L’altra sera, a Bologna, Giuliano Ferrara non ha potuto tenere il comizio della sua lista “Aborto? No grazie”. A dare visibilità alla lista le tristi e tante facce che in Italia dominano le piazze, quelle di rossi bavosi e urlanti che, con la scusa di gridare all’attacco contro la democrazia, provvedevano ad insultarla definitivamente.
La lista di Giuliano Ferrara non mi piace ( preferisco quelle che presento io, se permettete ), così come non mi piace Giuliano Ferrara come pensatore ( il suo giornale, comunque, è uno dei pochi che appaia, seppur debitamente schierato, un tantino sopra la media per la qualità degli interventi che ospita ), ma ritengo che a chi presenta una lista per una qualsivoglia competizione elettorale, al fine di esprimere le proprie idee debba essere permesso di parlare, per quanto queste idee poi possano essere scandalose, rivoluzionarie, inconcepibili ( tutte “qualità” che non mi sento di attribuire alla lista di Ferrara ). Un merito bisogna riconoscerglielo, al Ferrara: l’aver dato nuovo fiato e nuove idee ( o idee che comunque prima difficilmente trovavano spazio rispetto alle idee progressiste e conformiste ) ad una materia, quella sull’aborto e sui temi etici, troppo spesso ridotta a semplici slogan o a chiacchere da bar. In questo periodo le grida di indignazione si sono sprecate: “vogliono togliere la conquista dell’aborto”, “vogliono negare la libertà alle donne”, “vogliono farci tornare agli anni ‘60” e via dicendo. Posto che comunque l’aborto non è mai una conquista, da qualunque parte lo si guardi – il dolore che prova una donna a sopprimere quello che le nasce in corpo è talmente grande che non provo nemmeno a concepirlo – ma semmai una scelta dolorosa e sofferta da parte della donna stessa, è fondamentale che una donna abbia la capacità di scegliere se tenere un bambino o abortire, e che sia supportata durante, prima e dopo, da una equipe di esperti medici, psicologi etc. Troppo spesso la pratica di aborto oggi oscilla tra i due estremi: da un lato ospedali o intere zone in cui prevalgono nettamente gli obbiettori di coscienza – quei medici, cioè, che per ragioni “di coscienza” appunto, religiose o morali, si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza – ( è il caso, leggevo qualche giorno fa, degli ospedali milanesi se non erro, in cui la Comunione e Liberazione di Formigoni la fa da padrone ) tanto da costringere le donne a veri e propri calvari burocratici ( che diventano a volte veri e propri tentativi di “sabotaggio” ) o trasferte per abortire o trovare un solo medico disposto a farlo; dall’altro semplice pratica burocratica paragonabile ad un metodo anti-concezionale ( leggevo ancora, sull’Espresso se non sbaglio, che la pratica di utilizzare l’aborto come anti-concezionale si fa strada anche in Italia ). Ora la lezione che io traggo dalla lista di “Aborto? No grazie”, dai democratici fasulli che lanciano uova, sputano, insultano, dai giornali che pubblicano editoriali su editoriali è una sola: si può provare a porsi un termine, o dei limiti, per l’aborto? Si può provare a stabilire un limite entro il quale oltre non si può più andare, senza lasciare tutto alla singola ed esclusiva e vincolante responsabilità della donna? Mi spiego. Qualche settimana fa ha fatto molto scalpore l’irruzione dei carabinieri in un ospedale di Napoli nel tentativo di impedire il reato di infanticidio ( si scoprirà poco dopo che tutto era stato condotto nel rispetto delle norme, e che la telefonata anonima che denunciava il reato era una bufala ): una donna abortiva un feto malato della sindrome di Klineferter. Cosa mai sarà questa sindrome di Klineferter? Una rapida ricerca con Google mi ha portato su diverse pagine che spiegavano tale malattia: “possibile” ma “non probabile” difficoltà di comunicazione ( che può essere risolta da un bravo logopedista ), altezza superiore alla media, “possibile” sterilità, ipogonadismo ( testicoli più piccoli rispetto al normale e più duri ). Un amico mi diceva che tante persone vivono, e anche muoiono, senza mai sapere di avere tale malattia, o se ne accorgono dopo tanti anni di vita perfettamente normale. Io stesso conosco tante persone più alte della media, o che in tenera età hanno avuto qualche problema di linguaggio o di comprensione, e che non sono assolutamente sterili, dato che si sono realizzate nel lavoro e nella famiglia. Possibili malati di Klineferter? Ora, senza voler togliere nulla alla donna di Napoli ed alla sua dolorosa scelta: basta questo?
L’aborto deve restare un caso di coscienza della donna o dei coniugi, su questo non ci piove. Ma non ritengo sia il caso di gridare all’indignazione e strapparsi le vesti se qualcuno prova a chiedere un limite, o quantomeno a porsi il problema.
Al di là delle indignazioni a comando dei sinistri, e della falsa moralità della Destra, il pregio che ha la lista di Ferrara è proprio questo: aver risvegliato coscienze, la mia in primis, un po’ troppo apatiche da questo punto di vista.
La lista di Giuliano Ferrara non mi piace ( preferisco quelle che presento io, se permettete ), così come non mi piace Giuliano Ferrara come pensatore ( il suo giornale, comunque, è uno dei pochi che appaia, seppur debitamente schierato, un tantino sopra la media per la qualità degli interventi che ospita ), ma ritengo che a chi presenta una lista per una qualsivoglia competizione elettorale, al fine di esprimere le proprie idee debba essere permesso di parlare, per quanto queste idee poi possano essere scandalose, rivoluzionarie, inconcepibili ( tutte “qualità” che non mi sento di attribuire alla lista di Ferrara ). Un merito bisogna riconoscerglielo, al Ferrara: l’aver dato nuovo fiato e nuove idee ( o idee che comunque prima difficilmente trovavano spazio rispetto alle idee progressiste e conformiste ) ad una materia, quella sull’aborto e sui temi etici, troppo spesso ridotta a semplici slogan o a chiacchere da bar. In questo periodo le grida di indignazione si sono sprecate: “vogliono togliere la conquista dell’aborto”, “vogliono negare la libertà alle donne”, “vogliono farci tornare agli anni ‘60” e via dicendo. Posto che comunque l’aborto non è mai una conquista, da qualunque parte lo si guardi – il dolore che prova una donna a sopprimere quello che le nasce in corpo è talmente grande che non provo nemmeno a concepirlo – ma semmai una scelta dolorosa e sofferta da parte della donna stessa, è fondamentale che una donna abbia la capacità di scegliere se tenere un bambino o abortire, e che sia supportata durante, prima e dopo, da una equipe di esperti medici, psicologi etc. Troppo spesso la pratica di aborto oggi oscilla tra i due estremi: da un lato ospedali o intere zone in cui prevalgono nettamente gli obbiettori di coscienza – quei medici, cioè, che per ragioni “di coscienza” appunto, religiose o morali, si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza – ( è il caso, leggevo qualche giorno fa, degli ospedali milanesi se non erro, in cui la Comunione e Liberazione di Formigoni la fa da padrone ) tanto da costringere le donne a veri e propri calvari burocratici ( che diventano a volte veri e propri tentativi di “sabotaggio” ) o trasferte per abortire o trovare un solo medico disposto a farlo; dall’altro semplice pratica burocratica paragonabile ad un metodo anti-concezionale ( leggevo ancora, sull’Espresso se non sbaglio, che la pratica di utilizzare l’aborto come anti-concezionale si fa strada anche in Italia ). Ora la lezione che io traggo dalla lista di “Aborto? No grazie”, dai democratici fasulli che lanciano uova, sputano, insultano, dai giornali che pubblicano editoriali su editoriali è una sola: si può provare a porsi un termine, o dei limiti, per l’aborto? Si può provare a stabilire un limite entro il quale oltre non si può più andare, senza lasciare tutto alla singola ed esclusiva e vincolante responsabilità della donna? Mi spiego. Qualche settimana fa ha fatto molto scalpore l’irruzione dei carabinieri in un ospedale di Napoli nel tentativo di impedire il reato di infanticidio ( si scoprirà poco dopo che tutto era stato condotto nel rispetto delle norme, e che la telefonata anonima che denunciava il reato era una bufala ): una donna abortiva un feto malato della sindrome di Klineferter. Cosa mai sarà questa sindrome di Klineferter? Una rapida ricerca con Google mi ha portato su diverse pagine che spiegavano tale malattia: “possibile” ma “non probabile” difficoltà di comunicazione ( che può essere risolta da un bravo logopedista ), altezza superiore alla media, “possibile” sterilità, ipogonadismo ( testicoli più piccoli rispetto al normale e più duri ). Un amico mi diceva che tante persone vivono, e anche muoiono, senza mai sapere di avere tale malattia, o se ne accorgono dopo tanti anni di vita perfettamente normale. Io stesso conosco tante persone più alte della media, o che in tenera età hanno avuto qualche problema di linguaggio o di comprensione, e che non sono assolutamente sterili, dato che si sono realizzate nel lavoro e nella famiglia. Possibili malati di Klineferter? Ora, senza voler togliere nulla alla donna di Napoli ed alla sua dolorosa scelta: basta questo?
L’aborto deve restare un caso di coscienza della donna o dei coniugi, su questo non ci piove. Ma non ritengo sia il caso di gridare all’indignazione e strapparsi le vesti se qualcuno prova a chiedere un limite, o quantomeno a porsi il problema.
Al di là delle indignazioni a comando dei sinistri, e della falsa moralità della Destra, il pregio che ha la lista di Ferrara è proprio questo: aver risvegliato coscienze, la mia in primis, un po’ troppo apatiche da questo punto di vista.
Mi sarebbe interessato ascoltare Ferrara: ho commesso il grave errore di non accettare l’invito che mi era stato fatto quando è venuto a Cagliari, ma avrei piacevolmente rimediato ascoltando qualche passaggio del suo discorso in televisione. I democratici hanno impedito a lui di fare il comizio, a me di ascoltarlo con le loro urla, i loro sputi, le loro cariche insensate ( salvo poi piagnucolare per qualche manganellata, con quella faccia da culo che solo i rossi hanno ) alla Polizia e agli autori del comizio. Ma ormai li conosciamo bene, loro con le bandiere della pace, le loro falci e martello, i loro faccioni del Che… sempre pronti a gridare al Fascismo ( purtroppo per noi inutilmente ), a stracciarsi la vesti, a difendere l’indifendibile. Tristemente, non fanno neanche più notizia.
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