Pubblichiamo qui di seguito il discorso che l'Ambasciatore iraniano ha tenuto il 29 Settembre a Cagliari, nel corso del Convegno tenutosi a Cagliari, dal titolo "Al-Qadyia". Buona lettura.
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Nel nome di Dio
Gentili Signore e Signori,
Innanzitutto desidero ringraziare gli organizzatori di questo
Convegno e indirizzare il mio caloroso saluto a tutti Voi presenti;
un’analisi approfondita delle recenti evoluzioni regionali e
internazionali e la loro esatta comprensione costituisce l’unico modo
corretto per capire un mondo che negli ultimi due anni ha subito
profondi cambiamenti geopolitici e geostrategici, che determinano nuovi
equilibri politici internazionali, molti dei quali ancora in corso.
George Bush Sr. dopo il crollo dell’Unione Sovietica e alla vigilia
della prima Guerra del Golfo Persico propose la cosiddetta teoria del “
nuovo ordine mondiale” quale strategia nazionale americana nell’era
post guerra fredda. Il punto focale del discorso tenuto l’11 settembre
1990 dinnanzi al Congresso americano fu forse che “ il mondo è arrivato
alla conclusione che soltanto un ordine unipolare può garantire la pace e
la sicurezza globali”.
Dobbiamo sapere che la teoria del “ nuovo ordine mondiale” è stata
ideata dai politici per esprimere la necessità di un sistema fondato su
ideali politici e sociali dell’occidente. Per questo motivo la questione
merita un’attenzione particolare. L’ideologia del nuovo ordine
mondiale è nata prima della teoria del complotto e queste teorie si sono
sviluppate a causa della mancanza di trasparenza all’interno dei
governi e delle azioni ambigue dei potenti che le hanno
strumentalizzate. In realtà la teoria del “Nuovo Ordine” e dottrine
simili come quelle che fanno riferimento ad un “Ordine Internazionale” o
un “Governo mondiale” non sono complicate e non nascondono oscure trame
complottistiche. Il nuovo Ordine mondiale americano significa
semplicemente formare un ordine nuovo in tutto il mondo ispirato alle
nuove strutture politiche e finanziarie, un nuovo metodo per la gestione
e il controllo su scala globale.
Wudrow Willson il 28 esimo presidente americano, Henry Kissinger,
David Rockeffeler, Wiston Churcill, George Soros, Michael Gorbaciov sono
alcune delle personalità che nella storia hanno affrontato a livello
teorica la dottrina del “ nuovo ordine mondiale”, mentre il citato
George Bush Sr. ha segnato l’inizio della fase della realizzazione
pratica di questo concetto. Se è vero quindi che l’idea ha ormai quasi
un secolo di vita, è stata la Guerra del Golfo Persico a fornire
l’occasione storica per dare forma concreta al concetto. Questa teoria
rispondeva agli interessi americani e si poneva in contrasto con quelli
di molti paesi del mondo, tra cui anche alcuni paesi alleati di
Washington.
Prima del 2011 il mega sistema mondiale si reggeva su quattro
pilastri: economico, sociale, tecnologico e politico. Ognuno di essi era
contraddistinto da un insieme di valori e significati portanti che ne
costituivano l’intrinseca forza vitale. Ad esempio, il sistema politico
reggeva sul concetto della Democrazia, quello sociale su concetti come I
Diritti Umani e la libertà di espressione, l’economico su l’economia di
mercato e il tecnologico sull’interconnessione delle reti di
comunicazione globale. Attraverso queste dinamiche che hanno retto il
mondo fino all’11 settembre del 2001, le grandi potenze hanno esteso la
loro influenza sugli altri paesi.
L’11 settembre 2001 fu il momento in cui si è aggiunto un nuovo
pilastro ai quattro già esistenti: la Sicurezza. Se prima dell’11
settembre esisteva la convinzione che il processo di globalizzazione
fosse un processo a senso unico dal mondo sviluppato verso la parte del
mondo in via di sviluppo, dopo quell’evento, si è realizzato che la
globalizzazione a senso unico potrebbe avere effetti indesiderati. Per
evitare rotture nel processo di globalizzazione si è sentita la
necessità chiara di pervenire a una più razionale governance del sistema
globale. La realtà ha evidenziato però che nessuno dei protagonisti
della scena internazionale era in grado di assumersi questo ruolo. Gli
Stati Uniti d’America durante la presidenza di Bush jr. hanno cercato di
mantenere la leadership americana nel mondo attraverso il potere
militare specialmente in Medio Oriente e attraverso progetti quali “ il
Nuovo Medio Oriente”, “ Il Grande Medio Oriente” e “ la Guerra dei
Trentatre giorni in Libano”. Alla fine però gli Stati Uniti non sono
riusciti a imporre il loro ordine e le loro politiche unilaterali,
mentre d’altro canto si è assistito al trionfo di un altro modello
legato ad un Ordine Multilaterale, composto da un insieme di Paesi,
Culture e Tradizioni.
Gli eventi e le evoluzioni regionali e internazionali degli ultimi
due decenni, mostrano chiaramente che l’obiettivo finale di questi
progetti irrazionali, disumani e iniqui sono il Medio Oriente e la
Palestina.
La Palestina è una questione inerente la regione medio orientale, ma
le sue dimensioni e conseguenze hanno dimensioni mondiali e le politiche
di occupazione e usurpazione del regime sionista in questa terra negli
ultimi decenni ha portato ad una perenne instabilità e insicurezza.
I progetti di nuovo ordine mondiale, nuovo Medio Oriente o Grande
Medio Oriente invece di comprendere la radice del problema e trovare una
soluzione equa e radicale per questa crisi, hanno cercato in ogni modo
di appoggiare l’occupazione e legittimare il regime sionista nella
regione.
Le ripetute sconfitte dei progetti proposti negli ultimi 60 anni e il
fallimento degli sforzi impiegati per uscire da questa crisi, ha
provato la correttezza della posizione della Repubblica Islamica
dell’Iran, che da sempre ritiene che finché la comunità internazionale
non pone al centro dell’attenzione mondiale la necessità di garantire i
diritti fondamentali e primari di tutti i popoli oppressi e repressi tra
cui il popolo palestinese, non vi sarà nessuna reale prospettiva di
cambiare in modo risolutivo l’attuale situazione. A questo proposito la
R. I. dell’Iran ha proposto da tempo la soluzione più democratica,
garante di una pace durevole nella regione, ovvero la partecipazione di
tutti i Palestinesi, sia gli attuali abitanti della terra di palestina,
che coloro che furono allontanati verso altre regioni, indipendentemente
dall’appartenenza religiosa, ad un Referendum plebiscitario, che possa
godere nei suoi meccanismi anche concreti di un garante della sicurezza,
affinché si possa così addivenire ad una decisione condivisa riguardo
al futuro politico di questo Paese e della sua futura forma di governo.
Senza dubbio le grandi vittorie della Resistenza islamica nel Sud del
Libano da una parte e il fallimento dall’altra dei progetti dalle
finalità ambigue ci regalano una lezione illuminante da tramandare ai
posteri. Il popolo palestinese ha due modelli tra cui scegliere: da una
parte i cosiddetti progetti di Pace ripetutamente proposti negli ultimi
decenni, il cui unico risultato è stato deludere le legittime
aspirazioni palestinesi e un inutile prolungamento dello stato di crisi;
dall’altra la Resistenza esemplare del Sud del Libano con le vittorie
conquistate. Ora l’oppresso popolo palestinese potrebbe intraprendere la
strada di questo secondo esempio, consapevole che la Resistenza ha il
suo prezzo, ma che conduce più facilmente ad un risultato di sicuro
successo. Oggi ci troviamo nel punto in cui tutte le ipotesi proposte
sono fallite e la Resistenza in Libano, nonchè quella del Popolo
palestinese sta sfidando le tesi di alcuni paesi colonialisti su
democrazia, Libertà, Pace, Diritti umani e Giustizia. Oggi la Resistenza
libanese e nella Striscia di Gaza sono il palcoscenico dove si rivela
troppo spesso l’ipocrisia e la politica dei due pesi e due misure di
certe potenze occidentali.
Gentili presenti,
la vera comprensione delle radici della Resistenza potrebbe metterci a
disposizone una serie di opzioni realistiche e nuove prospettive per
giungere a nuove soluzioni. La cultura della Resistenza nasce dalla
coscienza vigile di persone con una visione indipendente del mondo che
in base alla propria identità e cultura intraprendono la strada della
lotta all’aggressione. Le radici della Resistenza risiedono nella natura
dell’Uomo, nella sua ideologia, nella ragione e nei valori e principi
umani; pertanto la resistenza da sempre è stato un elemento importante
di molte scuole di pensiero religioso e laico. La Resistenza è di per sè
nobile, necessaria in quanto garante della nostra umanità e della
nostra etica. Nasce dal bisogno intrinseco dell’Uomo ad autodeterminarsi
ed è un concetto condiviso da tutti tranne che dai poteri arroganti.
Il diritto dei popoli all’indipendenza e all’autodeterminazione è
riconosciuto in molti documenti internazionali. Il paragrafo II
dell’Art. 1 dello Statuto delle Nazioni Unite e l’Art.1 del “Misagh e
beinulmellali huquq e madani va siasi“ si riferiscono chiaramente a
questi concetti. Se l’obiettivo principale della Resistenza è
l’autodeterminazione allora i movimenti di liberazione nazionale e di
resistenza sono protetti dalle leggi internazionali. Queste si
riferiscono chiaramente al diritto dei popoli all’autodeterminazione
nella loro lotta contro il colonialismo, l’occupazione e il razzismo dei
regimi usurpatori. In base quindi a questi nobili principi umani e
giuridici oggi la Resistenza è divenuta un pensiero caro per tutti i
popoli del mondo e nessuno può pensare di opporsi ad essa.
La Repubblica islamica dell’Iran credendo completamente in questi
valori divini e umani sin dall’inizio della Rivoluzione a oggi ha posto
come sua priorità la difesa degli oppressi e dei deboli e la lotta
contro le arroganze, come ribadito anche nella Carta costituzionale
iraniana. Il Governo e la nazione iraniani considerano il sostegno agli
ideali della resistenza del Libano e della Palestina parte dei suoi
principi morali e responsabilità. La questione della Resistenza
trascende le politiche e le strategie contingenti proprio perchè affonda
le sue radici nel nostro credo religioso e nei nostri ideali. La R. I.
dell’Iran negli ultimi trenta anni si è opposta alle soluzioni
imparziali e inique ed ha scelto la linea del sostegno ai popoli
oppressi, come quello palestinese e libanese; mai vi è stato cedimento
alcuno in questa posizione.
Oggi la Resistenza islamica nella regione si trova in una situazione
critica e a un passaggio importante. L’ esito delle rivoluzioni popolari
nella regione è l’aumento dell’intensità del grado di resistenza nel
mondo islamico e quindi pare sia ora il momento di dargli maggiore voce,
certi che continuando a resistere, assisteremo al ritorno in seno al
mondo islamico dei territori occupati di Palestina e del sud Libano,
oltre che alla liberazione di altre terre islamiche dalla presenza
straniera. I sostenitori internazionali del regime sionista cercano di
marginalizzare la questione palestinese e il concetto di resistenza
ingigantendo altre questioni meno importanti, mentre per la Umma
islamica la questione della causa Palestinese e del nobile Qods, nonché
l’affermazione dei diritti dei palestinesi, resteranno sempre di
importanza fondamentale. A mio avviso la resistenza oggi più che mai
trae ispirazione dalla fede e dalla volontà e procederà nella certezza
della vittoria promessa.
Ufficio dell’Europarlamento
Sala delle Bandiere - Via IV Novembre, 149
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