venerdì 25 gennaio 2008

E adesso vogliono tappare la bocca a internet

Il 12 ottobre 2007, mentre andava in scena la sceneggiata del Partito Democratico ( le cui elezioni primarie per l’elezione del Segretario erano già ampiamente decise ancor prima delle votazioni ), il Governo Prodi varava il nuovo decreto legislativo sull’editoria. L’obiettivo è palese: ridurre al silenzio una realtà, quella di internet, che negli ultimi tempi comincia a diventare una importante fonte di controinformazione e di mobilitazione di massa ( come il V-Day di Grillo ha ampiamente dimostrato ). Ed è stato proprio il sito del comico genovese che, assieme a Valentino Spataro di Civile.it, ha lanciato l’allarme e la mobilitazione del popolo di internet.
Basta leggere il dlgs sull’editoria, o anche il ddl Levi [... ], che ci si rende conto molto semplicemente dei soggetti di internet che si vuole andare a colpire: siti di informazione ( ma meglio sarebbe dire di controinformazione, spesso professionale e documentata al pari di tante acclamate testate italiane, e non: si pensi a Effediffe.com di Maurizio Blondet; o Comedonchisciotte.org; o ItaliaSociale.org; o ancora Uruknet, grazie al quale siamo a conoscenza delle stragi e delle atrocità che compie giornalmente l’occupante americano ai danni della popolazione irachena, e via dicendo ), siti internet o più semplicemente blog, vale a dire quei siti – spesso gestiti e curati da una singola persona o comunque da pochi collaboratori – che fungono da diari e da contenitore di pensieri in libertà sulle proprie vicende personali, sull’arte, sulla politica, sulla musica…
Ma andiamo a vedere nel dettaglio di che cosa si occupa questa decreto.
Il testo precisa, all’inizio ( e più precisamente all’articolo 2 ), come vengono definiti i soggetti editoriali che sono i diretti interessati a questo provvedimento:

"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).

Informazione dunque, ma anche divulgazione, prodotti destinati alla pubblicazione o addirittura intrattenimento! Continuiamo a leggere:

"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico." [ … ] “La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.” ( articolo 2, comma 3 ).

Quindi non costituiscono prodotti editoriali quelli a carattere economico o commerciale ( purchè non si parli di politica o informazione, pare di capire ). Più avanti si precisa ancora:

"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative".

Quindi l’ “attività editoriale” può realizzarsi anche in una pubblicazione, un testo, un giornale o un sito internet che non ha fine di lucro. Rientrano quindi in questa accezione anche siti di controinformazione o anche propri siti personali, in cui magari si vogliono esprimere – e condividere anche con altri utenti della rete internet – propri pensieri in libertà senza cercare di ricavare per questo alcun tornaconto economico.
All’articolo 6 è precisato cosa dovranno fare tutti questi soggetti interessati:

“Ai fini della tutela della trasparenza, della concorrenza e del pluralismo nel settore editoriale, tutti i soggetti che esercitano l’attività editoriale sono tenuti all’iscrizione nel Registro degli Operatori di Comunicazione, di cui all’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5, della legge 31 luglio 1997 n. 249. Sono esclusi dall’obbligo della registrazione i soggetti che operano come punti finali di vendita dei prodotti editoriali.” ( articolo 6, comma 1 ).

In sintesi chiunque apra un blog o un sito internet non esplicitamente diretto alla propria o altrui attività industriale e/o commerciale, o più generalmente alla vendita o realizzazione di prodotti e/o servizi, dovrà iscriversi al R.O.C. presentando la seguente documentazione: domanda di iscrizione, dati anagrafici, oggetto sociale, organi amministrativi, rappresentanza legale, emittenti gestite, testate giornalistiche delle emittenti, rapporti di concessione, contratti con imprese radiotelevisive, testate edite, accordi parasociali, servizi telematici e/o di telecomunicazioni, documentazione antimafia, collegamenti e/o eventuale possesso di agenzie di stampa, trasferimento di azioni o quote. Vi basta? Ci vuole poco per capire che l’attività dinamica di internet, e che di questo costituisce proprio l’essenza ( cioè, in altri termini, la facilità con cui chiunque può aprire un proprio sito ), viene così bloccata.
Continuando, all’articolo 7 si leggono le motivazioni che hanno spinto il governo a varare questo provvedimento:

“1. L’iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale su internet rileva anche ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.
2. Per le attività editoriali svolte su internet dai soggetti pubblici si considera responsabile colui che ha il compito di autorizzare la pubblicazione delle informazioni.”


In sintesi l’articolo precisa che la diffamazione su internet va equiparata alla diffamazione compiuta su giornali cartacei.
Questo è sicuramente una nota positiva, e nessuno meglio di noi del MFL sa con quanta semplicità diventa facile aprire un sito interamente dedicato interamente alla diffamazione [ come le recenti vicende che ci hanno nostro malgrado visti protagonisti dimostrano ampiamente ]. [..l]
Comunque nota positiva, dicevo. Peccato che le leggi che tutelano le vittime di diffamazione o minacce a mezzo internet ci siano e costituiscano, nonostante il campo rimanga ancora molto da esplorare, buon terreno per la tutela del soggetto diffamato. Evito di addentrarmi in questa questione, certamente lunga, e rimando ad uno dei siti che trattano questa tematica in modo esaustivo, chiaro e convincente ( punto 10 delle fonti ).
Uno sforzo inutile quindi quello del Governo, dato che le interpretazioni giurisprudenziali in questo senso ci sono già, e che pertanto mira non solo ad un incremento economico ( si pensi se tutti coloro che hanno un sito o un blog personale dovessero registrarsi al R.O.C. ), ma anche al controllo totale e completo della rete: l’unico strumento che il regime non riesce ancora a controllare a dovere. Ho già fatto l’esempio più semplice, il blog di Beppe Grillo, insieme a qualche altro sito che svolge una attività di controinformazione certamente faziosa o interessata ( dall’una come dall’altra parte ), ma comunque spesso e volentieri professionale e ben documentata.
La crescita di internet è pertanto direttamente proporzionale all’insofferenza popolare nei confronti di una classe dirigente che è ( giustamente ) vista come corrotta, asservita a pericolosi quanto oscuri e sinistri gruppi di potere ( la lobby sionista o massonica, dico io, che spesso e volentieri si incontrano ) e non legittimata moralmente ed eticamente a governare. C’è da augurarsi, pertanto, che questo disegno di legge non passi in alcun modo, come già da più parti si sussurra.
Una domanda rimane a chi scrive: se una cosa del genere l’avesse fatta il precedente governo Berlusconi cosa sarebbe successo? Una Rivoluzione! Già mi immagino i black-block con l’annessa teppaglia noglobal ( che poi è la più global che c’è ) mettere a ferro e fuoco intere città con la complicità mal nascosta di certi settori parlamentari ( i degni eredi di coloro che negli anni Settanta, e molti ancora oggi, spaccavano le teste di ragazzi come Sergio Ramelli o davano fuoco alle abitazioni degli avversari politici, come i fratelli Mattei ); politici di sinistra legati ai banchi gridando al ritorno del regime Fascista ( mai che lorsignori gridino al regime comunista, che diversamente dal Regime Fascista ha messo a morte milioni di persone ); cortei di girotondini e bertinottiani imbrattare le città d’Italia, e così via.
Così non è: prepariamoci comunque a quella che non a torto viene chiamata “internet tax”.
Prepariamoci allo stato di polizia.
22/10/2007
Andrea Chessa – Coordinatore MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA’ – Regione Sardegna

FONTI:
1)www.comedonchisciotte.org
2)www.effedieffe.com
3)Il Giornale ( vari numeri )
4)La Repubblica ( vari numeri )
5)Il Giornale di Sardegna ( numero del 22 ottobre 2007 )
6)PuntoInformatico.it
7)http://www.agcom.it/operatori/ROC/modelli_anag.htm
8)http://www.civile.it/news/visual.php?num=45712
9)http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=36760 ( comunicato stampa )
10)http://www.governo.it/Presidenza/DIE/doc/DDL_editoria_030807.pdf ( testo della legge sull’editoria )
11) http://www.filodiritto.com/diritto/penale/diffamazionneonlinerovere.htm#4

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il fatto che il polverone sollevato da questa vicenda si sia ampiamente posato ormai da parecchi mesi, ti fa pensare al fatto che forse è ora di informarsi prima di scrivere?

Andrea Chessa ha detto...

Gentile lettore, e lei prima di entrare in un sito e buttarla lì perchè non legge meglio? Nella zona di destra c'è un apposito testo che avvisa proprio i lettori di questo fatto, cioè che è possibile ( come infatti è accaduto ) che i testi che vengano pubblicati qui siano un pò datati, proprio perchè prima di essere pubblicati qui prima hanno la precedenza su altre pubblicazioni.
Non per niente sul testo c'è la data, e anzi, se va a leggere meglio, troverà che la stragrande maggioranza dei testi miei qui dentro sono posteriori di molto agli avvenimenti cui si riferiscono.
Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato.