Non avrei potuto esordire con un titolo migliore per esprimere velocemente quello che penso sulla vicenda Wikipedia e sulla norma che è stata definita dalla solita disinformazione – questa volta di sinistra – “ammazzablog”.
Come molti di voi sapranno Wikipedia, l’enciclopedia pubblica più famosa del web e forse del mondo, ha annunciato di voler chiudere la versione italiana del portale internet per protestare contro la norma “ammazzablog” che il governo ha appena varato. Sia ben chiaro: siamo contrari a qualunque forma di censura e siamo stati i primi, già diversi anni orsono, a denunciare le macchinazioni della destra e della sinistra nazionale per mettere a tacere i blog e i siti politicamente scorretti, cioè quei siti che coraggiosamente affrontavano tutta una serie di questioni secretate dall’informazione ufficiale: 11 settembre, signoraggio bancario, revisionismo olocaustico, negazionismo storico e controinformazione in generale. Ma quello per cui si battono i sinistri e gli ipocriti difensori della libertà di informazione (quelli che chiedono diritti umani e democrazia ma solo ed esclusivcamente per chi la pensa come loro) è, in particolare, un emendamento del Governo che stabilisce che i blog, i siti internet di informazione e le testate giornalistiche più in generale devono avere l’obbligo di rettifica entro due giorni: cioè devono permettere entro due giorni la possibilità di rispondere, da parte di chi venga tirato in ballo da un determinato articolo o da un commento del sito stesso (come politici, giornalisti, attori o semplici cittadini), ospitando la risposta stessa sul loro blog. Pena: una salatissima multa e, nei casi più gravi, anche l’oscuramento delle pagine web incriminate o addirittura la chiusura del sito/blog. Ecco il testo del ddl: "Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono". L’opposizione dei comunisti, secondo i quali la norma lederebbe i diritti democratici, tanto per cambiare fa semplicemente ridere. E se qualcuno va al mare per due giorni ed essendo senza internet si trova impossibilitato a controllare il proprio blog? Deve pagare dodicimila euro di multa? Rispondo: si! A parte il fatto che il blog è uno strumento che, per sua stessa natura, predilige una veloce interattività tra i vari utenti/lettori; a parte il fatto che oramai, con tutti i decerebrati in possesso di smartphone e dispositivi portatili senzafili, è molto difficile non riuscire a collegarsi in qualche modo alla rete internet per controllare la propria casella di posta elettronica o il proprio sito: perché dovrei sopportare un commento diffamatorio ai miei danni solo per permettere a chicchessia di starsene al mare? Non si aprano blog o siti internet, se pretendono poi di gestirli a tempo perso!
Innanzitutto la libertà di dire ciò che si pensa non deve essere scambiata, come troppo spesso accade nei siti internet di improvvisati scrittori, insultatori e diffamatori di professione (specie i comunisti, che naturalmente si sentono particolarmente penalizzati da questo disegno di legge), con la libertà di insultare chiunque dietro anonimato. Non per niente è proprio nei primissimi passi di creazione di un blog che qualunque gestore obbliga l’utente internet a registrarsi con un nome e un cognome reale e non fittizio, ed è lo stesso gestore a spiegare molto chiaramente che, se le informazioni inserite dall’utente non corrispondono a verità, è prevista la chiusura immediata dello spazio web. Perchè un giornale ha l’obbligo di avere un direttore responsabile, un comitato di redazione e dei professionisti sottoposti al controllo dell’Ordine dei Giornalisti, mentre il primo idiota che si apre un blog su internet dovrebbe avere la possibilità di insultare e diffamare chiunque non gli vada a genio? Inoltre qualunque persona dotata di un minimo di cervello capisce molto chiaramente che, se vengo diffamato o insultato in un articolo, ho tutto il diritto di rispondere per le rime. A chi non è mai capitato di inserire determinati commenti in un blog o in un sito e vederseli cancellare dall’amministratore di turno, che pubblica solo quelli che più gli piacciono? Non so voi, ma a noi è capitato tante volte. Ma, si dirà, così chiunque si senta toccato da un articolo può mandare una mail e richiederne la cancellazione o rispondere all’articolo stesso, pena il pagamento di una multa da docimila euro: così ogni articolo pubblicato su internet diverrebbe potenzialmente censurabile. Balle. A parte il fatto che il tetto di dodicimila euro è solo per i casi più gravi, è sempre e comunque l’Autorità Giudiziaria che da’ il via all’oscuramento del blog, dopo aver fatto gli opportuni accertamenti. Si presume.
Sono convinto che se una norma del genere fosse esistita prima, un signore qualunque come Ulderico Pesce ci avrebbe pensato due volte prima di esporre nel suo sito insulti e diffamazioni ai nostri danni, il tutto condito dai democraticissimi commenti degli utenti, che proponevano per noi cattivissimi di Fascismo e Libertà l’omocidio di massa, la tortura, l’assassinio mirato e qualunque altro genere di nefandezza che il vigliacco Pesce ha cancellato solo dopo il suo sacrosanto rinvio a giudizio. E con lui tutti coloro che, nascondendosi dietro l’anonimato si sentono protetti e spavaldi nell’insultare e nel diffamare chicchessia.
Ma torniamo a ciò che scrivevo all’inizio, cioè la notizia che Wikipedia, per protestare contro questa norma altamente antidemocratica, ha deciso di chiudere il suo portale in italiano. Rispondiamo: era ora! Non c’è meccanismo più perverso e più antidemocratico, infatti, di quello che viene usato per gestire questa “presunta” enciclopedia che viene definita “libera”. Il funzionamento, come molti sapranno, è semplice: al riguardo di una determinata voce (sia essa una località, un oggetto, un cantante, un personaggio politico, un frutto etc.) qualunque utente può, senza nemmeno registrarsi, dare il suo contributo per la definizione di quella voce stessa. È facilmente comprensibile che quindi, in base ai gusti o alle preferenze di ciascuno, possa essere scritto tutto e il contrario di tutto, senza che nessuno sia chiamato a risponderne, con buona pace della verità e del principio di uguaglianza. Basti un esempio: la voce "Carlo Gariglio" voluta da molti utenti internet, simpatizzanti di Fascismo e Libertà e non, è stata oggetto di insulti e diffamazioni ben visibili da parte di qualunque utente che accedesse alla pagina – poi faticosamente cancellate – senza che nessuno fosse chiamato a renderne conto. Quando si è proceduto ad un sondaggio tra i lettori per decidere se fosse il caso di mantenere o meno quella voce, è stato deciso di mantenerla ma poi gli amministratori sono intervenuti, eliminandola unilateralmente. Ovviamente molte altre voci dedicate a personaggi meno pericolosi per il regime sono state mantenute senza che nessuno obbiettasse una mancanza di "enciclopedicità" (si veda il Segretario Nazionale del Nuovo Ordine Nazionale, fra l'altro uno degli autori degli insulti di cui sopra alla biografia di Carlo Gariglio). Con buona pace dell'uguaglianza e della libertà di espressione di cui Wikipedia va cianciando in questo periodo. Si dotino, anche loro, di un nome e di un cognome che sia responsabile di ciò che viene pubblicato, e poi saremo solidali anche con lei.
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