mercoledì 13 agosto 2008

Indecenti

Partiamo da quel giorno, dal 25 novembre del 2006. Siamo alla Umbria Olii, una delle aziende più importanti nel campo della produzione di oli d’oliva a livello nazionale ed internazionale. Cinque uomini, per la precisione Tullio Mocchini, Giuseppe Coletti, Wladimir Toder, Maurizio Manili e Claudio Demiri. Di colpo un’esplosione fortissima in uno dei quattro silos che i lavoratori stavano manutenzionando; subito dopo una seconda esplosione, le fiamme facilitate dal fatto che i silos contenevano un tipo di gas altamente infiammabile, e il luogo di lavoro che diventa un inferno. Mocchini, Coletti, Toder e Manili muoiono. Si salva fortunosamente solo Claudio Demiri. Fin qui il fatto di cronaca, che tristemente non è più una novità nella quotidiana strage di lavoratori che muoiono nei cantieri italiani, subito scavalcato da altre morti “bianche” (così le definiscono, come se la morte si potesse classificare con un colore) che hanno meritato le pagine e i primi servizi dei giornali dei giorni dopo.
Intanto, poco ripreso dai giornali (io stesso, che mi tengo sempre informato mediante sia i media ufficiali sia i siti di informazione alternativa, devo ammettere che non ne sapevo niente), il processo in questi due anni è andato avanti. Opposte, ovviamente, le tesi di accusa e difesa. Molto sinteticamente, secondo la difesa Del Papa – principale accusato e tra i massimi dirigenti dell’azienda – avrebbe messo in atto tutte le misure di prevenzione richieste dalla normativa vigente, e la causa del tragico incidente sarebbe stata causata dall’imprudenza degli operai, i quali, per sveltire il lavoro (era di sabato) che li vedeva lavorare ad una passerella di collegamento tra due silos carichi di materiale altamente infiammabile, avrebbero usato una procedura di saldatura esplicitamente vietata appositamente per evitare incendi e/o esplosioni.
Secondo l’accusa, viceversa, le mancate misure di sicurezza e prevenzione sul lavoro erano già state denunciate in passato e tutti i dirigenti, Del Papa compreso, sapevano benissimo che lavorare in quel cantiere era pericoloso.
Come accade in Italia, anche le perizie che le due parti in causa studiano sono opposte tra di loro: quella commissionata dalla difesa di Del Papa scagiona quest’ultimo completamente, mentre quella dell’accusa lo inchioderebbe alle sue responsabilità.
Fin qui, purtroppo, non andiamo oltre quella brutta consuetudine giurisprudenziale che vede le due parti di una causa giudiziaria gonfiare il petto, ognuna rispettivamente con la propria perizia, accusando l’altra di negligenza e di malafede. Questi due anni, in particolare, vedono un Del Papa agguerritissimo, che ha addirittura denunciato i periti della controparte, rei di non aver scritto una perizia tecnica a sua discolpa. Sia ben chiaro, a scanso di equivoci, che noi non siamo come quella spazzatura su due gambe che ha osato dare della puttana ad un Ministro della Repubblica colpevole di essere troppo bella, basandosi su voci mai confermate: in Italia un cittadino è innocente o colpevole fino al terzo grado di giudizio, e bisognerà certamente attendere molto per sapere se Del Papa è un manager di primo piano, rispettosissimo delle leggi, oppure se gli operai che lavoravano alla Umbria Olii sono solo gli ennesimi incolpevoli della quotidiana mattanza che si svolge quotidianamente in tanti luoghi di lavoro a causa di datori di lavoro criminali. Ma c’è un’altra cosa che, a mio parere, supera i limiti della decenza, del buon gusto, del rispetto. E’ fresca la notizia che la Umbria Olii, per iniziativa dell’amministratore delegato e massimo dirigente Giorgio Del Papa – indagato per disastro colposo aggravato dall’inazione in previsione dell’evento (il che significa, secondo l’accusa, che Del Papa era a conoscenza delle violazioni delle norme sul lavoro presenti nei suoi cantieri e non avrebbe messo in atto alcuna misura di prevenzione), violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, mancato aggiornamento degli standard dei mezzi di protezione, omicidio colposo plurimo – ha chiesto alle famiglie dei lavoratori morti nel tragico disastro 35 milioni di euro in risarcimento danni.
La possiamo rigirare come vogliamo, ma non smette di farmi schifo. Possiamo definirlo l’accanimento di una grande ditta contro delle normali famiglie di lavoratori, che certamente non hanno 35 milioni di euro disponibili sull’unghia. Possiamo chiamarlo, se volessimo usare le parole di Morena Sabatini, la vedova di Maurizio Manili, una seconda morte inflitta ai lavoratori che si guadagnavano la paga alla Umbria Olii. Per attenerci alla giurisprudenza, possiamo anche soltanto vederlo come una richiesta danni che difficilmente potrà avere uno sbocco perché basata su una perizia di parte non firmata da periti incaricati dal giudice (quindi terzi).
Si aspettavano quindi le affermazioni di Confindustria. Come minimo un richiamo alla decenza, al contegno nei confronti di chi ha subito un lutto così grave e angoscioso (perché palesemente ingiusto), una sorta di rimbrotto ufficiale a quel manager d’assalto, Del Papa. Invece la Confindustria, fedele agli interessi dei suoi iscritti oltre ogni limite del buon gusto, ha il coraggio di diramare questo comunicato:

"La Umbria Olii di Campello sul Clitunno rappresenta una realtà aziendale importante per il territorio di Spoleto, una realtà che fino al 2006 era leader in Europa per la raffinazione di olio di oliva per uso alimentare. Per questo motivo Confindustria Perugia fa appello al senso di responsabilità di tutti perché non sia vanificato lo sforzo in cui l'imprenditore è impegnato per riportare l'azienda ai vertici del suo settore. Le recenti critiche, provenienti da più parti, riguardo alla linea difensiva adottata dal presidente Giorgio del Papa confermano ed amplificano l'ingiusto processo mediatico che praticamente ha già condotto alla sua condanna senza appello. In questo clima, Confindustria Perugia - pur comprendendo profondamente il dolore e le ragioni dei familiari delle vittime del tragico incidente - vuole essere partecipe delle vicende e del futuro della Umbria Olii. Se Del Papa, nell'esercizio delle sue funzioni di Presidente, ha commesso errori o violazioni delle norme, queste responsabilità dovranno essere accertate esclusivamente dagli organi competenti nelle sedi deputate. Non è possibile condividere la posizione di chi sostiene che la scelta di Del Papa a difesa della sua azienda e la attività imprenditoriale stessa siano in contrasto con la cultura del popolo umbro. Del Papa, nonostante le mille difficoltà e nonostante potesse contare sull'ammissione alla Cassa integrazione, ha richiamato al lavoro tutte le maestranze che con grande impegno stanno condividendo gli sforzi dell'imprenditore. Proprio i dipendenti della Umbra Olii, in una lettera pubblica, hanno riconosciuto all'azienda un comportamento sempre corretto nei confronti dei lavoratori e del mercato, e un'attenzione particolare alla sicurezza del lavoro e alla difesa dell'ambiente per i quali sono stati fatti investimenti considerevoli. Ci sembra contraddittorio dichiarare la propria preoccupazione per le difficoltà economiche ed occupazionali dell'area di Foligno, Trevi, Spoleto e della Valnerina - come ha fatto di recente il Sindacato - e poi ostacolare in concreto il rilancio di una attività imprenditoriale che ha contribuito per lungo tempo allo sviluppo di quel comprensorio. Noi riteniamo che sia giunto il momento di dismettere gli atteggiamenti demagogici che hanno spesso caratterizzato le tante prese di posizione su questa dolorosa vicenda, nonché l'affannosa ricerca di un capro espiatorio, ferito da un evento così drammatico e luttuoso, che ha messo in grave pregiudizio la continuità aziendale. Questo clima non giova certo né alle vittime e ai loro parenti, né alla ricerca della verità. Con il pensiero sempre rivolto a chi non c'è più, il nostro auspicio è che la Comunità umbra si ritrovi unita in una azione concorde che da un lato miri a salvaguardare l'azienda ed il futuro dei suoi collaboratori, dall'altro solleciti che eventuali errori, da chiunque siano stati commessi, siano accertati, nei tempi più rapidi possibile e senza pregiudiziali, per evitare che possano ripetersi tragedie come quella accaduta a Campello".

Innanzitutto: quali critiche? Ammetterà Confindustria che è ben difficile poter comprendere la posizione di Del Papa, il quale, prima della conclusione del processo, chiede un risarcimento danni milionario basato su una perizia commissionata dai suoi avvocati difensori e palesemente in contrasto con un’altra perizia, di parte opposta. Ammetterà Confindustria che se “queste responsabilità dovranno essere accertate esclusivamente dagli organi competenti nelle sedi deputate” allora la richiesta di risarcimento danni di Del Papa è quantomeno inopportuna?
Ma no. Confindustria non ammette. La corporazione degli industriali difende senza mezze misure un suo iscritto che attualmente è indagato per omicidio colposo e mancato rispetto delle norme di sicurezza cantieristiche: così facendo non ci sono dubbi riguardo la posizione di Confindustria. Per chi ancora non se ne fosse accorto: ecco la vera faccia del capitalismo: un sistema economico feroce, che non si ferma davanti a niente, che non conosce limiti di decenza, di umanità, di sensibilità, rappresentato pienamente dalla corporazione degli industriali italiani. Un sistema economico che, come un bulldozer, distrugge qualunque cosa incontri sulla sua strada e privilegia il fattore economico a quello umano.
Non nutrirò dubbi sulla innocenza di Del Papa, se questa verrà dimostrata in Tribunale. Ciò non toglie che, moralmente, sia lui che i suoi “fratelli” di Confindustria sono colpevoli. Perlomeno moralmente. Se questo conta ancora qualcosa.

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