Partiamo da una
considerazione. Non è sicuramente bello quello che è accaduto al funerale di
Pino Rauti, con i militanti della destra che hanno contestato, molto duramente,
il “traditore” Gianfranco Fini. Ma, se il tutto era ampiamente prevedibile, chi
ha le colpe di ciò che è accaduto è Fini stesso, non certo coloro che hanno
sacrosantemente reagito alla sua ennesima stronzata. Questo ometto piccolo
piccolo è passato dal “Mussolini grande statista” al “Fascismo male assoluto”.
Intendiamoci: chiunque di noi è libero di cambiare idea, Gianfranco Fini
incluso. Del resto lui, e i voltagabbana come lui, si giustificano spesso
utilizzando il noto proverbio che sentenzia che “Solo gli idioti non cambiano
mai idea”. Ed è sicuramente vero. Ma è altrettanto vero che per mantenere con
coerenza le proprie idee bisogna avere un po’ di dignità e di coraggio, qualità
che Gianfinoglio ha dimostrato di non avere. Perché una cosa è cambiare idea,
un’altra passare, per logiche di bottega e di potere, dalla parte
diametralmente opposta. A Fini interessava entrare negli ambienti che contano. I
comizi dei saluti romani non gli bastavano più: aveva ormai capito da tempo che
con qualche abiura si frequentano le logge e le sinagoghe più interessanti; con
qualche sfregamento di ginocchia allo Yed Vashem persino Riccardo Pacifici si
commuove e ti stringe la mano. E lui non ha mancato di fare tutto questo. Non ha
solo cambiato idea: è diventato più antifascista degli antifascisti, un
antifascista così stupido e idiota che potrebbe tranquillamente gareggiare con
qualunque noglobal spaccavetrine, al solo scopo di farsi “perdonare” il suo
passato. E quando si arriva anche al punto che Bertinotti e D’Alema parlano
bene di te, allora qualche domanda bisogna pur porsela. Altro che cambiare idea…
Ma davvero Gianfranco Fini
pensava di presentarsi al funerale di Pino Rauti – uno che, contrariamente a
lui, ha avuto perlomeno la decenza di non rinnegare il suo passato – e non
venire riempito di fischi e di insulti? Davvero Gianfranco Fini pensava che
coloro che si ritengono, a torto o a ragione, appartenenti a quell’ideologia
che lui ha svenduto per una scorta e una casetta a Monte Carlo, quell’ideologia
che non ha mancato di insultare, di dileggiare, di rinnegare e di coprire di
fango e di menzogne, davvero pensava che sarebbero rimasti a guardare in
silenzio? Davvero Gianfranco Fini si illudeva che qualcuno non cogliesse l’occasione
per sputargli in faccia?
Ovviamente no. Questa è l’ennesima
mossa politica di un voltagabbana e di un arrivista che non ha perso nemmeno l’occasione
di un funerale per far parlare un po’ di se. L’ennesima dimostrazione della sua
pochezza umana, prima ancora che politica. Fini aveva previsto tutto. Il personaggio
è un arrivista, un voltagabbana, un omuncolo, ma non è affatto stupido. Anzi, è
molto intelligente. Sapeva benissimo che cosa stava andando a fare: una
provocazione bella e buona. Come Sharon passeggiò al Monte del Tempio, per
provocare crudelmente i musulmani e dare inizio alla seconda Intifada, così lui
avrebbe voluto passeggiare sul cadavere di Pino Rauti, per cogliere
essenzialmente due obiettivi. Il primo: far credere, a quegli idioti che ancora
lo seguono e si definiscono di destra, che lui non ha mai rotto definitivamente
con un certo mondo radicale e “nero”; il secondo: prendersi gli attestati di
solidarietà che adesso gli pioveranno addosso da tutte le parti, da Bersani a
Vendola passando per Di Pietro e Casini.
Ma, almeno stavolta, gli è
andata male. L’omuncoletto si è preso ciò che si è ampiamente meritato: una
valanga di insulti e di fischi, costretto a fuggire da una porticina
laterale della Chiesa e circondato dalle sue guardie del corpo, protetto da un
ombrello anti-sputi. Se questo è un uomo…
6 commenti:
Faccio una premessa: il rispetto per i morti dev'essere sacrosanto e nessuno deve recare oltragio ad un defunto, foss'anche il più acerrimo nemico. Farlo equivarrebbe a comportarsi come quei schifosi partigiani che oltraggiarono il corpo del duce e dei suoi gerarchi. Detto questo, fatemi dire due cose chiare: Fini non fu mai fascista, nemmeno quando c'era ancora il MSI-DN. E nemmeno Rauti lo fu veramente in quanto in tempi non sospetti disse a Brambilla che lo intervistò queste parole: "Avevo scelto di combattere nella RSI, sapendo che la guerra era perduta, per motivi più patriottici che ideologici." Quindi già allora non era veramente fascista.
Terminata la seconda guerra mondiale, prende il via la strategia statunitense del mantenimento dello status quo, in funzione antisovietica, per mantenere inalterati gli equilibri di Yalta. In questo contesto gli ex pseudofascisti alla Rauti partecipano alle trame del Sistema ed assumono un ruolo subalterno e subordinato che i vincitori, i detentori del potere, assegnano agli sconfitti che si mettono al loro servizio.
Rauti, già negli anni cinquanta, inizia a lavorare come giornalista del quotidiano "Il Tempo" di Roma, testata giornalistica che riceveva generose sovvenzioni statunitensi, per il quale, Rauti stesso andava a visionare i carri armati Leopard. Rauti, dunque tradì nel modo peggiore anche prima del Gianfrfrì nazionale.
Ciò che dici non è vero, ma solo parzialmente. La vita di Rauti è sicuramente costellata di ombre. Ma almeno era lì, in gioco, per quanto un gioco schifoso al servizio del Regime e dei suoi sgherri. Rauti visionava i Leopard, Fini le sinagoghe. Cosa è peggio?
Il tradito potrà anche essere un ingenuo....ma il traditore rimarrà sempre un INFAME! saluti camerata!
Infame e venduto.
Nobis.
Io non mento mai: la menzogna è estranea al mio essere. La "commedia" di Rauti inizia già durante I'esperienza della Repubblica Sociale Italiana; è lui stesso a confermare che mai fu fascista, ma come egli sottolinea nell'intervista rilasciata a Michele Brambilla:
"Avevo scelto di combattere nella RSI, sapendo che la guerra era perduta, per motivi più patriottici che ideologici". Da "lnterrogatorio alle destre", di Michele Brambilla, Ed. Rizzoli 1995;
)Chiaramo una cosa: non difendo Fini che considero un antifascista. Ma almeno Fini non ha mai dissimulato la sua fede atlantica. Anche quando faceva da eco a Le Pen, rimaneva sempre lontano dal fascismo che mai fu di estrema destra. Rauti, viceversa, ha fatto trapelare una visione anti-atlantica, anti americana, e anti sionista.
Però mai è arrivato alle vergognose abiure di Gianfinoglio per un posticino affianco a Pacifici.
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