Ho scritto, qualche giorno fa, che Israele non ha assolutamente il senso del ridicolo. Sono costretto a ripetermi.
È notizia recente che Yossi Peled, ministro senza portafoglio del piccolo staterello minacciato nella sua stessa esistenza, ha caldeggiato, in una lettera riservata inviata agli altri ministri che è stata resa pubblica non si sa ancora per quale ragione, pesanti sanzioni economiche contro gli Stati Uniti per costringere questi ultimi a cambiare la loro politica estera nei confronti di Israele. In senso più filo-israeliano, ovviamente.
Quello che emerge nelle ultime settimane è un vero e proprio odio per il Presidente Barack Obama, colpevole di aver semplicemente auspicato una diminuzione degli insediamenti illegali che Israele, sotto gli occhi complici (perché succubi) della comunità internazionale, continua a costruire impunemente a danno dei palestinesi.
Evidentemente ad Israele cominciano a saltare i nervi.
Probabilmente quella operazione simpatia che aveva cominciato un po’ di tempo fa Tzipi Livni, al fine di cambiare l’immagine che gli europei hanno di Israele, non ha funzionato proprio bene. Forse ha fatto effetto solo su Frattini, sempre più realista del re. Certamente non aiuta l’immagine sionista quel Ministro degli Esteri che di nome fa Avidgor Lieberman. Capo di un partito, Ysrael Beiteinu, col quale teorizzò l’espulsione forzata di tutti gli arabi dal suolo israeliano o la fucilazione come collaborazionisti per tutti quei parlamentari arabi della Knesset che avessero avuto contatti con Hamas. Lieberman è colui, in sostanza, che mai troppo velatamente ha caldeggiato l’espulsione degli arabi dalla Palestina ed il loro genocidio. Che recentemente ha affermato che i sionisti dovrebbero combattere Hamas come gli USA fecero con i giapponesi, vale a dire con un bombardamento nucleare (inutile, dato che il Giappone stava già trattando la resa). Questo è il Ministro degli Esteri israeliano, che dovrebbe promuovere l’immagine di Israele nel mondo, e che gode di un vastissimo consenso elettorale e personale all’interno dell’elettorato israeliano. Viene voglia di consigliare agli israeliani di sostituirlo con il secondo ministro degli esteri israeliano, cioè Franco Frattini, il quale è almeno più presentabile.
Eppure, tanto livore israeliano contro gli Stati Uniti è assolutamente inspiegabile. Di più: assolutamente illogico. Gli USA sono l’unico Paese che devolve ad Israele tra i 3 e i 6 miliardi di dollari (il flusso di denaro è talmente imponente che è paradossalmente difficile quantificarlo con esattezza) all’anno – buona parte di questi soldi con l’obbligo di comprare merci e beni americani – a condizioni vantaggiosissime rispetto a tutti gli altri paesi che ricevono aiuti dagli USA, a tassi altrettanto ottimi. Inoltre le armi che Israele riceve dagli USA, con le quali incenerisce giornalmente qualche palestinese e mostra i muscoli ai vicini, sostanzialmente le pagano gli Stati Uniti.
Per non tacere dei circa 10 miliardi di dollari che Israele ha ricevuto negli ultimi anni per comprare merci (a tasso zero) dagli Stati Uniti.
Insomma: il grande benefattore di Israele è proprio l'America.
È notizia recente che Yossi Peled, ministro senza portafoglio del piccolo staterello minacciato nella sua stessa esistenza, ha caldeggiato, in una lettera riservata inviata agli altri ministri che è stata resa pubblica non si sa ancora per quale ragione, pesanti sanzioni economiche contro gli Stati Uniti per costringere questi ultimi a cambiare la loro politica estera nei confronti di Israele. In senso più filo-israeliano, ovviamente.
Quello che emerge nelle ultime settimane è un vero e proprio odio per il Presidente Barack Obama, colpevole di aver semplicemente auspicato una diminuzione degli insediamenti illegali che Israele, sotto gli occhi complici (perché succubi) della comunità internazionale, continua a costruire impunemente a danno dei palestinesi.
Evidentemente ad Israele cominciano a saltare i nervi.
Probabilmente quella operazione simpatia che aveva cominciato un po’ di tempo fa Tzipi Livni, al fine di cambiare l’immagine che gli europei hanno di Israele, non ha funzionato proprio bene. Forse ha fatto effetto solo su Frattini, sempre più realista del re. Certamente non aiuta l’immagine sionista quel Ministro degli Esteri che di nome fa Avidgor Lieberman. Capo di un partito, Ysrael Beiteinu, col quale teorizzò l’espulsione forzata di tutti gli arabi dal suolo israeliano o la fucilazione come collaborazionisti per tutti quei parlamentari arabi della Knesset che avessero avuto contatti con Hamas. Lieberman è colui, in sostanza, che mai troppo velatamente ha caldeggiato l’espulsione degli arabi dalla Palestina ed il loro genocidio. Che recentemente ha affermato che i sionisti dovrebbero combattere Hamas come gli USA fecero con i giapponesi, vale a dire con un bombardamento nucleare (inutile, dato che il Giappone stava già trattando la resa). Questo è il Ministro degli Esteri israeliano, che dovrebbe promuovere l’immagine di Israele nel mondo, e che gode di un vastissimo consenso elettorale e personale all’interno dell’elettorato israeliano. Viene voglia di consigliare agli israeliani di sostituirlo con il secondo ministro degli esteri israeliano, cioè Franco Frattini, il quale è almeno più presentabile.
Eppure, tanto livore israeliano contro gli Stati Uniti è assolutamente inspiegabile. Di più: assolutamente illogico. Gli USA sono l’unico Paese che devolve ad Israele tra i 3 e i 6 miliardi di dollari (il flusso di denaro è talmente imponente che è paradossalmente difficile quantificarlo con esattezza) all’anno – buona parte di questi soldi con l’obbligo di comprare merci e beni americani – a condizioni vantaggiosissime rispetto a tutti gli altri paesi che ricevono aiuti dagli USA, a tassi altrettanto ottimi. Inoltre le armi che Israele riceve dagli USA, con le quali incenerisce giornalmente qualche palestinese e mostra i muscoli ai vicini, sostanzialmente le pagano gli Stati Uniti.
Per non tacere dei circa 10 miliardi di dollari che Israele ha ricevuto negli ultimi anni per comprare merci (a tasso zero) dagli Stati Uniti.
Insomma: il grande benefattore di Israele è proprio l'America.
Eppure, in questi ultimi tempi gli israeliani diventano sempre più paranoici, sempre più bisognosi di sicurezza (ecco perché il successo di Lieberman cresce sempre di più). Questo perché non solo sentono che l’aria sta cambiando – basta una semplice connessione ad internet, disponibile ormai per la stragrande maggioranza dei paesi civilizzati e non, per poter leggere e vedere come gli israeliani si comportino nei confronti dei palestinesi – ma anche perché erano troppo ben abituati con la Presidenza Bush, “estremamente disponibile” nei confronti di Israele.
Eppure il vento sta cambiando, forse. L’ultima operazione di macelleria a Gaza – un vero e proprio massacro compiuto su una popolazione inerme, capace al massimo di lanciare qualche petardo, non ha certamente migliorato l’immagine di Israele all’estero. Le condanne di questo attacco genocida sono arrivate da Richard Falk, Radhika Coomaraswamy, prima da Mary Robinson, in questi giorni da Richard Goldstone, che su mandato ONU deve stabilire i danni fatti da Israele nella Striscia; importanti organizzazioni come Human Rights Watch o “Medici per i diritti umani” hanno inchiodato Israele alle proprie responsabilità, mostrando e dimostrando come lo Stato ebraico abbia sganciato una quantità impressionante di bombe al fosforo bianco, il cui utilizzo è espressamente vietato dalle leggi internazionali contro la popolazione civile in quanto crimine di guerra; la “questione palestinese” riscuote amicizie importanti, sia a destra che a sinistra degli schieramenti politici degli Stati europei.
E sebbene ormai si sia capito bene che Obama si differenzia da Bush solo per il colore della pelle e qualcos’altro di poco conto, non accettano neanche il minimo cenno di indipendenza americana da parte del Presidente negro. Vogliono continuare la mattanza a spese del contribuente americano.
E ci tengono a farlo sapere.
Come minimo, la sortita di Yossi Peled verrà considerata incauta. Perché senza dubbio fa il paio con quella frase che nel 2001, pensando di non essere sentito, disse Sharon ad un suo collaboratore che gli chiedeva se le politiche di annessione dei territori forzati portate avanti da Israele non avrebbero intaccato i rapporti tra quest’ultimo e gli americani: “Ogni volta mi chiedi cosa penseranno gli americani. Voglio dirti una cosa molto chiara: non preoccuparti delle pressioni che verranno fatte contro Israele. Noi controlliamo l’America. E gli americani questo lo sanno molto bene”. Successivamente fu consigliato a Sharon di non esprimere più certe frasi così “incaute”, in quanto una frase del genere poteva dar luogo a manifestazioni di antisemitismo.
Dal 2001 ad oggi le cose non sono cambiate di molto. Gli israeliani sanno di poterselo permettere, dato che il congresso americano è comandato con pugno di ferro dalla lobby sionista.
Quale politico americano oserebbe mai andare contro la lobby israeliana, conoscendo bene l’enorme capacità che ha la stessa di finanziare i candidati (repubblicani o democratici poco importa alla lobby) con immense somme di denaro, di promuovere infuocate campagne di diffamazione contro avversari scomodi, di intimidire – con tutti gli strumenti a sua disposizione – chi solamente osa criticare la politica di Israele nei territori occupati?
La complicità degli americani con la politica sionista è totale, acritica e succube. Ma non permettetevi di dire che loro comandano gli americani: questo non è permesso ai goym, pena l’accusa di antisemitismo con conseguente esilio dal consesso delle persone civili e perdita di tutti i propri diritti. Possono dirlo e farlo solo Yossi Peled, Ariel Sharon e i sionisti. E ogni tanto ci tengono a ricordarcelo, con la loro consueta arroganza.
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