Il camerata Marco mi scrive per chiedermi che cosa ne pensi dell'ultimo libro di Lo Monaco , di cui ha casualmente visto la presentazione in una trasmissione televisiva. La risposta può forse interessare anche altri lettori.
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Caro Marco,
che dirti?
Il libro di Lo Monaco si inscrive alla perfezione in quel filone di romanzi d’avventura ambientati durante la seconda guerra mondiale e che quindi, già di per se, hanno un successo anticipato.
La vicenda del romanzo, in particolare, è ambientata in Africa, tra le retrovie di El Alamein. Lo Monaco si immagina un piano di sterminio che, anche mentre si combatteva Montgomery, veniva scrupolosamente attuato. “E’ una storia rimasta segreta per oltre sessant’anni”, dice la recensione. Sembra vera, se è rimasta comunque segreta, ma nonostante tutto nessuno ci dice da quali archivi sia stata estrapolata. Ti immagini se fosse veramente vero che un gruppo di SS si infiltra silenziosamente tra le linee nemiche per sterminare gli ebrei? Già la storia di per se non può non essere una balla clamorosa: come avrebbero fatto queste SS, in netta inferiorità numerica, costrette a nascondersi continuamente dal nemico inglese, a progettare un piano di sterminio? Si avvicinavano di soppiatto ai nemici, in silenzio per eliminarli uno ad uno? Dovevano avere molta pazienza, queste SS… il compito si annunciava lunghetto. Ma anche se fosse: ti immagini, se veramente si scoprisse una cosa del genere, quanto ci ricamerebbe sopra la propaganda olocaustica? Ma il popolino si beve di tutto: se è disposto a bersi l’invenzione olocaustica senza battere ciglio, senza neanche avere minimamente la voglia di informarsi e di capire la clamorosa menzogna che è stata escogitata ai suoi danni, a maggior ragione si può bere tranquillamente l’ennesima balla sui cattivoni nazisti. Tanto a sparare sui nazisti non si sbaglia, anche quando si scrivono balle inventate di sana pianta.
Ma c’è di più. L’operazione di disinformazione della recensione – figuriamoci del libro – è ancora più grossolana, ma nonostante tutto sarà coronata dal successo. È un romanzo che serve per capire la questione israelo-palestinese e le vicende che hanno portato alla nascita ed alla formazione dello Stato di Israele, dicono. L’opera di revisionismo – quando il revisionismo lo fanno loro, senza peraltro fornire la benché minima prova delle loro invenzioni, è sempre permesso – parte già dall’utilizzo dei termini: “Io ho concentrato l'attenzione narrativa sulle retrovie, sulle spaccature all'interno della compagine ebraica dove già allora si confrontavano politiche diverse sul futuro, sul rapporto conflittuale di Rommel con le SS, sul ruolo degli inglesi nemici e alleati al tempo stesso degli ebrei palestinesi”. Rileggi bene la frase. Ebrei palestinesi? Non ho mai sentito questi due termini affiancati tra di loro. Semmai ho sentito parlare di ebrei di Palestina, ma mai di ebrei palestinesi. L’intento, dall’impressione che ho, sembra quello di voler quasi “ingoiare” il significato di palestinesi dentro quello di ebrei. Quasi come se il termine “palestinese” sia destinato a perdere di importanza a favore di quello, più ampio, di “ebrei”. Cioè: i palestinesi come entità politica, economica e culturale non esistono. Esistono invece gli ebrei palestinesi, gli ebrei di Palestina, ma mai i palestinesi in se e per se. Anche l’utilizzo della terminologia è subdolo, volto a veicolare significati impliciti, quasi subliminali, e nascosti.
E così un romanzo che, per chi lo voglia vedere, è basato su delle balle clamorose, diventa una storia personale calata all’interno di un episodio specifico della seconda guerra mondiale, la guerra tra le truppe di Rommel e quelle di Montgomery in Africa.
Non sarà né il primo né l’ultimo. E questo personaggio, intanto, si riempirà le tasche di soldi alla faccia nostra.
Buon pro gli faccia.
Il libro di Lo Monaco si inscrive alla perfezione in quel filone di romanzi d’avventura ambientati durante la seconda guerra mondiale e che quindi, già di per se, hanno un successo anticipato.
La vicenda del romanzo, in particolare, è ambientata in Africa, tra le retrovie di El Alamein. Lo Monaco si immagina un piano di sterminio che, anche mentre si combatteva Montgomery, veniva scrupolosamente attuato. “E’ una storia rimasta segreta per oltre sessant’anni”, dice la recensione. Sembra vera, se è rimasta comunque segreta, ma nonostante tutto nessuno ci dice da quali archivi sia stata estrapolata. Ti immagini se fosse veramente vero che un gruppo di SS si infiltra silenziosamente tra le linee nemiche per sterminare gli ebrei? Già la storia di per se non può non essere una balla clamorosa: come avrebbero fatto queste SS, in netta inferiorità numerica, costrette a nascondersi continuamente dal nemico inglese, a progettare un piano di sterminio? Si avvicinavano di soppiatto ai nemici, in silenzio per eliminarli uno ad uno? Dovevano avere molta pazienza, queste SS… il compito si annunciava lunghetto. Ma anche se fosse: ti immagini, se veramente si scoprisse una cosa del genere, quanto ci ricamerebbe sopra la propaganda olocaustica? Ma il popolino si beve di tutto: se è disposto a bersi l’invenzione olocaustica senza battere ciglio, senza neanche avere minimamente la voglia di informarsi e di capire la clamorosa menzogna che è stata escogitata ai suoi danni, a maggior ragione si può bere tranquillamente l’ennesima balla sui cattivoni nazisti. Tanto a sparare sui nazisti non si sbaglia, anche quando si scrivono balle inventate di sana pianta.
Ma c’è di più. L’operazione di disinformazione della recensione – figuriamoci del libro – è ancora più grossolana, ma nonostante tutto sarà coronata dal successo. È un romanzo che serve per capire la questione israelo-palestinese e le vicende che hanno portato alla nascita ed alla formazione dello Stato di Israele, dicono. L’opera di revisionismo – quando il revisionismo lo fanno loro, senza peraltro fornire la benché minima prova delle loro invenzioni, è sempre permesso – parte già dall’utilizzo dei termini: “Io ho concentrato l'attenzione narrativa sulle retrovie, sulle spaccature all'interno della compagine ebraica dove già allora si confrontavano politiche diverse sul futuro, sul rapporto conflittuale di Rommel con le SS, sul ruolo degli inglesi nemici e alleati al tempo stesso degli ebrei palestinesi”. Rileggi bene la frase. Ebrei palestinesi? Non ho mai sentito questi due termini affiancati tra di loro. Semmai ho sentito parlare di ebrei di Palestina, ma mai di ebrei palestinesi. L’intento, dall’impressione che ho, sembra quello di voler quasi “ingoiare” il significato di palestinesi dentro quello di ebrei. Quasi come se il termine “palestinese” sia destinato a perdere di importanza a favore di quello, più ampio, di “ebrei”. Cioè: i palestinesi come entità politica, economica e culturale non esistono. Esistono invece gli ebrei palestinesi, gli ebrei di Palestina, ma mai i palestinesi in se e per se. Anche l’utilizzo della terminologia è subdolo, volto a veicolare significati impliciti, quasi subliminali, e nascosti.
E così un romanzo che, per chi lo voglia vedere, è basato su delle balle clamorose, diventa una storia personale calata all’interno di un episodio specifico della seconda guerra mondiale, la guerra tra le truppe di Rommel e quelle di Montgomery in Africa.
Non sarà né il primo né l’ultimo. E questo personaggio, intanto, si riempirà le tasche di soldi alla faccia nostra.
Buon pro gli faccia.
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