ora si è trasferito dalla televisione ad internet, continuando a svolgere la propria attività di giornalismo. Lo seguo con una certa regolarità, anche grazie a siti di informazione che pubblicano con regolarità i suoi articoli.
Da uno dei suoi ultimi interventi mi sento chiamato in causa; io, come altre centinaia di migliaia di persone su questa Terra che rivendicano il loro sacrosanto diritto a non credere ai dogmi storiografici, veri o falsi che siano.
L’articolo in questione si intitola “Cosa penso io, antisionista e critico dei crimini di Israele, dell’Olocausto”, ed è reperibile qui: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=165.
Il bersaglio principale della critica di Barnard è il revisionista o il negazionista: colui che nega che sia avvenuto veramente lo sterminio nazista degli ebrei o che ridimensiona la cifra delle vittime del presunto Olocausto. Il giornalista attacca con veemenza i revisionisti, e chiede: che differenza fa se nelle camere a gas sono morti sei milioni di esseri umani oppure 250.000? Secondo Barnard io (e tantissimi altri) sarei “un contabile dell’atrocità”, uno che ammette l’infamia solo se colma i miei dosatori, uno che è malato sia nell’anima che nel cervello, uno che fa distinguo psicopatici… E scrive ancora: “Siete come chi in un'aula di tribunale argomentasse che vostra figlia, sopravvissuta a 50 giorni di stupri e oggi con 79 punti di sutura nella vagina, 47 punti nell'ano, con i legamenti dei polsi tranciati dai lacci, con i capezzoli ricostruiti dal chirurgo dopo essere stati spappolati, le corde vocali lacerate dalle grida convulse, non si qualifica per il massimo dei danni perché in realtà non furono 300 giorni di sadismo come dapprima sostenuto, ma molti di meno! E dopotutto non le hanno estirpato l'utero, poi il colon è ancora integro, e la si annovera fra le 70 vittime del maniaco, che sono assai meno di quanto strillato dai giornali finora.”
Paolo Barnard, innanzitutto, dimostra di conoscere molto poco quella corrente storica che viene definita “revisionismo” e, più impropriamente, negazionismo. Ma di questo non bisogna fargliene una eccessiva colpa: i libri che sono stati scritti sull’argomento, la quantità impressionante di statistiche, di indagini, di ricerche, di storici e professori universitari che si sono cimentati con i problemi storici e storiografici riguardanti la seconda guerra mondiale, tutto questo genere di materiale è talmente impressionante ed imponente che anche chi si sia avvicinato una volta sola a questo genere di filone storico sa bene essere a dir poco vastissimo. Barnard, evidentemente, a questo genere di ricerche non si è avvicinato neanche da lontano. Perché se l’avesse fatto avrebbe capito che il revisionismo va oltre il semplice affermare che i morti del presunto olocausto siano meno di sei milioni. I revisionisti affermano, sostanzialmente, quanto segue: che sia particolarmente difficile riscontrare con sicurezza gli ordini esecutivi dello sterminio degli ebrei; che non ci sia stato alcun piano nazista di sterminio, inteso come meticolosa preparazione degli uomini e degli strumenti adatti per commettere questo sterminio di massa; che le camere a gas, presenti all’interno dei campi di concentramento nazisti, servissero a scopi di disinfezione e pulizia e non certo per delle mai dimostrate intenzioni sterminazioniste; che anche se le camere a gas avessero funzionato giorno e notte, ininterrottamente dal 1940 al 1945, senza mai subire alcuna opera di manutenzione o di collaudo, la cifra dei sei milioni di ebrei sarebbe comunque impossibile da raggiungere; che le testimonianze dei prigionieri dei campi, così come quelle dei gerarchi nazionalsocialisti, sono state accettate come valide senza essere mai state sottoposte al vaglio della ricerca e della analisi storiografica, e sono estremamente lacunose e contraddittorie tra di loro (oltre ad essere state estorte con la violenza, come dimostrano i casi di alcuni gerarchi nazisti che al processo di Norimberga si presentarono in stato di shock e con la faccia livida dalle percosse ricevute, non abbastanza, probabilmente, perché ai “giudici” venisse un minimo dubbio); che, se uno sterminio fosse stato in corso, gli Alleati avrebbero fatto di tutto per denunciarlo e renderlo pubblico, mentre è solo con una massiccia attività di propaganda nel secondo dopoguerra che si cominciò a parlare di “olocausto”. E via dicendo. Come potrà facilmente constatare chi è privo di pregiudizi, il revisionismo, e l’immensa mole di opere, ricerche e indagini che ha prodotto, è qualcosa di un po’ più complesso del semplice dire che nei campi di concentramento non sono morti sei milioni di ebrei, ma solo mezzo milione.
Sembra di capire, tuttavia, che per Barnard la quantificazione numerica delle vittime non faccia alcuna differenza. Eppure la questione è di importanza fondamentale, per diversi motivi. Innanzitutto quantificare il più precisamente possibile quanti morirono nei campi nazionalsocialisti dovrebbe rispondere ad un imperativo che chiunque, a maggior ragione un giornalista importante come Barnard, deve avere ben presente: l’esigenza di accertare la verità. Cosa diremmo a chi, intervenendo sul luogo di un disastro aereo, affermasse che non è necessario stabilire quanti sono i morti e quanti sono i superstiti, perché tanto che ne sia morto uno o che ne siano morti cento non fa alcuna differenza? Lo prenderemmo per pazzo, ed esigeremo, giustamente, di conoscere la verità: quante sono le vittime, in quali circostanze sono morte, quanti sono i sopravvissuti. Perché ciò non può essere pensato per l’Olocausto?
Ancora: è la stessa comunità ebraica che dal 1945 ripete come un mantra la cifra dei sei milioni per giustificare l’enorme flusso di denaro (che è talmente elevato da essere difficilmente quantificabile) che le nazioni perdenti della seconda guerra mondiale, la Germania prima fra tutte, hanno erogato ad Israele come risarcimento danni. Consigliamo a Barnard “L’industria dell’Olocausto” di Norman Finkelstein, un intellettuale ebreo (sarà antisemita pure lui?) che per scrivere questo libro si è visto privato del proprio lavoro, della propria pensione e della propria casa, nonché minacciato per la sua stessa incolumità fisica; libro che dimostra chiaramente come la comunità ebraica internazionale abbia volutamente utilizzato la cifra dei sei milioni di ebrei, e la teoria dello sterminio nazionalsocialista in generale, come un ricatto, un randello morale da usare contro le nazioni sconfitte e contro la Germania per indurre in loro il senso di colpa. Il risultato è: centinaia di milioni di dollari che assai raramente sono andati alle cosiddette “vittime”, ma che più spesso hanno ingigantito il conto in banca delle associazioni ebraiche che hanno fatto della memoria olocaustica una vera e propria religione, nonché un business danaroso. Non c’è dubbio che mezzo milione di morti avrebbe molta meno presa, nell’immaginario collettivo e nell’opinione pubblica, dei rinomati sei milioni.
Non solo. Se, come dice Barnard, una vittima o sei milioni non fa alcuna differenza, ci spiega come giustifica quelle leggi anti-revisioniste che, bene o male, sono in vigore nella maggior parte degli Stati europei che si auto-definiscono democratici e che comminano il carcere a chi osi anche solo dubitare della cifra dei sei milioni? Che cosa ne pensa? Le accetta oppure ritiene che siano un ostacolo alla libertà di espressione?
Leggo, sul sito Comedonchisciotte.org, che in seguito al suo articolo è lo stesso Paolo Barnard, avvalendosi del modulo di commenti, a fare alcune precisazioni. A quanto pare egli non nega la strumentalizzazione che si è fatta dall’olocausto ma, secondo lui, questa sarebbe avvenuta lo stesso, a prescindere dal numero dei morti. E, aggiunge, la rivalsa delle organizzazioni olocaustiche si è giocata non tanto sul numero dei morti, quanto sul piano di sterminio nazista che è stato accuratamente pianificato e scrupolosamente messo in atto. Può anche essere, a mio parere. Ma ciò non toglie che la cifra dei sei milioni di morti e il piano di sterminio nazista siano due elementi, fondamentali per la propaganda olocaustica, che sono strettamente collegati tra di loro e che i revisionisti hanno coraggiosamente affrontato. Ma anche se così fosse: perché la cifra dei sei milioni di morti è insindacabile per legge, e chiunque osi criticarla o metterla in dubbio rischia il carcere nella democratica Europa, la perdita del lavoro o addirittura la morte?
Ora immagino già qualcuno che, leggendo questo, insorgerà: come osi dubitare dell’Olocausto? Non hai mai letto un libro di Storia? Non hai mai visto le foto dei cadaveri ammucchiati? Non hai mai ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti? Sono tutte obiezioni che mi sono sentito fare spesso, prevalentemente da persone fortemente ed emotivamente colpite per le drammatiche immagini dei mucchi di cadaveri, delle fosse comuni, delle camere a gas… tutte immagini che hanno una forte presa emotiva sullo spettatore, e lo convincono che ciò che vede sia stato il frutto di una deliberata politica di sterminio.
Ma voglio porre ai miei lettori un altro quesito. Spostiamoci per un momento dalla questione olocaustica, anzi, accantoniamola per un momento. Immaginatevi invece questa scenetta. Supponiamo che un uomo, domani, scriva sul suo sito e vada in giro ad urlare ai quattro venti la seguente tesi: “Il mio vicino di casa è l’incarnazione di Napoleone e di Machiavelli contemporaneamente; inoltre solo esternamente è un essere umano: in realtà è un alieno, di notte anziché dormire si ricarica attaccando il dito alla presa elettrica, non ha bisogno di mangiare e punta alla conquista del mondo; io ne sono sicurissimo, ho le prove di quel che dico: l’ho visto ricaricarsi attaccando il dito alla presa elettrica, l’ho visto dialogare con i suoi capi alieni, l’ho visto trasformarsi di notte in quell’alieno che è veramente, per poi tornare, alle prime luci dell’alba, ad assumere le fattezze umane.”
Voi che cosa direste? Innanzitutto vi fareste una gigantesca risata e liquidereste il tutto come i deliri di uno psicopatico, un pazzo furioso per il quale è fortemente consigliato il ricovero in una clinica psichiatrica e poi, probabilmente, continuereste a ridere a crepapelle per qualche ora. In questo caso dimostrare la pazzia dell’accusatore, e l’infondatezza di quello che dice, sarebbe estremamente facile: basterebbe fare qualche analisi medica al suo vicino di casa per dimostrare che è un essere umano a tutti gli effetti, dotato di un sistema cardiocircolatorio come il nostro, un apparato visivo, due braccia, due gambe, due occhi… un uomo normalissimo, insomma! Lo stesso vicino di casa, probabilmente tra una risata e l’altra, si sottoporrebbe volentieri alle analisi mediche: mica è un alieno!
In questo caso è bastato poco per dimostrare che una tesi è bislacca e completamente campata per aria, frutto solo dei deliri di un mitomane. Ma immaginate che qualcuno, anziché accettare di sottoporre il vicino di casa alle analisi mediche, chieda per l’uomo che lo accusa il carcere, pretenda di togliergli il lavoro, di privarlo della pensione, o addirittura minacci di fargli del male: “Offende la memoria di quest’uomo! Arrestiamolo! Creiamo una legge in base alla quale accusare il proprio vicino di casa di essere un alieno è reato! Spingiamo l’Unione Europea e l’ONU a varare un impianto legislativo che commini 12 anni di carcere a chi fa questo genere di affermazioni!” Voi che cosa rispondereste? Io immagino che sareste un po’ scettici. Sapete bene che per mettere a tacere quest’uomo non c’è bisogno di arrivare a tanto: del resto è solo uno che crede che il proprio vicino sia un alieno, mica un pericoloso terrorista, un assassino, un pedofilo, uno stupratore… bastano delle semplici, comunissime analisi mediche. Ma invece no: c’è una lobby sempre più potente che vuole intimidirlo, metterlo in galera, attentare alla sua incolumità, e che si accanisce con violenza e livore. Il tutto quando basterebbero delle semplici e comunissime analisi mediche che i suoi detrattori si rifiutano di fare, dicendo: “Ma non vedete che è un uomo normale? Non c’è mica bisogno di farle, queste analisi mediche: l’evidenza basta a dimostrarlo! Arrestiamo quest’uomo che fa accuse infondate, gettiamolo in galera e chiudiamo la chiave!!” Voi comincereste, forse, a porvi un dubbio: perché non vogliono fare delle semplici analisi mediche per mettere a tacere un pazzo psicopatico? Hanno forse qualche cosa da nascondere?
Bene. Avete capito, no? Ora ritornate alla questione olocaustica. Riuscite a vedere gli elementi in comune tra i revisionisti e l’uomo che accusa il suo vicino di essere un alieno?
1) In entrambi i casi le due ipotesi “particolari” sono considerate invenzioni, illazioni, calunnie campate per aria dalla stragrande maggioranza della popolazione.
2) In entrambi i casi si hanno, per così dire, due schieramenti contrapposti: da un lato chi si limita ad affermare una determinata idea, per quanto bislacca e stralunata possa essere. Dall’altro chi esige misure repressive ed intimidatorie per impedire alla controparte di esprimere la propria tesi.
3) In entrambi i casi l’antefatto si vuole certo, sicuro e dimostrato: il vicino di casa che è accusato di essere un alieno non è un alieno. L’olocausto è avvenuto, sono stati uccisi coscientemente sei milioni di individui.
4) In entrambi i casi ci si rifiuta di fornire le prove di quanto viene detto: nel primo caso non si vogliono fare le analisi mediche al vicino di casa. Nel secondo non si sono mai mostrati i documenti con i quali i nazionalsocialisti hanno programmato e dato il via allo sterminio; non si è mai mostrato come funzioni una camera a gas; non si è mai dimostrato come le camere a gas, anche funzionando giorno e notte, avrebbero potuto raggiungere la cifra di sei milioni di uccisioni; non si è mai spiegato come mai le testimonianze che parlavano di sterminio sono state acriticamente accettate; non si è mai dimostrato perché se, come dicono, gli Alleati erano a conoscenza di ciò che avveniva nei campi, non abbiano mai fatto nulla per impedirlo né abbiano mai reso pubblica la notizia alle rispettive opinioni pubbliche. E via dicendo…
Eppure basterebbe poco: sbugiardare pubblicamente i revisionisti con i fatti, in sede storiografica, ed azzerare la loro reputazione accademica e scientifica. Ma ciò non viene fatto: si preferisce delegare la crociata anti-revisionista ai tribunali ed alle leggi che perseguitano chi osa anche solo dubitare di determinati avvenimenti storici. Ciò che gli storici non vogliono (o non possono?) fare, si preferisce delegarlo alla giustizia.
Ma sia ben chiaro: qui non si vuole costringere chiunque a pensare che l’olocausto non sia avvenuto e sia una menzogna. Non si vuole affatto entrare nel merito del revisionismo e della Storia. E non importa che si creda o meno nell’olocausto. Si vuole solo chiedere: si può dubitare che l’olocausto sia avvenuto, a prescindere dalla fondatezza o meno di tali dubbi? Ciò non impedisce, a chi la pensa diversamente, di esprimere liberamente le proprie idee. Posso, a patto di non infrangere alcuna legge, pensare ed affermare che a mio parere l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna? Che l’Impero Romano è caduto a causa di una cospirazione aliena? Che Bush è in realtà un rettile? Che c’è un piano, pensato ed attuato da ricchi e potenti signori, per dominare su tutta l’umanità? Che l’11 settembre è una cospirazione governativa? Che i vampiri esistono davvero e sono tra di noi? Che Napoleone a Waterloo non abbia perso, bensì vinto? Che Gesù Cristo non sia morto in croce, ma sia scappato in una località remota con Maria Maddalena, dando vita ad una stirpe di sovrani? Che i movimenti delle stelle o gli influssi astrali determino il nostro destino? Che gli alieni esistano veramente ed aspettino solo un segnale per mettersi in contatto con noi?
Ciò non significa che io creda a tutte queste tesi, ma solo che, in giro per il mondo, vi sono intere correnti di opinioni e tanti libri che credono che Bush sia un rettile, che ascoltano quotidianamente l’oroscopo, che si interessano di ufologia. Per quanto strampalate e campate per aria possano essere certe tesi, nessuno si sognerebbe di chiedere il carcere per costoro. Perché allora tappare la bocca, incarcerare ed intimidire chi nega l’olocausto? Forse perché sono dei pazzi? E se anche fosse? In uno Stato democratico tutti devono poter parlare, anche i pazzi!
In conclusione: i revisionisti, e chi appoggia le loro tesi, rivendicano solo ed esclusivamente il loro diritto a pensarla diversamente; rivendicano la libertà di organizzare le loro conferenze senza pazzi scatenati che li attendono all’uscita, desiderosi di far loro la pelle; rivendicano la possibilità di non perdere il proprio lavoro se pubblicano i propri libri; rivendicano il diritto di poter accendere la propria macchina senza che ci sia qualche bomba sotto. Sono tutti diritti comuni e scontati, ma che, nella democratica Europa, determinate categorie di pensiero si vedono negati.
Essere revisionisti non significa ammettere l’atrocità, essere malati di cattiveria fin dentro le ossa, accettare il male se non supera un determinato limite, essere degli psicopatici. Tutti noi – che ci riteniamo persone civili – abbiamo madri, mogli, sorelle, figli. Condanniamo la violenza e la sopraffazione, a prescindere da chi la subisce, sia esso un ebreo oppure un cristiano, un buddista o un palestinese, un bianco oppure un nero, uno di destra o uno di sinistra. Ma condannare e combattere la violenza non significa per forza omologarsi al gregge.
A me sembra che a tutto ciò Barnard non abbia pensato. Il suo sembra essere un cerchiobottismo di convenienza, una reazione isterica a qualche commento che deve aver ricevuto in qualche suo articolo passato.
Basta rileggere la frase finale con la quale chiude il suo articolo: “Fortuna che non sarà l’abiezione mentale vostra a salvare la Palestina. Se no meglio che laggiù rimangano gli israeliani, questo lo sottoscrivo.”
Ah, ecco… Adesso è tutto più chiaro.
Da uno dei suoi ultimi interventi mi sento chiamato in causa; io, come altre centinaia di migliaia di persone su questa Terra che rivendicano il loro sacrosanto diritto a non credere ai dogmi storiografici, veri o falsi che siano.
L’articolo in questione si intitola “Cosa penso io, antisionista e critico dei crimini di Israele, dell’Olocausto”, ed è reperibile qui: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=165.
Il bersaglio principale della critica di Barnard è il revisionista o il negazionista: colui che nega che sia avvenuto veramente lo sterminio nazista degli ebrei o che ridimensiona la cifra delle vittime del presunto Olocausto. Il giornalista attacca con veemenza i revisionisti, e chiede: che differenza fa se nelle camere a gas sono morti sei milioni di esseri umani oppure 250.000? Secondo Barnard io (e tantissimi altri) sarei “un contabile dell’atrocità”, uno che ammette l’infamia solo se colma i miei dosatori, uno che è malato sia nell’anima che nel cervello, uno che fa distinguo psicopatici… E scrive ancora: “Siete come chi in un'aula di tribunale argomentasse che vostra figlia, sopravvissuta a 50 giorni di stupri e oggi con 79 punti di sutura nella vagina, 47 punti nell'ano, con i legamenti dei polsi tranciati dai lacci, con i capezzoli ricostruiti dal chirurgo dopo essere stati spappolati, le corde vocali lacerate dalle grida convulse, non si qualifica per il massimo dei danni perché in realtà non furono 300 giorni di sadismo come dapprima sostenuto, ma molti di meno! E dopotutto non le hanno estirpato l'utero, poi il colon è ancora integro, e la si annovera fra le 70 vittime del maniaco, che sono assai meno di quanto strillato dai giornali finora.”
Paolo Barnard, innanzitutto, dimostra di conoscere molto poco quella corrente storica che viene definita “revisionismo” e, più impropriamente, negazionismo. Ma di questo non bisogna fargliene una eccessiva colpa: i libri che sono stati scritti sull’argomento, la quantità impressionante di statistiche, di indagini, di ricerche, di storici e professori universitari che si sono cimentati con i problemi storici e storiografici riguardanti la seconda guerra mondiale, tutto questo genere di materiale è talmente impressionante ed imponente che anche chi si sia avvicinato una volta sola a questo genere di filone storico sa bene essere a dir poco vastissimo. Barnard, evidentemente, a questo genere di ricerche non si è avvicinato neanche da lontano. Perché se l’avesse fatto avrebbe capito che il revisionismo va oltre il semplice affermare che i morti del presunto olocausto siano meno di sei milioni. I revisionisti affermano, sostanzialmente, quanto segue: che sia particolarmente difficile riscontrare con sicurezza gli ordini esecutivi dello sterminio degli ebrei; che non ci sia stato alcun piano nazista di sterminio, inteso come meticolosa preparazione degli uomini e degli strumenti adatti per commettere questo sterminio di massa; che le camere a gas, presenti all’interno dei campi di concentramento nazisti, servissero a scopi di disinfezione e pulizia e non certo per delle mai dimostrate intenzioni sterminazioniste; che anche se le camere a gas avessero funzionato giorno e notte, ininterrottamente dal 1940 al 1945, senza mai subire alcuna opera di manutenzione o di collaudo, la cifra dei sei milioni di ebrei sarebbe comunque impossibile da raggiungere; che le testimonianze dei prigionieri dei campi, così come quelle dei gerarchi nazionalsocialisti, sono state accettate come valide senza essere mai state sottoposte al vaglio della ricerca e della analisi storiografica, e sono estremamente lacunose e contraddittorie tra di loro (oltre ad essere state estorte con la violenza, come dimostrano i casi di alcuni gerarchi nazisti che al processo di Norimberga si presentarono in stato di shock e con la faccia livida dalle percosse ricevute, non abbastanza, probabilmente, perché ai “giudici” venisse un minimo dubbio); che, se uno sterminio fosse stato in corso, gli Alleati avrebbero fatto di tutto per denunciarlo e renderlo pubblico, mentre è solo con una massiccia attività di propaganda nel secondo dopoguerra che si cominciò a parlare di “olocausto”. E via dicendo. Come potrà facilmente constatare chi è privo di pregiudizi, il revisionismo, e l’immensa mole di opere, ricerche e indagini che ha prodotto, è qualcosa di un po’ più complesso del semplice dire che nei campi di concentramento non sono morti sei milioni di ebrei, ma solo mezzo milione.
Sembra di capire, tuttavia, che per Barnard la quantificazione numerica delle vittime non faccia alcuna differenza. Eppure la questione è di importanza fondamentale, per diversi motivi. Innanzitutto quantificare il più precisamente possibile quanti morirono nei campi nazionalsocialisti dovrebbe rispondere ad un imperativo che chiunque, a maggior ragione un giornalista importante come Barnard, deve avere ben presente: l’esigenza di accertare la verità. Cosa diremmo a chi, intervenendo sul luogo di un disastro aereo, affermasse che non è necessario stabilire quanti sono i morti e quanti sono i superstiti, perché tanto che ne sia morto uno o che ne siano morti cento non fa alcuna differenza? Lo prenderemmo per pazzo, ed esigeremo, giustamente, di conoscere la verità: quante sono le vittime, in quali circostanze sono morte, quanti sono i sopravvissuti. Perché ciò non può essere pensato per l’Olocausto?
Ancora: è la stessa comunità ebraica che dal 1945 ripete come un mantra la cifra dei sei milioni per giustificare l’enorme flusso di denaro (che è talmente elevato da essere difficilmente quantificabile) che le nazioni perdenti della seconda guerra mondiale, la Germania prima fra tutte, hanno erogato ad Israele come risarcimento danni. Consigliamo a Barnard “L’industria dell’Olocausto” di Norman Finkelstein, un intellettuale ebreo (sarà antisemita pure lui?) che per scrivere questo libro si è visto privato del proprio lavoro, della propria pensione e della propria casa, nonché minacciato per la sua stessa incolumità fisica; libro che dimostra chiaramente come la comunità ebraica internazionale abbia volutamente utilizzato la cifra dei sei milioni di ebrei, e la teoria dello sterminio nazionalsocialista in generale, come un ricatto, un randello morale da usare contro le nazioni sconfitte e contro la Germania per indurre in loro il senso di colpa. Il risultato è: centinaia di milioni di dollari che assai raramente sono andati alle cosiddette “vittime”, ma che più spesso hanno ingigantito il conto in banca delle associazioni ebraiche che hanno fatto della memoria olocaustica una vera e propria religione, nonché un business danaroso. Non c’è dubbio che mezzo milione di morti avrebbe molta meno presa, nell’immaginario collettivo e nell’opinione pubblica, dei rinomati sei milioni.
Non solo. Se, come dice Barnard, una vittima o sei milioni non fa alcuna differenza, ci spiega come giustifica quelle leggi anti-revisioniste che, bene o male, sono in vigore nella maggior parte degli Stati europei che si auto-definiscono democratici e che comminano il carcere a chi osi anche solo dubitare della cifra dei sei milioni? Che cosa ne pensa? Le accetta oppure ritiene che siano un ostacolo alla libertà di espressione?
Leggo, sul sito Comedonchisciotte.org, che in seguito al suo articolo è lo stesso Paolo Barnard, avvalendosi del modulo di commenti, a fare alcune precisazioni. A quanto pare egli non nega la strumentalizzazione che si è fatta dall’olocausto ma, secondo lui, questa sarebbe avvenuta lo stesso, a prescindere dal numero dei morti. E, aggiunge, la rivalsa delle organizzazioni olocaustiche si è giocata non tanto sul numero dei morti, quanto sul piano di sterminio nazista che è stato accuratamente pianificato e scrupolosamente messo in atto. Può anche essere, a mio parere. Ma ciò non toglie che la cifra dei sei milioni di morti e il piano di sterminio nazista siano due elementi, fondamentali per la propaganda olocaustica, che sono strettamente collegati tra di loro e che i revisionisti hanno coraggiosamente affrontato. Ma anche se così fosse: perché la cifra dei sei milioni di morti è insindacabile per legge, e chiunque osi criticarla o metterla in dubbio rischia il carcere nella democratica Europa, la perdita del lavoro o addirittura la morte?
Ora immagino già qualcuno che, leggendo questo, insorgerà: come osi dubitare dell’Olocausto? Non hai mai letto un libro di Storia? Non hai mai visto le foto dei cadaveri ammucchiati? Non hai mai ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti? Sono tutte obiezioni che mi sono sentito fare spesso, prevalentemente da persone fortemente ed emotivamente colpite per le drammatiche immagini dei mucchi di cadaveri, delle fosse comuni, delle camere a gas… tutte immagini che hanno una forte presa emotiva sullo spettatore, e lo convincono che ciò che vede sia stato il frutto di una deliberata politica di sterminio.
Ma voglio porre ai miei lettori un altro quesito. Spostiamoci per un momento dalla questione olocaustica, anzi, accantoniamola per un momento. Immaginatevi invece questa scenetta. Supponiamo che un uomo, domani, scriva sul suo sito e vada in giro ad urlare ai quattro venti la seguente tesi: “Il mio vicino di casa è l’incarnazione di Napoleone e di Machiavelli contemporaneamente; inoltre solo esternamente è un essere umano: in realtà è un alieno, di notte anziché dormire si ricarica attaccando il dito alla presa elettrica, non ha bisogno di mangiare e punta alla conquista del mondo; io ne sono sicurissimo, ho le prove di quel che dico: l’ho visto ricaricarsi attaccando il dito alla presa elettrica, l’ho visto dialogare con i suoi capi alieni, l’ho visto trasformarsi di notte in quell’alieno che è veramente, per poi tornare, alle prime luci dell’alba, ad assumere le fattezze umane.”
Voi che cosa direste? Innanzitutto vi fareste una gigantesca risata e liquidereste il tutto come i deliri di uno psicopatico, un pazzo furioso per il quale è fortemente consigliato il ricovero in una clinica psichiatrica e poi, probabilmente, continuereste a ridere a crepapelle per qualche ora. In questo caso dimostrare la pazzia dell’accusatore, e l’infondatezza di quello che dice, sarebbe estremamente facile: basterebbe fare qualche analisi medica al suo vicino di casa per dimostrare che è un essere umano a tutti gli effetti, dotato di un sistema cardiocircolatorio come il nostro, un apparato visivo, due braccia, due gambe, due occhi… un uomo normalissimo, insomma! Lo stesso vicino di casa, probabilmente tra una risata e l’altra, si sottoporrebbe volentieri alle analisi mediche: mica è un alieno!
In questo caso è bastato poco per dimostrare che una tesi è bislacca e completamente campata per aria, frutto solo dei deliri di un mitomane. Ma immaginate che qualcuno, anziché accettare di sottoporre il vicino di casa alle analisi mediche, chieda per l’uomo che lo accusa il carcere, pretenda di togliergli il lavoro, di privarlo della pensione, o addirittura minacci di fargli del male: “Offende la memoria di quest’uomo! Arrestiamolo! Creiamo una legge in base alla quale accusare il proprio vicino di casa di essere un alieno è reato! Spingiamo l’Unione Europea e l’ONU a varare un impianto legislativo che commini 12 anni di carcere a chi fa questo genere di affermazioni!” Voi che cosa rispondereste? Io immagino che sareste un po’ scettici. Sapete bene che per mettere a tacere quest’uomo non c’è bisogno di arrivare a tanto: del resto è solo uno che crede che il proprio vicino sia un alieno, mica un pericoloso terrorista, un assassino, un pedofilo, uno stupratore… bastano delle semplici, comunissime analisi mediche. Ma invece no: c’è una lobby sempre più potente che vuole intimidirlo, metterlo in galera, attentare alla sua incolumità, e che si accanisce con violenza e livore. Il tutto quando basterebbero delle semplici e comunissime analisi mediche che i suoi detrattori si rifiutano di fare, dicendo: “Ma non vedete che è un uomo normale? Non c’è mica bisogno di farle, queste analisi mediche: l’evidenza basta a dimostrarlo! Arrestiamo quest’uomo che fa accuse infondate, gettiamolo in galera e chiudiamo la chiave!!” Voi comincereste, forse, a porvi un dubbio: perché non vogliono fare delle semplici analisi mediche per mettere a tacere un pazzo psicopatico? Hanno forse qualche cosa da nascondere?
Bene. Avete capito, no? Ora ritornate alla questione olocaustica. Riuscite a vedere gli elementi in comune tra i revisionisti e l’uomo che accusa il suo vicino di essere un alieno?
1) In entrambi i casi le due ipotesi “particolari” sono considerate invenzioni, illazioni, calunnie campate per aria dalla stragrande maggioranza della popolazione.
2) In entrambi i casi si hanno, per così dire, due schieramenti contrapposti: da un lato chi si limita ad affermare una determinata idea, per quanto bislacca e stralunata possa essere. Dall’altro chi esige misure repressive ed intimidatorie per impedire alla controparte di esprimere la propria tesi.
3) In entrambi i casi l’antefatto si vuole certo, sicuro e dimostrato: il vicino di casa che è accusato di essere un alieno non è un alieno. L’olocausto è avvenuto, sono stati uccisi coscientemente sei milioni di individui.
4) In entrambi i casi ci si rifiuta di fornire le prove di quanto viene detto: nel primo caso non si vogliono fare le analisi mediche al vicino di casa. Nel secondo non si sono mai mostrati i documenti con i quali i nazionalsocialisti hanno programmato e dato il via allo sterminio; non si è mai mostrato come funzioni una camera a gas; non si è mai dimostrato come le camere a gas, anche funzionando giorno e notte, avrebbero potuto raggiungere la cifra di sei milioni di uccisioni; non si è mai spiegato come mai le testimonianze che parlavano di sterminio sono state acriticamente accettate; non si è mai dimostrato perché se, come dicono, gli Alleati erano a conoscenza di ciò che avveniva nei campi, non abbiano mai fatto nulla per impedirlo né abbiano mai reso pubblica la notizia alle rispettive opinioni pubbliche. E via dicendo…
Eppure basterebbe poco: sbugiardare pubblicamente i revisionisti con i fatti, in sede storiografica, ed azzerare la loro reputazione accademica e scientifica. Ma ciò non viene fatto: si preferisce delegare la crociata anti-revisionista ai tribunali ed alle leggi che perseguitano chi osa anche solo dubitare di determinati avvenimenti storici. Ciò che gli storici non vogliono (o non possono?) fare, si preferisce delegarlo alla giustizia.
Ma sia ben chiaro: qui non si vuole costringere chiunque a pensare che l’olocausto non sia avvenuto e sia una menzogna. Non si vuole affatto entrare nel merito del revisionismo e della Storia. E non importa che si creda o meno nell’olocausto. Si vuole solo chiedere: si può dubitare che l’olocausto sia avvenuto, a prescindere dalla fondatezza o meno di tali dubbi? Ciò non impedisce, a chi la pensa diversamente, di esprimere liberamente le proprie idee. Posso, a patto di non infrangere alcuna legge, pensare ed affermare che a mio parere l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna? Che l’Impero Romano è caduto a causa di una cospirazione aliena? Che Bush è in realtà un rettile? Che c’è un piano, pensato ed attuato da ricchi e potenti signori, per dominare su tutta l’umanità? Che l’11 settembre è una cospirazione governativa? Che i vampiri esistono davvero e sono tra di noi? Che Napoleone a Waterloo non abbia perso, bensì vinto? Che Gesù Cristo non sia morto in croce, ma sia scappato in una località remota con Maria Maddalena, dando vita ad una stirpe di sovrani? Che i movimenti delle stelle o gli influssi astrali determino il nostro destino? Che gli alieni esistano veramente ed aspettino solo un segnale per mettersi in contatto con noi?
Ciò non significa che io creda a tutte queste tesi, ma solo che, in giro per il mondo, vi sono intere correnti di opinioni e tanti libri che credono che Bush sia un rettile, che ascoltano quotidianamente l’oroscopo, che si interessano di ufologia. Per quanto strampalate e campate per aria possano essere certe tesi, nessuno si sognerebbe di chiedere il carcere per costoro. Perché allora tappare la bocca, incarcerare ed intimidire chi nega l’olocausto? Forse perché sono dei pazzi? E se anche fosse? In uno Stato democratico tutti devono poter parlare, anche i pazzi!
In conclusione: i revisionisti, e chi appoggia le loro tesi, rivendicano solo ed esclusivamente il loro diritto a pensarla diversamente; rivendicano la libertà di organizzare le loro conferenze senza pazzi scatenati che li attendono all’uscita, desiderosi di far loro la pelle; rivendicano la possibilità di non perdere il proprio lavoro se pubblicano i propri libri; rivendicano il diritto di poter accendere la propria macchina senza che ci sia qualche bomba sotto. Sono tutti diritti comuni e scontati, ma che, nella democratica Europa, determinate categorie di pensiero si vedono negati.
Essere revisionisti non significa ammettere l’atrocità, essere malati di cattiveria fin dentro le ossa, accettare il male se non supera un determinato limite, essere degli psicopatici. Tutti noi – che ci riteniamo persone civili – abbiamo madri, mogli, sorelle, figli. Condanniamo la violenza e la sopraffazione, a prescindere da chi la subisce, sia esso un ebreo oppure un cristiano, un buddista o un palestinese, un bianco oppure un nero, uno di destra o uno di sinistra. Ma condannare e combattere la violenza non significa per forza omologarsi al gregge.
A me sembra che a tutto ciò Barnard non abbia pensato. Il suo sembra essere un cerchiobottismo di convenienza, una reazione isterica a qualche commento che deve aver ricevuto in qualche suo articolo passato.
Basta rileggere la frase finale con la quale chiude il suo articolo: “Fortuna che non sarà l’abiezione mentale vostra a salvare la Palestina. Se no meglio che laggiù rimangano gli israeliani, questo lo sottoscrivo.”
Ah, ecco… Adesso è tutto più chiaro.
12 commenti:
ottimo articolo, ottima analisi per sbugiardare chi accusa dei ricercatori della verità di essere "criminali" e cattivi che cercano il sangue ...
Grazie. A breve dovrebbe seguire anche un ulteriore articolo di approfondimento riguardo i temi che abbiamo già trattato qui.
Un saluto
Andrea
Intanto se poni la domanda a un rabbino se e' vero che l'ebraismo e' una ideologia prima di essere un movimento spirituale ti rispondera' senza incertezza che e'l'ideologia.Poi nessuno si chiede come mai in tutti questi secoli gia' con i romani sono stati sempre banditi,allontanati e perseguitati? i loro rabbini predicavano la supremazia della razza all'interno dei ghetti che loro stessi fortemente avevano voluto per isolare la comunita' e renderla succube dei loro insegnamenti,la bibbia non e' certo un libro di poesie e fiabe,anzi e' all'insegna della violenza e del razzismo. Bisogna riconoscere che nei secoli hanno affinato l'arte della conquista tramite l'invezione della carta moneta,ed oggi ne vediamo gli effetti.Non hanno vinto con i muscoli ma con il cervello,hanno utilizzato il peggiore vizio dell'essere umano:l'avidita'.Davide Icke con i suoi rettiliani e' sospettato di antisemitismo,quando parla di esseri alieni che comandano il mondo ma non ne fanno parte.
Infatti solo gli ebrei intellettuali possono scrivere che l'olocausto e' una fabbrica per fare soldi e consenso,possono perche' appartengono all'elite.
Ieri c'era il monarca,l'imperatore oggi c'e' il banchiere.
E per notizia,se gli ebrei italiani volessero vivere in pace ci pensano gli israeliani mandando in ogni comunita' un loro controllore per mantenere vivo l'antisemitismo che non c'e'.
Ciao.
Concordo pienamente. A questo proposito ho letto il libro del Professor Pietro Melis, "Scontro tra culture e metacultura scientifica: l'occidente e il diritto naturale" (anch'egli perseguitato, diffamato e colpito con ferocia dalla nota lobby) che dimostra chiaramente come, in nome del razzismo e della supremazia giudaica, gli ebrei siano sempre rimasti estranei ai contatti con le altre civiltà intorno a loro (simbolo di questa voglia di estraniarsi dal mondo è per l'appunto il ghetto, come hai ben detto tu), chiudendosi in un cieco razzismo ed in una ignoranza secolare. Lo consiglio perchè è illuminante. Non per niente l'autore ha dovuto pubblicarselo da solo...
Un saluto
A tal fine consiglio la lettura dei Protocolli dei Savi anziani di Sion scaricabili da qualunque motore di ricerca. Non ne è accertata la totale vericidità, però analizzando a fondo le procedure del loro subdolo programma di conquista mondiale e constatando la realtà odierna in cui si vive ti accorgi, se possiedi una mente e un cuore liberi da preconcetti propagandistici, la loro attendibilità...Per chi non li avesse letti...buona lettura!!!
In alto i cuori
Emil
Pur non essendo attestata la loro veridicità è sicuramente un documento molto ambiguo, soprattutto alla luce di ciò che è accaduto negli ultimi decenni e delle informazioni che anche noi stessi abbiamo documentato.
Un saluto
Perche' ambiguo? anche se fosse stato scritto nel 1925, tutto quello che e' scritto si sta realizzando,credo che la sua pubblicazione non e' mai andata al di fuori dei circoli aristocratici,non credo che ci fossero predicatori che lo declamavano ad un vasto pubblico,il pubblico di allora e' uguale a quello di adesso: e' distratto. Poi quello che e' scritto posso assicurarti che e' piu' convincente,approfondito e tecnico del resoconto della commissione del 9/11.
Qualcosa sfugge sempre: Prometeo docet.
Ciao.
Intendevo ambiguo nel senso che è un libro che da' adito a molti dei dubbi che esternavi tu, cioè il fatto che ciò che viene scritto è sostanzialmente veritiero.
Concordo con te, sostanzialmente.
Un saluto
Va be i Protocolli sono una cazzata dai...è noto ormai, qualsiasi ricercatore serio direbbe che non sono autentici.
Credo piuttosto che ci sia un complotto di pochi che usa e sfrutta il potere di pochi. Dunque la maggior parte degli ebrei sono complici in assoluta buona fede del complotto
I ghetti ebraici non sono stati fatti da nessuna legge, è il loro modo sublime di rimanere razzialmente puri, c'è l'hanno scritto sulla punta del cazzo che loro sono diversi!!!
e ti fanno sentire in colpa a te, per il loro razzismo.
Solo l'unico e vero popolo eletto della Storia, e lo sono per razzismo, nessuno è stato così bravo come loro nella storia, si sono sempre preservati, con le loro leggi, i loro ghetti, tramtano tutto in codice religioso, esistono da 6000 anni, mica bazzeccole, e il loro Dio è anche esso immortale (l'unico), da 6000 anni. Maestri da millenni.
Parole giuste.
Ma qui nessuno osa affermare che i Protocolli siano veri... il problema è quello che c'è scritto.
Un saluto
Andrea
vesdi Andrea, ogni volta che io leggo qualche scritto di Barnard in cui lui pontifica dando delle teste di ca..o ai vari internauti ( ed a volte ha anche ragione, ma senza di loro chi se lo inculerebbe?tanto per essere volgari) mi convinco sempre di più che l'esatta vocazione di Barnard è fare il guru, indi per cui come nel link i familiari esortno il profesor Pazzaglia ad andare a fare il guru, la stessa cosa dobbiamo fae noi. allego il link http://www.youtube.com/watch?v=CSDpa_kPpuU, diimi cosa ne pensi.Ettore
Sinceramente: il pensatore non mi dispiace neanche troppo; non che straveda per lui, però non sono in tanti che, al suo posto, avrebbero preso le stesse posizioni.
E' importante rispondere a questo genere di affermazioni che sono un po' campate per aria e nonostante tutto godono di notevole credito.
Un saluto
P.S. Pazzaglia era un comico di cui non avevo mai sentito parlare. Vedrò di procurarmi qualcosa.
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