Le intercettazioni delle conversazioni
telefoniche tra Luca Palamara – ex Presidente del Consiglio Superiore della
Magistratura – sotto processo per corruzione, ed alcuni magistrati aprono un
vero e proprio vaso di Pandora sulla Magistratura Italiana e ci confermano
quello che avevamo capito da tempo: che l’inchiesta contro Matteo Salvini per
il fermo della nave Gregoretti altro non è che una inchiesta politica, grazie
alla quale la sinistra, oramai perdente su tutto il territorio nazionale, cerca
di mettere a tacere gli avversari politici. E lo fa, come sua consuetudine da
almeno vent’anni, tramite il suo braccio armato più spietato e più efficiente:
la Magistratura.
“Salvini va attaccato
anche se ha ragione, perché è una merda”. Ecco, scovate dal giornale La Verità,
cosa diceva Palamara dell’ex Ministro dell’Interno, in una chat privata con
Luca Auriemma, ex Capo della Procura di Viterbo, che, dal canto suo, rispondeva
così: “Mi dispiace, ma non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente
si cerca di entrare in Italia e il Ministro interviene affinché questo non
avvenga.” “Hai ragione – gli risponde Palamara - ma adesso bisogna attaccarlo”.
Auriemma, però, non si scompone: “[Salvini viene] indagato per non aver
permesso l’ingresso in Italia a soggetti invasori. Dai, siamo indifendibili. Indifendibili”. Se lo dicono loro...
Infatti, in quei giorni in
cui Matteo Salvini era sotto attacco della Magistratura, bisognava essere in
malafede oppure degli imbecilli (ancora meglio: entrambe le cose) per non
vedere che la questione era quasi solo ed esclusivamente politica: non a caso l’unico
a volere l’ex Ministro dell’Interno alla sbarra era il Partito Democratico, e
le frange più estremiste di una sinistra ormai minoritaria in Italia.
A sinistra, ovviamente, si
ficca la testa sotto la sabbia. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: la
malafede di questi indegni personaggi, che da decenni complottano per
disintegrare la Nazione economicamente, socialmente, etnicamente (con “iniezioni”
forzate di centinaia di migliaia di “invasori”, come li ha definiti lo stesso
Auriemma), se prima era palese ora è scritta nero su bianco. Lì, tra le conversazioni
non di due imbecilli qualunque, ma di Palamara ed Auriemma, coloro che, all’epoca,
erano rispettivamente il Presidente del CSM e il Capo della Procura di Viterbo.
Pezzi grossi della
Magistratura, grossissimi, che concordavano sulla necessità di attaccare
politicamente Salvini e di metterlo a tacere con l’unica arma rimasta ad una
sinistra oramai minoritaria, morente ed impopolare: le toghe rosse, sempre
pronte ad abbattere gli avversari politici a botte di inchieste giudiziarie, da
Bettino Craxi in poi.
Che la sinistra ed il suo
braccio armato, la Magistratura, cerchino di disintegrare l’avversario politico
tramite inchieste pilotate, purtroppo, non ci stupisce: è da Tangentopoli in
poi che assistiamo a questo teatrino. Quello che davvero scandalizza, almeno
agli occhi di chi scrive, è che questi lugubri figuri siano addirittura peggio
di come ce li siamo sempre immaginati: nient’altro che una accozzaglia di
corrotti, che al telefono parlano e scrivono tra loro con un linguaggio
tipicamente mafioso, con l’unico scopo di spartirsi denaro, potere, e di
mettere a tacere colui che, ieri come oggi, è l’avversario politico numero uno,
colpevole solo di essere popolare nei sondaggi e di aver fermato il mercato di
carne umana gentilmente apparecchiato dalla sinistra ad ONG e scafisti.
Questi sono quelli che ci
giudicano, sempre e rigorosamente “In nome del popolo Italiano”. Aveva ragione
da vendere Giulio Andreotti: questo motto campeggia nelle aule di tutti i
tribunali italiani, rigorosamente alle spalle dei giudici, che così non lo
possono vedere.
Salvini scrive a
Mattarella, capo della Magistratura, chiedendogli imparzialità nel processo che
lo vedrà imputato per sequestro di persona e in cui rischia fino a
15 anni di carcere. Atto politicamente dovuto, quello del capo della Lega, ma
assolutamente inutile. Mattarella emetterà forse qualche borbottio, ma non
oserà disturbare il can che dorme: troppo pericolose e troppo utili le toghe,
per pensare di rivoltare il CSM come un calzino.
Molto probabilmente si cambieranno
i vertici, augurandosi che i prossimi criminali non siano così coglioni da
farsi intercettare sulle chat Whatsapp.
Aspettiamo il processo a
Salvini. Una sua eventuale (e probabile) condanna sarebbe un chiaro atto di
guerra, una brutale dimostrazione di potenza col quale cercheranno di
intimorire gli avversari politici e di consolidare il proprio potere; una sua
assoluzione, invece, sarebbe il semplice tentativo di cercare di riaccreditarsi
presso l’opinione pubblica come una istituzione super-partes, che agisce nell’esclusivo
interesse del cittadino e dello Stato, per poter dire: “Vedete? Comunque la
Magistratura è obiettiva ed integerrima! Salvini è stato assolto!” Dopo un
processo farsa, che non sarebbe dovuto nemmeno cominciare, aggiungiamo noi.
Nessun commento:
Posta un commento