A volte la lettura di un semplice articolo di cronaca, e lo trattamento che ne da’ la stampa, riesce ad essere più chiaro di mille parole.
Mi riferisco, in particolare, ad un evento di cronaca accaduto in Germania, e che in molti abbiamo sentito solo tramite la rete internet e non certo perché i giornali nostrani si sono premurati di darcene notizia: un medico ebreo si è rifiutato di operare un paziente tedesco che aveva tatuato, sulla spalla, lo swastika.
Ovviamente, nella maggior parte dei commenti che ho potuto leggere sull’argomento, l’accento viene posto sul povero ebreo colpito nella sensibilità, talmente elevata da costringerlo a venir meno all’etica professionale medica che obbliga il medico a curare qualunque paziente senza alcuna discriminazione di sesso, di razza o di fede politica (sempre che non si sia Fascisti, naturalmente!). Ci piacerebbe, ogni tanto, che una così profonda sensibilità si girasse un attimo a guardare che cosa avviene a Gaza. Ma questo è un altro discorso.
In alcuni articoli, sempre su internet, leggo che il “povero” medico sarebbe il figlio di un detenuto morto ad Auschwitz. Come un uomo di 46 anni possa essere il figlio di un uomo che è morto invece venti anni prima rimane un mistero della fede. La fede nell’olocausto, ovviamente!
Ma per capire la questione vi basta fare sempre il famoso giochetto, quello che funziona sempre: invertite i ruoli. Pensate ad un medico che, mentre si accinge a fare un’operazione, si accorge che il paziente ha tatuato sul braccio un stella di David e si rifiuti di operarlo. Vi immaginate a quale linciaggio mediatico, per non parlare delle conseguenze gravi ed immediate sulla sua carriera, verrebbe sottoposto? Ci direbbero, giustamente, che avere tatuato un determinato simbolo, per quanto questo possa ricollegarsi a delle idee che molti possono trovare sgradevoli o ripugnanti, non significa di per se essere dei criminali o aver commesso un reato (a meno che il simbolo non sia in bella vista, cosa che non è in questo caso); e ci direbbero che un medico deve operare tutti, senza alcuna distinzione: tant’è che anche i criminali hanno diritto all’assistenza medica primaria.
Questa è un’altra piccola dimostrazione che le regole, anche quelle mediche, evidentemente per qualcuno di ben determinato possono essere interpretate in maniera un po’ più elastica. Sia ben chiaro: il paziente, questo pericolosissimo criminale che ha osato solo avere tatuato sul braccio un simbolo contrario allo squallido politicamente corretto (antifascista) così di moda ai nostri giorni, non è stato lasciato morente sul tavolo operatorio. È stato trovato un altro medico con un’etica professionale un po’ più solida. Vabbè che sono eletti, ma qui non siamo in Medio Oriente e certe cose, non ancora perlomeno, non possono permettersele!
Ovviamente, nella maggior parte dei commenti che ho potuto leggere sull’argomento, l’accento viene posto sul povero ebreo colpito nella sensibilità, talmente elevata da costringerlo a venir meno all’etica professionale medica che obbliga il medico a curare qualunque paziente senza alcuna discriminazione di sesso, di razza o di fede politica (sempre che non si sia Fascisti, naturalmente!). Ci piacerebbe, ogni tanto, che una così profonda sensibilità si girasse un attimo a guardare che cosa avviene a Gaza. Ma questo è un altro discorso.
In alcuni articoli, sempre su internet, leggo che il “povero” medico sarebbe il figlio di un detenuto morto ad Auschwitz. Come un uomo di 46 anni possa essere il figlio di un uomo che è morto invece venti anni prima rimane un mistero della fede. La fede nell’olocausto, ovviamente!
Ma per capire la questione vi basta fare sempre il famoso giochetto, quello che funziona sempre: invertite i ruoli. Pensate ad un medico che, mentre si accinge a fare un’operazione, si accorge che il paziente ha tatuato sul braccio un stella di David e si rifiuti di operarlo. Vi immaginate a quale linciaggio mediatico, per non parlare delle conseguenze gravi ed immediate sulla sua carriera, verrebbe sottoposto? Ci direbbero, giustamente, che avere tatuato un determinato simbolo, per quanto questo possa ricollegarsi a delle idee che molti possono trovare sgradevoli o ripugnanti, non significa di per se essere dei criminali o aver commesso un reato (a meno che il simbolo non sia in bella vista, cosa che non è in questo caso); e ci direbbero che un medico deve operare tutti, senza alcuna distinzione: tant’è che anche i criminali hanno diritto all’assistenza medica primaria.
Questa è un’altra piccola dimostrazione che le regole, anche quelle mediche, evidentemente per qualcuno di ben determinato possono essere interpretate in maniera un po’ più elastica. Sia ben chiaro: il paziente, questo pericolosissimo criminale che ha osato solo avere tatuato sul braccio un simbolo contrario allo squallido politicamente corretto (antifascista) così di moda ai nostri giorni, non è stato lasciato morente sul tavolo operatorio. È stato trovato un altro medico con un’etica professionale un po’ più solida. Vabbè che sono eletti, ma qui non siamo in Medio Oriente e certe cose, non ancora perlomeno, non possono permettersele!
1 commento:
non ho mai pensato che l'Italia sia stata veramente antisemita e tantomeno il Duce, solo le necessità politiche contingenti avevano fatto seguire la linea oltranzista filonazista dei vicini al Duce, oltrettutto i primi a fare abiuria dopo la sconfitta. Quindi basta con quella destra filopalestinese, e filo centrosociali di sinistra, Israele si sta comportando come qualsiasi popolo che dopo aver conquistato una terra o avuta in regalo, la cosa non fa cambiare la cosa, se la tiene stretta a costo di fare centri di contenimento o la voce dura.
Sono sempre stato di destra e ora che il traditore ha mostrato la vera faccia, ancora di più, ma restiamo in Italia a fare la battaglia, lasciamo stare chi cerca di tenersi la Propria Ormai terra.
Mario Pistis
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