sabato 25 aprile 2009

25 Aprile, moriva la Patria

In questo giorno noi non ci uniremo alle tristi e squallide celebrazioni resistenziali; non celebreremo un gruppo di rubagalline, scesi dai monti a guerra finita per mietere i frutti della vittoria delle truppe americane; quelle stesse truppe americane che ci hanno così "liberato" - a suon di massacri, stupri, bombardamenti, la distruzione di centinaia di infrastrutture che ha fatto regredire l'Italia da Nazione rispettata ed ammirata ad un antico borgo medievale saccheggiato - a tal punto da mantenere, a distanza di decenni dalla vittoria, centinaia di basi occupazione sul suolo patrio; non insulteremo i Fascisti, gli unici che hanno difeso l'onore dell'Italia in Istria, in Dalmazia, gli unici che hanno combattuto una incredibile coalizione di potenze plutocratiche che si sono unite insieme per mettere al sicuro le loro ambizioni di dominio planetario dalla socializzazione; non sparleremo del Fascismo e dei suoi capi, gli unici che in 20 anni hanno trasformato l'Italia in quella potenza che non era mai stata in secoli, e che non è ancora tornata ad essere dopo settanta anni.

No. Noi non ci uniremo col peggio dell'Italia per celebrare quella che fu, a tutti gli effetti, una sconfitta militare e politica che pesa ancora oggi sui destini dell'Italia. Crediamo che probabilmente l'Italia sia l'unico Paese in cui gli alleati di guerra diventano "invasori", e i massacratori capitalisti diventano "liberatori"; crediamo anche che l'Italia sia, molto probabilmente, l'unico Stato sulla faccia della Terra in cui si gioisca per una sconfitta militare marcata dal disonore, con un Re che detronizza Benito Mussolini per cercare rifugio, con tutto il suo codazzo di arrivisti, massoni e puttane, dagli anglo-americani, lasciando lo Stato Maggiore Italiano a farsi massacrare, privo di ordini e di direttive.

Noi preferiamo chinare la testa, nel silenzio, e piangere per la disintegrazione morale, spirituale, economica e politica della Patria, che con la caduta del Fascismo ha cessato definitivamente di esistere. E scusateci tanto, se ricordiamo quei venti anni con rispetto e commozione. Si, siamo nostalgici. Abbiamo ancora il coraggio di sognare in grande, come i nostri padri ci insegnarono a fare, e quello che per i voltagabbana di ieri e di oggi è un insulto, per noi è una medaglia al valore.

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