domenica 9 dicembre 2007

Quando il bue dà del cornuto all'asino

“E’ una questione umanitaria. Se il presunto boss dovesse ritornare in Italia rientrerebbe nel regime di detenzione della legge italiana, che lo sottoporrebbe al regime di detenzione della legge 41 bis e quindi al pericolo di tortura e, conseguentemente, di morte. Questo violerebbe la convenzione ONU in materia dei diritti dei detenuti.” Queste sono le parole con le quali il giudice federale D. D. Sitgraves ha negato l’estradizione al boss della malavita italo-americana Rosario Gambino, inseguito da un mandato di cattura stilato a suo carico dalla Magistratura Italiana, l’addì 11 settembre appena passato.
La levata di scudi, da parte della politica italiana, è stata generale.
L’ex premier piduista Berlusconi sarà contento: in attesa dell’americanizzazione dell’Italia – che Berlusconi stesso, già qualche annetto fa, aveva dichiarato di voler accelerare nella sua azione di governo – l’America sale in cattedra e ci fornisce gratuitamente le lezioni su come lo Stato italiano debba tenere i suoi detenuti.
“E’ una sentenza francamente un po’ eclatante”, ha detto il ministro della Giustizia Clemente Mastella. In coda tutta la politica italiana che, trasversale ai due schieramenti, condanna non solo la mancata concessione dell’estradizione al mafioso italo-americano, ma forse e soprattutto la motivazione della sentenza.
Ora, che gli Stati Uniti si permettano di criticare le condizioni di trattamento dei detenuti di altri paesi sovrani ( ammesso, e non concesso, che l’Italia lo sia ancora ), suona francamente quasi come una presa in giro.
Parliamo di uno Stato, quello dell’America, che in spregio ai più elementari diritti umanitari detiene, senza processo, senza la possibilità di vedere i familiari, né di ricevere alcuna assistenza legale, migliaia e migliaia di detenuti in prigioni tristemente note come Guantanamo, Abu Ghraib, e tanti altri luoghi di detenzione che a queste ultime due non hanno certamente alcunché da invidiare, sul territorio americano, ma non solo. Si veda, a questo proposito, il “Dossier tortura” di Bruce Franklin, storico statunitense e docente all’Università di Rutgers, nel New Gersey, in cui si legge: “Si può dire che anche l’imprigionamento stesso, perfino quando relativamente benefico, è una forma di tortura. Nella nostra società è implicito utilizzare la prigione come la forma più rigorosamente legale di punizione e deterrenza (a eccezione della pena capitale). Inoltre, nella tipica prigione statunitense – progettata e diretta in modo da massimizzare degradazione, brutalità e castigo – la tortura esplicita è all’ordine del giorno. Percosse, shock elettrici, esposizione prolungata al calore, immersione nell’acqua bollente, atti di sodomia per mezzo di bastoni, manganelli, torce elettriche e ramazze, prigionieri incatenati costretti a giacere nei loro escrementi per ore o per giorni interi, periodi di isolamento che durano mesi, stupri e perfino omicidi – perpetrati dalle guardie carcerarie o, dietro loro istruzioni, da altri prigionieri. Tutto questo è routine, nel sistema carcerario Usa. L’uso del sesso e dell’umiliazione sessuale come tortura ad Abu Ghraib e nelle altre prigioni Usa in Iraq è endemico, nelle strutture detentive statunitensi. La tortura sessuale (psicologica e fisica) è aggravata dal fatto che ai prigionieri è negata qualunque possibilità di avere rapporti sessuali consenzienti: e le uniche due attività sessuali fisicamente praticabili - masturbazione e omosessualità - sono considerate spregevoli e meritevoli di punizione. Ogni giorno in molte prigioni vengono effettuate ispezioni corporali, invasive e spesso volutamente dolorose, che comprendono bocca, ano, testicoli e vagina, frequentemente accompagnate da violenze sessuali fisiche o verbali. Un rapporto del 1999 di Amnesty International ha dimostrato come, nelle carceri femminili, lo stupro delle detenute da parte delle guardie sia assai diffuso.Ogni anno, numerosi detenuti sono storpiati, mutilati e perfino uccisi dalle guardie carcerarie.1
Parliamo di uno Stato, quello dell’America, che solo negli ultimi anni ha perpetrato guerre di aggressione nei confronti dell’Iraq e dell’Afghanistan, portando uno scompiglio e uno sfacelo inimmaginabile in tutta l’area del Medio Oriente ( arrivando a toccare la cifra di 600.000 - diconsi seicentomila – vittime civili solo in Iraq).
Parliamo di uno Stato, quello dell’America, che pur di privilegiare i suoi sporchi interessi geostrategici non ha esitato ad allearsi con i peggiori criminali e assassini che la Storia ricordi ( ieri i kmer rossi, ancora prima l’URSS di Stalin, oggi Israele ).
Parliamo di uno Stato, quello dell’America, che non esita a spiare, controllare, seguire milioni di suoi cittadini, privati delle più normali libertà individuali e dei mezzi legali e giuridici per difendersi, in seguito all’emanazione del “Patriot Act”.
Parliamo di uno Stato, quello dell’America, all’interno del quale, con il nuovo regolamento della Transport Security Administration, i cittadini stranieri dovranno fornire alle autorità americane una autorizzazione preventiva nella quale siano specificati i dati anagrafici, la nazionalità, il numero di passaporto, sesso, i luoghi da visitare e quelli della loro permanenza all’interno del territorio americano, orientamenti gastronomici, dati bancari e metodo di pagamento usato dal viaggiatore.2
Che un simile Stato si permetta, mediante le bocche dei suoi giudici, di dare lezioni di umanità e di diritti umani, diventa quasi ironico e divertente, se non costituisse invece l’arrogante intromissione di uno Stato ( gli USA ) negli affari di un altro Stato ( l’Italia ), quest’ultimo peraltro assai più avanzato – come norme giuridiche e tutela della persona in genere – di tante altre nazioni che sono invece partners politici ed economici particolarmente vicine agli Stati Uniti.
Venendo alla spinosa questione del 41 bis, gioverà ricordare che quest’ultima norma è stata sottoposta alla prova di costituzionalità, alla prova ONU, fino ad essere portata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e le ha superate tutte. Quello che dice Sitgraves, dunque, è semplicemente una falsità che è fin troppo semplice smentire coi fatti.
Il 41 bis, inoltre – in un Paese, come quello italiano, in cui la mafia costituisce da secoli un problema gravissimo e pericoloso per lo Stato e per i suoi cittadini – diventava legge necessaria nel momento in cui ( si pensi a Totò Reina ) boss della malavita organizzata davano tranquillamente ordini dentro il carcere.
Ora, se fossimo governati da una classe politica responsabile e seria, tale classe politica arriverebbe logicamente alle conclusioni che qualunque mente libera e non viziata da pregiudizi arriverebbe facilmente a comprendere: che la politica di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti – cominciata già nel lontano 1945, mentre la luce della civiltà europea cadeva a Berlino, difesa dalla SS Charlemagne, o a Giulino di Mezzegra, fucilata al petto e poi esposta perversamente alla rabbia di una folla bavosa – semplicemente non paga più, e sta portando a fin troppe intromissioni nei panni che si lavano in famiglia.
L’unica cosa per la quale mi sento in dovere di rallegrarmi – seppur un minimo – è che il mondo politico si è trovato unito nelle parole del Ministro della Giustizia Mastella [ dà quasi fastidio scriverlo, ma tant’è… ]: “Per prima cosa il Parlamento italiano ha legittimato il 41 bis. Guai se ci fosse il carcere semplice e non duro. Ci troveremmo di fronte altro che agli anelli di congiunzione tra i vari boss”. Che poi lui sia stato il testimone di nozze di uno di loro, e che stia cercando in ogni modo di togliere un magistrato che indaga sui rapporti tra politica, mafia e massoneria, questo è un altro ( triste ) discorso.

Andrea Chessa – Coordinatore MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA’ Sardegna

1) Rimandiamo a: http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1802
2) Si legga: http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2317&parametro=esteri

3 commenti:

Anonimo ha detto...

secondo me sei tu ad essere sia asino che bue,in ogni caso un cornuto

Andrea Chessa ha detto...

Aspetto sempre che qualche mezza sega tra voi bastardi abbia il coraggio di firmarsi con nome, cognome e cellulare come fa il sottoscritto. Così vediamo quanto siete coraggiosi.

Andrea Chessa ha detto...

Aggiungo: e magari venire a dirmelo in faccia. Così ci divertiamo a vedere uno che con le corna incorna una mezzasega. Vigliacchi.