Da oggi sappiamo con
assoluta certezza che, in questo Paese, la democrazia e la libertà di parola
hanno espressamente tracciato il solco. La democrazia fornisce ai sudditi tutte
le libertà che la plebaglia preferisce, meno quelle che contano davvero:
indebitarsi per i telefoni cellulari di ultima generazione, violentare le
proprie compagnette nei cessi delle discoteche, sovvertire ogni valore e ogni
Tradizione nel nome del Dio Progresso e del Dio Dollaro. Ma c’è assolutamente
una cosa che non si può fare: negare l’olocausto. La democrazia richiede solo
ed esclusivamente un’unica e inevitabile prova di fede nei confronti dell’unica
religione che ancora sopravvive in Europa, cioè quella olocaustica.
Perché anche l’olocaustianesimo,
come ogni religione che si rispetti, ha i suoi martiri (i sei milioni di ebrei
uccisi), i suoi profeti (Primo levi, Hanna Arendth, Shlomo Venezia), i suoi demoni
(Adolf Hitler, Benito Mussolini e le ideologie basate sulla sovranità
nazionale), i suoi dogmi (sono stati uccisi coscientemente 6 milioni di ebrei, né
uno di più né uno di meno; il Nazionalsocialismo è il male assoluto perché voleva
uccidere tutti coloro che non erano biondi e con gli occhi azzurri) ai quali
bisogna credere con fece cieca e ardente, senza fare alcuna domanda e
addirittura senza alcun tentennamento, pena il dispiegarsi della Nuova
Inquisizione fatta di magistrati e giudici al servizio della innominabile
lobby. Perché a nominarla, questa lobby, viene quasi paura. Dobbiamo chiedere
la partecipazione dei nostri lettori: non possiamo nemmeno dire di chi stiamo
parlando: dovete arrivarci voi, da soli.
Pensavamo che fossero
finiti i tempi della Carboneria, quando si bussava di notte ad anonime porte di
legno, volgendosi indietro timorosi che nessuno vedesse, e si pronunciava la
parola d’ordine per entrare. Invece ci accorgiamo che, al confronto, i
Carbonari, probabilmente, se la passavano meglio. Mille occhi elettronici che
sorvegliano 24 ore su 24, i telefoni cellulari di chiunque di noi che sia
ritenuto scomodo per il potere vengono intercettati costantemente (un Ministro
dell’Interno, qualche anno fa, ci inserì anche nella lista delle organizzazioni
terroristiche, noi che non abbiamo, in venti anni di attività, nemmeno un
prescritto), e un onnipresente sistema giudiziario e di pubblica opinione che è
pronto a rovinare la vita di chi osa contraddire l’unico dogma europeo, l’unico
reato di opinione che vige in Europa dalla seconda guerra mondiale in poi, e
per il quale si và in galera, senza sconti, e con procedure processuali
velocissime, che nemmeno il delitto di Cogne, in cui un bambino di qualche mese
è stato massacrato a coltellate, ha conosciuto.
Ma l’Italia non ha ancora
ratificato la legge sul negazionismo, si dirà; l’Italia è ancora una dei pochi
Stati in cui una legge simile, che nega chi ridimensiona fatti storici che
vengono ritenuti unanimemente conclamati, non c’è. Una piccola isola felice, o
quasi, insomma… Balle. Basta sempre derubricare il reato in incitamento all’odio
razziale, tentata ricostituzione del Partito Fascista, violazione della Legge
Mancino e dell’articolo della Costituzione, e qualche fesso da condannare
esemplarmente lo si trova sempre. Non facciamoci illusioni: se non ci hanno
ancora messo a tacere, se non ci hanno ancora arrestato in massa senza passare
dal via, se non siamo finiti su tutti i giornali come dei pazzi criminali
armati di spranghe pronti alla caccia al nero, è solo perché evidentemente non
facciamo paura a nessuno.
Ma basta poco. Questi qui
si cacano addosso, garantito! Al processo contro Daniele Scarpino, Diego Masi,
Luca Ciampaglia e Mirko Viola (quest’ultimo è stato l’unico ad aver avuto il
coraggio di chiedere addirittura un contraddittorio in aula) c’era
nientepopòdimeno che Riccardo Pacifici, il Presidente della Comunità Ebraica.
Che diavolo ci faceva una delle più illustri personalità italiane, che và a
braccetto con sindaci, premier e Capi di Stato, al processo contro quattro
sconosciuti che avevano solamente espresso delle opinioni dalla pc della loro
stanza? Semplice: voleva vedere, né più né meno, come andava a finire. Ha
voluto accertarsi che quell’opera di propaganda e di demolizione sistematica
dell’altro e delle sue idee, che comincia contro i pericolosissimi neonazisti
italiani, per i quali qualunque pena non è mai sufficiente, e si conclude nei
massacri di Gaza, che quell’opera sistematica di demolizione dell’altro, scrivevo,
facesse il suo effetto, andasse a segno.
Che tristezza! In nome
della tolleranza e dei diritti umani siamo sottoposti 24 ore su 24 ad una
campagna mediatica che non conosce sosta, che invade tutti i libri, tutti i
palinsesti televisivi, tutte le radio, che impegna tutte le Istituzioni, e poi
basta che un ragazzo scriva davanti ad un pc perché si scateni la fine del
mondo. Il tributo che la democrazia dovrebbe pagare a sé stessa dovrebbe essere
quello della contestazione. Se lo pensavamo, ora sappiamo che non è così.
Erving Goffmann ha
magistralmente dimostrato come uno degli elementi costitutivi – e più
affidabili – di ogni sistema repressivo sia quello di isolare gli elementi “sovversivi”
mediante l’etichettatura del folle, del pazzo, dello psicotico, di modo che
qualunque cosa detta da costoro sia marchiata alla fonte. Ci pensa la popolazione
restante, instradata sul modello civile scelto e preparato dal Sistema, a
svolgere un’opportuna funzione di controllo: sarà lo stesso popolino ad
ammassarsi all’angolo della strada, aspettando il carro del condannato per
poterlo riempire di sputi, di insulti e di contumelie. Sarà questo marchio a negare
qualunque legittimità all’eretico, perché ne mina in partenza l’attendibilità e
quindi favorirà il non-confronto.
Dobbiamo stare attenti e
prepararci al peggio. La Nuova Inquisizione ha occhi e orecchie dappertutto, e
basta il fascicoletto sul tavolo di un Magistrato perché possa cominciare la
mattanza, per ora “solo” sociale, umana e politica. Ed ora che avete finito di
leggere scuotete la testa e dimostratevi contrariati da quello che avete appena
letto: probabilmente vi stanno guardando.
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