La notizia, com’è ovvio, è filtrata poco sui nostri democratici media italiani. Ma su quelli inglesi è passata, ed è passata suscitando un polverone ed un vespaio di polemiche. Ci riferiamo al rapporto della Camera dei Lords di Londra sull’immigrazione inglese, costato sei mesi di indagini e di lavoro e vari contributi da uomini d’affari, politici, diversi istituti che si occupano del problema immigrazione. “The economic impact of immigration” sostanzialmente smonta il luogo comune europeo secondo cui gli immigrati costituirebbero una ricchezza per le nazioni europee e porterebbero benefici all’economia.
Il rapporto analizza nel dettaglio quelli che sarebbero invece degli elementi che hanno negativamente inciso nella società inglese. In primo luogo l’eccessivo e non regolamentato ingresso di extracomunitari farebbe salire sproporzionatamente il costo di affitto o di vendita delle case – che rispetto agli ultimi anni si è più che raddoppiato – con gravi ripercussioni sui giovani che cercano casa e sugli inglesi in generale. Il costante flusso di manodopera straniera, inoltre, ha consistentemente portato all’abbassamento dei salari britannici e a costi insostenibili per la sanità, per la Scuola e per gli uffici pubblici, costretti ad aggiornarsi con interpreti, nuovi libri di testo e a barcamenarsi con classi multirazziali ingestibili.
Che un problema immigrazione salti fuori in uno dei Paesi considerati più ospitali e più multirazziali d’Europa, il Paese che con più entusiasmo ha imposto il dogma capitalista della libera circolazione di uomini, merci e materiali, è certamente un qualcosa che dà da pensare. Il problema è reale, non più occultabile, se anche nel Paese della multirazzialità totale ci si comincia a porre il problema. In Italia il problema della criminalità straniera ( un crimine su tre è commesso da immigrati, secondo quanto è riportato dalla stragrande maggioranza delle analisi statistiche ), di costi sociali ed economici altissimi, di una convivenza forzata dovuta a quello che non è più definibile come libera circolazione di uomini bensì come una vera e propria invasione barbarica dei tempi moderni, gli italiani lo pagano già da tempo sulla loro pelle. Ovviamente il rapporto della Camera dei Lords non fa notizia, non suscita dibattiti, non crea scalpore. In un Paese in cui i partiti comunisti si contano a decine, in cui non si può dare un calcio nel culo ad un immigrato che tocca il seno di tua moglie senza vedersi rincorrere da schiere di pacifisti col passamontagna ( è successo recentemente a Roma ), in cui il buonismo verso rom, zingari e immigrati la fa da padrone ( fino al momento in cui non si fermano su un campo nomadi sotto casa propria, o non rubano la nostra autoradio, o non stuprino nostra figlia: allora diventiamo tutti giustizieri della notte ), il problema immigrazione non può essere posto, senza i consueti slogan di una parte o dell’altra. Perché porsi il problema dell’immigrazione seriamente significherebbe porsi un problema, oltre che politico o sociale, anche economico: significherebbe rivalutare da zero la nostra società economica di tipo capitalistico, una economia ormai decadente, la concezione di un mercato che si auto-regola da se senza alcun intervento della mano statale. Quello che i banchieri non vogliono.
Quando si parlava di terza via tra il comunismo e il capitalismo era proprio questo che si intendeva dire. Ma sappiamo bene chi propose quella soluzione: oggi lo chiamano “il male assoluto”. L’unica ideologia che in Italia non gode di libertà di parola ed è sottomessa alle leggi speciali.
Il rapporto analizza nel dettaglio quelli che sarebbero invece degli elementi che hanno negativamente inciso nella società inglese. In primo luogo l’eccessivo e non regolamentato ingresso di extracomunitari farebbe salire sproporzionatamente il costo di affitto o di vendita delle case – che rispetto agli ultimi anni si è più che raddoppiato – con gravi ripercussioni sui giovani che cercano casa e sugli inglesi in generale. Il costante flusso di manodopera straniera, inoltre, ha consistentemente portato all’abbassamento dei salari britannici e a costi insostenibili per la sanità, per la Scuola e per gli uffici pubblici, costretti ad aggiornarsi con interpreti, nuovi libri di testo e a barcamenarsi con classi multirazziali ingestibili.
Che un problema immigrazione salti fuori in uno dei Paesi considerati più ospitali e più multirazziali d’Europa, il Paese che con più entusiasmo ha imposto il dogma capitalista della libera circolazione di uomini, merci e materiali, è certamente un qualcosa che dà da pensare. Il problema è reale, non più occultabile, se anche nel Paese della multirazzialità totale ci si comincia a porre il problema. In Italia il problema della criminalità straniera ( un crimine su tre è commesso da immigrati, secondo quanto è riportato dalla stragrande maggioranza delle analisi statistiche ), di costi sociali ed economici altissimi, di una convivenza forzata dovuta a quello che non è più definibile come libera circolazione di uomini bensì come una vera e propria invasione barbarica dei tempi moderni, gli italiani lo pagano già da tempo sulla loro pelle. Ovviamente il rapporto della Camera dei Lords non fa notizia, non suscita dibattiti, non crea scalpore. In un Paese in cui i partiti comunisti si contano a decine, in cui non si può dare un calcio nel culo ad un immigrato che tocca il seno di tua moglie senza vedersi rincorrere da schiere di pacifisti col passamontagna ( è successo recentemente a Roma ), in cui il buonismo verso rom, zingari e immigrati la fa da padrone ( fino al momento in cui non si fermano su un campo nomadi sotto casa propria, o non rubano la nostra autoradio, o non stuprino nostra figlia: allora diventiamo tutti giustizieri della notte ), il problema immigrazione non può essere posto, senza i consueti slogan di una parte o dell’altra. Perché porsi il problema dell’immigrazione seriamente significherebbe porsi un problema, oltre che politico o sociale, anche economico: significherebbe rivalutare da zero la nostra società economica di tipo capitalistico, una economia ormai decadente, la concezione di un mercato che si auto-regola da se senza alcun intervento della mano statale. Quello che i banchieri non vogliono.
Quando si parlava di terza via tra il comunismo e il capitalismo era proprio questo che si intendeva dire. Ma sappiamo bene chi propose quella soluzione: oggi lo chiamano “il male assoluto”. L’unica ideologia che in Italia non gode di libertà di parola ed è sottomessa alle leggi speciali.
2 commenti:
Aggiungerei che un bel po' di tensione sociale e di guerra tra poveri distrae la massa e gli impedisce di guardare in alto.
Non sia mai che veda i fili di chi dirige i giochi.
Esatto.
Aggiungerei un'altra cosa: l'invasione dei bianchi di terre altrui si chiama "colonialismo"; l'invasione delle terre dei bianchi invece si chiama "società multirazziale". Strane leggi della lingua...
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