Era il 19 giugno 1981, le 13.30 circa. Il Commissario di Polizia di Primavalle, Vinci, è all’interno della sua auto di servizio quando viene freddato da una scarica di proiettili da un commando di tre uomini e una donna. I capi principali del commando sono due: Luigi Novelli e Marina Petrella, definiti “i coniugi del terrore”. Precedentemente coinvolti nell’omicidio Moro, i brigatisti rossi hanno voluto fare un’altra vittima dello Stato “borghese”. E ancora, il “curriculum” degli assassini della falce e martello è corposo: il sequestro D' Urso, l' uccisione del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, e il tentato sequestro del vicecapo della Digos, Nicola Simone. Tutti reati che nel 1993 porteranno la condanna all’ergastolo per Petrella e Novelli, ma la Petrella è già uccel di bosco. Approfittando della cosiddetta “dottrina Mitterrand”, vale a dire quella scandalosa intromissione della Francia negli affari interni italiani grazie alla quale gli assassini comunisti trovano accoglimento oltralpe, la Petrella non sconterà mai l’ergastolo comminatole dalla Magistratura italiana, approfittando della generosità francese.
Quattro giorni fa il Presidente Francese, Nicolas Sarkozy, ha confermato che la Francia non concederà l’estradizione di Marina Petrella.
Il sottoscritto aveva sperato che, grazie all’accordo tra l’allora Ministro della Giustizia italiano Roberto Castelli ed il suo omologo francese Dominique Perben, il quale prevedeva in sostanza la fine dell’impunità per gli stragisti rossi, fossero finiti i tempi degli esodi dorati degli assassini comunisti. Tale accordo era stato ratificato dal penultimo Ministro della Giustizia italiano, Clemente Mastella, e recava con se i nomi di 11 assassini da riconsegnare alle italiane galere: Enrico Villimburgo, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Maurizio Di Marzo, Enzo Calvitti, Vincenzo Spanò, Massimo Carfora, Walter Grecchi, Giovanni Vegliacasa, Giorgio Pietrostefani e, last but not least, Marina Petrella.
Ma Sarkozy ha detto no, adducendo come giustificazione “motivi umanitari” legati alla salute psico-fisica particolarmente cagionevole della terrorista. Ma quali saranno questi motivi umanitari? Quale sarà la bruttissima malattia che ha colpito la Petrella? Forse una malattia ai polmoni? Difficoltà respiratorie? Problemi al cuore? Cancro? Niente di tutto ciò. La Petrella non sarà estradata in Italia a causa di… “depressione”!
Insomma torna in auge la dottrina Mitterrand, nel più totale disprezzo dei parenti delle vittime degli stragisti rossi che attendono da anni giustizia.
Il lettore malizioso potrà pensare che questa squallida farsa si possa tranquillamente concludere qui. Purtroppo non è così. Oggi la “signora” Petrella dichiara di voler chiedere perdono ai familiari delle sue vittime, e di non averlo fatto prima solo per evitare di avere delle agevolazioni riguardo la sua sorte e per paura di non essere creduta, portando quindi il dolore per anni e anni dentro di se, nel più assoluto silenzio. E’ un vero peccato che nessuno, tranne il sottoscritto, ricordi più le frasi che la terrorista non pentita scriveva sull’ Humanitè (mai titolo fu più ironico e beffardo) nel 2004, quando commentava il caso Cesare Battisti: «La Francia rinnega sé stessa, e l' Italia agisce per pura vendetta. Ma io ho abbandonato ogni attività politica, il prolungamento di ciò che sono stata è oggi il mio lavoro nel sociale, nell' educazione popolare. Tutti noi ci siamo costruiti in Francia una nuova vita, senza negare quello che siamo stati. Cacciarci dalla Francia non risolverà niente, anzi, non farà che allungare la lista delle vittime. Se domani venissi estradata in Italia, ad essere rovinati con me ci sarebbero mio marito e mia figlia, cittadini francesi». Come si può notare da quanto riportato, e disponibile per chiunque su internet nell’archivio storico del Corriere della Sera, la Petrella qui non solo ha il coraggio di affermare categoricamente di non aver mai negato e ripudiato il suo passato di brigatista assassina, ma addirittura pone un esplicito paragone tra i suoi familiari e le vere vittime del terrorismo italiano, nel caso in cui venisse estradata! E solo quattro anni dopo, dopo queste parole così arroganti messe nero su bianco, vorrebbe farsi passare per una povera signora pentita del suo passato e depressa. Viene proprio da notare come non ci sia limite alla protervia dei comunisti, tanto più se gli stessi si sentono legittimati dal loro passato rosso sangue!
Vien fatto di notare che il “pentimento” e la “depressione” di questi arroganti assassini sono tipi del tutto particolari. Chi si pente di una sua azione, solitamente, si pone mentalmente nel modo migliore per poter affrontare la conseguenza di quella azione con serietà e senso di responsabilità. E’ troppo comodo pentirsi dal proprio esilio dorato francese, lavorando come assistente sociale (sic!) e scrivendo sui quotidiani filo-terroristi. Ancora: la depressione è una malattia particolare, che impedisce a chi ne è affetto di vivere serenamente la propria vita sociale, e spesso di non viverla affatto. Apprendiamo dalla figlia dell’assassina che la madre, a suo dire, non mangia da almeno sei mesi. La Petrella che lavorava e che scriveva sui giornali fino a qualche mese fa, o che salutava bella “in carne” le telecamere televisive che la riprendevano, può essere definita in tanti modi, ma non certo “depressa”.
Da chi scrive un consiglio ai familiari della Petrella: fatela tornare subito in Italia. Qui, infatti, abbiamo avuto modo, purtroppo, di vedere quale è la fine degli assassini rossi o dei loro mandanti morali: assurti al ruolo di grandi intellettuali, oggetto di intense campagne mediatiche affinché venga concessa loro una grazia mai richiesta, conduttori di famose radio statali. Oppure, nei casi più felici, ovvero brigatisti sovversivi che non hanno compiuto materialmente alcun delitto, ci si può avvalere di una trasmissione mediocre su qualche rete privata in cui “l’ex” cazzeggia felicemente con i suoi amici, con ascolti che per qualunque altra trasmissione “non fedele” ai poteri forti sarebbero considerati da barzelletta.
Motivi umanitari, depressione, pentimento… tutti termini troppo nobili per poter essere utilizzati impunemente dagli assassini mai pentiti e dai loro lacché, e che suonano come una terribile beffa non solo alle “vere” vittime del terrorismo, ma anche a tutti gli uomini liberi. Per i quali, sarebbe il caso di ricordarlo al canagliumine rosso sangue, non è prevista alcuna “clausola umanitaria”.
Andrea Chessa
Quattro giorni fa il Presidente Francese, Nicolas Sarkozy, ha confermato che la Francia non concederà l’estradizione di Marina Petrella.
Il sottoscritto aveva sperato che, grazie all’accordo tra l’allora Ministro della Giustizia italiano Roberto Castelli ed il suo omologo francese Dominique Perben, il quale prevedeva in sostanza la fine dell’impunità per gli stragisti rossi, fossero finiti i tempi degli esodi dorati degli assassini comunisti. Tale accordo era stato ratificato dal penultimo Ministro della Giustizia italiano, Clemente Mastella, e recava con se i nomi di 11 assassini da riconsegnare alle italiane galere: Enrico Villimburgo, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Maurizio Di Marzo, Enzo Calvitti, Vincenzo Spanò, Massimo Carfora, Walter Grecchi, Giovanni Vegliacasa, Giorgio Pietrostefani e, last but not least, Marina Petrella.
Ma Sarkozy ha detto no, adducendo come giustificazione “motivi umanitari” legati alla salute psico-fisica particolarmente cagionevole della terrorista. Ma quali saranno questi motivi umanitari? Quale sarà la bruttissima malattia che ha colpito la Petrella? Forse una malattia ai polmoni? Difficoltà respiratorie? Problemi al cuore? Cancro? Niente di tutto ciò. La Petrella non sarà estradata in Italia a causa di… “depressione”!
Insomma torna in auge la dottrina Mitterrand, nel più totale disprezzo dei parenti delle vittime degli stragisti rossi che attendono da anni giustizia.
Il lettore malizioso potrà pensare che questa squallida farsa si possa tranquillamente concludere qui. Purtroppo non è così. Oggi la “signora” Petrella dichiara di voler chiedere perdono ai familiari delle sue vittime, e di non averlo fatto prima solo per evitare di avere delle agevolazioni riguardo la sua sorte e per paura di non essere creduta, portando quindi il dolore per anni e anni dentro di se, nel più assoluto silenzio. E’ un vero peccato che nessuno, tranne il sottoscritto, ricordi più le frasi che la terrorista non pentita scriveva sull’ Humanitè (mai titolo fu più ironico e beffardo) nel 2004, quando commentava il caso Cesare Battisti: «La Francia rinnega sé stessa, e l' Italia agisce per pura vendetta. Ma io ho abbandonato ogni attività politica, il prolungamento di ciò che sono stata è oggi il mio lavoro nel sociale, nell' educazione popolare. Tutti noi ci siamo costruiti in Francia una nuova vita, senza negare quello che siamo stati. Cacciarci dalla Francia non risolverà niente, anzi, non farà che allungare la lista delle vittime. Se domani venissi estradata in Italia, ad essere rovinati con me ci sarebbero mio marito e mia figlia, cittadini francesi». Come si può notare da quanto riportato, e disponibile per chiunque su internet nell’archivio storico del Corriere della Sera, la Petrella qui non solo ha il coraggio di affermare categoricamente di non aver mai negato e ripudiato il suo passato di brigatista assassina, ma addirittura pone un esplicito paragone tra i suoi familiari e le vere vittime del terrorismo italiano, nel caso in cui venisse estradata! E solo quattro anni dopo, dopo queste parole così arroganti messe nero su bianco, vorrebbe farsi passare per una povera signora pentita del suo passato e depressa. Viene proprio da notare come non ci sia limite alla protervia dei comunisti, tanto più se gli stessi si sentono legittimati dal loro passato rosso sangue!
Vien fatto di notare che il “pentimento” e la “depressione” di questi arroganti assassini sono tipi del tutto particolari. Chi si pente di una sua azione, solitamente, si pone mentalmente nel modo migliore per poter affrontare la conseguenza di quella azione con serietà e senso di responsabilità. E’ troppo comodo pentirsi dal proprio esilio dorato francese, lavorando come assistente sociale (sic!) e scrivendo sui quotidiani filo-terroristi. Ancora: la depressione è una malattia particolare, che impedisce a chi ne è affetto di vivere serenamente la propria vita sociale, e spesso di non viverla affatto. Apprendiamo dalla figlia dell’assassina che la madre, a suo dire, non mangia da almeno sei mesi. La Petrella che lavorava e che scriveva sui giornali fino a qualche mese fa, o che salutava bella “in carne” le telecamere televisive che la riprendevano, può essere definita in tanti modi, ma non certo “depressa”.
Da chi scrive un consiglio ai familiari della Petrella: fatela tornare subito in Italia. Qui, infatti, abbiamo avuto modo, purtroppo, di vedere quale è la fine degli assassini rossi o dei loro mandanti morali: assurti al ruolo di grandi intellettuali, oggetto di intense campagne mediatiche affinché venga concessa loro una grazia mai richiesta, conduttori di famose radio statali. Oppure, nei casi più felici, ovvero brigatisti sovversivi che non hanno compiuto materialmente alcun delitto, ci si può avvalere di una trasmissione mediocre su qualche rete privata in cui “l’ex” cazzeggia felicemente con i suoi amici, con ascolti che per qualunque altra trasmissione “non fedele” ai poteri forti sarebbero considerati da barzelletta.
Motivi umanitari, depressione, pentimento… tutti termini troppo nobili per poter essere utilizzati impunemente dagli assassini mai pentiti e dai loro lacché, e che suonano come una terribile beffa non solo alle “vere” vittime del terrorismo, ma anche a tutti gli uomini liberi. Per i quali, sarebbe il caso di ricordarlo al canagliumine rosso sangue, non è prevista alcuna “clausola umanitaria”.
Andrea Chessa
2 commenti:
Io aspetto ancora veder spegnere sul volto di Cesare Battisti ("4 omicidi e vivere felici", il titolo è mio) quel sorriso beffardo da assassino non-pagante. E mi fa sempre incazzare leggere le farneticazioni anti-storiche di gente che ha il culo in faccia (scusa il francesismo).
Concordo perfettamente.
Tra l'altro nota la grande obiettività. Petrella e Battisti e Sofri etc.: "compagni che sbagliano". Freda e il Fronte Nazionale: condannati per un reato di opinione.
La vecchia e cara democrazia antifascista...
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