lunedì 5 novembre 2012

Se questo è un uomo...



Partiamo da una considerazione. Non è sicuramente bello quello che è accaduto al funerale di Pino Rauti, con i militanti della destra che hanno contestato, molto duramente, il “traditore” Gianfranco Fini. Ma, se il tutto era ampiamente prevedibile, chi ha le colpe di ciò che è accaduto è Fini stesso, non certo coloro che hanno sacrosantemente reagito alla sua ennesima stronzata. Questo ometto piccolo piccolo è passato dal “Mussolini grande statista” al “Fascismo male assoluto”. Intendiamoci: chiunque di noi è libero di cambiare idea, Gianfranco Fini incluso. Del resto lui, e i voltagabbana come lui, si giustificano spesso utilizzando il noto proverbio che sentenzia che “Solo gli idioti non cambiano mai idea”. Ed è sicuramente vero. Ma è altrettanto vero che per mantenere con coerenza le proprie idee bisogna avere un po’ di dignità e di coraggio, qualità che Gianfinoglio ha dimostrato di non avere. Perché una cosa è cambiare idea, un’altra passare, per logiche di bottega e di potere, dalla parte diametralmente opposta. A Fini interessava entrare negli ambienti che contano. I comizi dei saluti romani non gli bastavano più: aveva ormai capito da tempo che con qualche abiura si frequentano le logge e le sinagoghe più interessanti; con qualche sfregamento di ginocchia allo Yed Vashem persino Riccardo Pacifici si commuove e ti stringe la mano. E lui non ha mancato di fare tutto questo. Non ha solo cambiato idea: è diventato più antifascista degli antifascisti, un antifascista così stupido e idiota che potrebbe tranquillamente gareggiare con qualunque noglobal spaccavetrine, al solo scopo di farsi “perdonare” il suo passato. E quando si arriva anche al punto che Bertinotti e D’Alema parlano bene di te, allora qualche domanda bisogna pur porsela. Altro che cambiare idea…

Ma davvero Gianfranco Fini pensava di presentarsi al funerale di Pino Rauti – uno che, contrariamente a lui, ha avuto perlomeno la decenza di non rinnegare il suo passato – e non venire riempito di fischi e di insulti? Davvero Gianfranco Fini pensava che coloro che si ritengono, a torto o a ragione, appartenenti a quell’ideologia che lui ha svenduto per una scorta e una casetta a Monte Carlo, quell’ideologia che non ha mancato di insultare, di dileggiare, di rinnegare e di coprire di fango e di menzogne, davvero pensava che sarebbero rimasti a guardare in silenzio? Davvero Gianfranco Fini si illudeva che qualcuno non cogliesse l’occasione per sputargli in faccia?

Ovviamente no. Questa è l’ennesima mossa politica di un voltagabbana e di un arrivista che non ha perso nemmeno l’occasione di un funerale per far parlare un po’ di se. L’ennesima dimostrazione della sua pochezza umana, prima ancora che politica. Fini aveva previsto tutto. Il personaggio è un arrivista, un voltagabbana, un omuncolo, ma non è affatto stupido. Anzi, è molto intelligente. Sapeva benissimo che cosa stava andando a fare: una provocazione bella e buona. Come Sharon passeggiò al Monte del Tempio, per provocare crudelmente i musulmani e dare inizio alla seconda Intifada, così lui avrebbe voluto passeggiare sul cadavere di Pino Rauti, per cogliere essenzialmente due obiettivi. Il primo: far credere, a quegli idioti che ancora lo seguono e si definiscono di destra, che lui non ha mai rotto definitivamente con un certo mondo radicale e “nero”; il secondo: prendersi gli attestati di solidarietà che adesso gli pioveranno addosso da tutte le parti, da Bersani a Vendola passando per Di Pietro e Casini. 

Ma, almeno stavolta, gli è andata male. L’omuncoletto si è preso ciò che si è ampiamente meritato: una valanga di insulti e di fischi, costretto a fuggire da una porticina laterale della Chiesa e circondato dalle sue guardie del corpo, protetto da un ombrello anti-sputi. Se questo è un uomo…

6 commenti:

Ben ha detto...

Faccio una premessa: il rispetto per i morti dev'essere sacrosanto e nessuno deve recare oltragio ad un defunto, foss'anche il più acerrimo nemico. Farlo equivarrebbe a comportarsi come quei schifosi partigiani che oltraggiarono il corpo del duce e dei suoi gerarchi. Detto questo, fatemi dire due cose chiare: Fini non fu mai fascista, nemmeno quando c'era ancora il MSI-DN. E nemmeno Rauti lo fu veramente in quanto in tempi non sospetti disse a Brambilla che lo intervistò queste parole: "Avevo scelto di combattere nella RSI, sapendo che la guerra era perduta, per motivi più patriottici che ideologici." Quindi già allora non era veramente fascista.
Terminata la seconda guerra mondiale, prende il via la strategia statunitense del mantenimento dello status quo, in funzione antisovietica, per mantenere inalterati gli equilibri di Yalta. In questo contesto gli ex pseudofascisti alla Rauti partecipano alle trame del Sistema ed assumono un ruolo subalterno e subordinato che i vincitori, i detentori del potere, assegnano agli sconfitti che si mettono al loro servizio.
Rauti, già negli anni cinquanta, inizia a lavorare come giornalista del quotidiano "Il Tempo" di Roma, testata giornalistica che riceveva generose sovvenzioni statunitensi, per il quale, Rauti stesso andava a visionare i carri armati Leopard. Rauti, dunque tradì nel modo peggiore anche prima del Gianfrfrì nazionale.

Andrea Chessa ha detto...

Ciò che dici non è vero, ma solo parzialmente. La vita di Rauti è sicuramente costellata di ombre. Ma almeno era lì, in gioco, per quanto un gioco schifoso al servizio del Regime e dei suoi sgherri. Rauti visionava i Leopard, Fini le sinagoghe. Cosa è peggio?

giovanni santarsiero ha detto...

Il tradito potrà anche essere un ingenuo....ma il traditore rimarrà sempre un INFAME! saluti camerata!

Andrea Chessa ha detto...

Infame e venduto.

Nobis.

Ben ha detto...

Io non mento mai: la menzogna è estranea al mio essere. La "commedia" di Rauti inizia già durante I'esperienza della Repubblica Sociale Italiana; è lui stesso a confermare che mai fu fascista, ma come egli sottolinea nell'intervista rilasciata a Michele Brambilla:
"Avevo scelto di combattere nella RSI, sapendo che la guerra era perduta, per motivi più patriottici che ideologici". Da "lnterrogatorio alle destre", di Michele Brambilla, Ed. Rizzoli 1995;
)Chiaramo una cosa: non difendo Fini che considero un antifascista. Ma almeno Fini non ha mai dissimulato la sua fede atlantica. Anche quando faceva da eco a Le Pen, rimaneva sempre lontano dal fascismo che mai fu di estrema destra. Rauti, viceversa, ha fatto trapelare una visione anti-atlantica, anti americana, e anti sionista.

Andrea Chessa ha detto...

Però mai è arrivato alle vergognose abiure di Gianfinoglio per un posticino affianco a Pacifici.