Andrea Chessa
11 gennaio 2008
E’ guerra civile. Le forze dell’ordine in assetto antisommossa, i blocchi stradali, i proclami di emergenza sanitaria e alimentare per il mancato arrivo di medicine e cibo, i cassonetti divelti e dati alle fiamme, le cariche della Polizia, i teppisti in assetto da passamontagna. Non basteranno anni e anni di interventi ambientali – ammesso e non concesso che vengano mai attuati – per rimediare agli anni e anni di scempio che una precisa classe politica e mafiosa ha operato sulle spalle di una popolazione, come quella napoletana e campana, omertosa quando non accondiscendente e partecipe.
Si parla di emergenza rifiuti: con queste parole si definisce la situazione della Campania, nelle pagine dei giornali e nei primi servizi dei notiziari nazionali. Si è parlato anche di disastro, di calamità, qualcuno ha detto anche catastrofe. Come lo tsunami asiatico, come i terremoti, come le eruzioni dei vulcani. Come se per anni e anni politici e mafia non si siano arricchiti clamorosamente grazie alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti; come se per anni e anni i napoletani non abbiano continuato a votare, a privilegiare e a mantenere politici – due nomi su tutti: Bassolino e Iervolino – la cui incompetenza era ed è palese; come se per anni tutti i napoletani non abbiano sabotato qualsiasi tentativo di individuare delle discariche per il conferimento e lo stoccaggio dei rifiuti; come se per anni e anni non siano esistite le collusioni tra potere politico e mafia, tra pubblica amministrazione e mafia, tra imprenditoria e mondo finanziario e mafia; come se non siano mai esistiti i cumuli di rifiuti a Napoli che attiravano i topi e le nubi di diossina che rimbalzavano per le strade. Parlano di emergenza, di catastrofe, di calamità, ma in realtà è una situazione ormai latente da anni che affonda le sue radici nella gestione criminale di una Regione, i cui capibastone sono ancora sul ponte di comando a dare ordini.
Nell’emergenza rifiuti l’unica cosa che viene riciclata alla perfezione sono i responsabili., i don che dovrebbero essere coperti dall’infamia e dalla vergogna e invece sono senatori, onorevoli, ministri. Prendiamo Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino: travolti da mille scandali, sempre al centro di infinite polemiche, sono sempre lì, torreggianti e inamovibili.
Bassolino è stato membro della Commissione Parlamentare Commercio e Turismo ( ma a che serve una Commissione Parlamentare Commercio e Turismo? Chi la paga? ); travolto dagli scandali di Tangentopoli viene candidato a sindaco di Napoli e vince; poi è Ministro del Lavoro, poi torna a Napoli come Sindaco; poi lascia l’incarico di Sindaco e diventa Presidente della Regione. Ha intrallazzato con la UBS, in cui lavorava il figlio, per mai chiariti appalti e gestioni relativi alla Pubblica Amministrazione da 30 ( trenta! ) milioni di euro; ha firmato e siglato swap per milioni di euro ( tanto li paga il successore, chi se ne frega? ) danneggiando le casse della Campania e di Napoli; ha istituito, sulla scia della demagogia, un call-center ( se li chiami centralini ti prendono per il culo: sono e devono restare call-center, che fa molto più trendy ) per dare informazioni sulla emergenza rifiuti quando era Commissario per l’emergenza rifiuti, e sia da sindaco sia da commissario è riuscito solo a far peggiorare la situazione. Ora dice che forse qualche errore può esserci stato, ma non si dimette. Tanto, così dice lui, non servirebbe a niente. Intanto è lì e dà ordini.
Rosa Russo Iervolino comincia nella DC, poi presidente per la Commissione di vigilanza RAI; poi è Ministro della Pubblica Istruzione, e l’unica traccia che ha lasciato di tale incarico è stata quella di combattere le malattie sessuali e veneree con un fumetto di Lupo Alberto; poi è Ministro degli Interni; poi presidente della Commissione Affari Costituzionali; poi viene eletta sindaco di Napoli: la gestione è disastrosa: l’emergenza rifiuti aumenta, la mafia prende sempre più potere, cresce l’emergenza sanità; nel 2006 passa di nuovo, è ancora sindaco di Napoli. Oggi si indigna nelle vesti di novella Cassandra, lei l’aveva già detto da tempo, aveva informato Prodi ( che non si capisce quali miracoli avrebbe potuto compiere – se mai l’avesse fatto – dato che non è arrivato neanche a metà legislatura ), gioca a ping-pong con prefetti, questori, commissari straordinari, ministri della Sanità. Telefona ai manifestanti, quelli stessi che danno fuoco alle macchine, formano le barricate con i camion, bloccano le entrate delle ambulanze e dei camion con medicine e frutta per le strade di Pianura e di Napoli, veri e propri mini-regni della camorra, pestano i pompieri che cercano di spegnere gli incendi dei rifiuti dati alle fiamme, caricano contro la Polizia. Nelle nazioni civili non dovrebbe accadere che un rappresentante delle istituzioni dica a chi fa la guerra contro lo Stato di tenere duro.
Uno Stato che decide, autorevole e forte, non avrebbe mandato l’esercito a sgomberare l’immondezza ( abbiamo assistito a tante umiliazioni del nostro esercito nella nostra Storia nazionale, ma questa mancava ), ma a fare la guerra. Napoli e la Campania – lo penso già da tempo, ma ora ancora di più – non sono governabili con le leggi di pace. La Regione commissariata, tutti i suoi principali dirigenti e responsabili sotto inchiesta, ed esercito in stato di guerra, le autoblindo, le fucilazioni davanti al piazzale della città, le impiccagioni ai lampioni in modo che siano da monito, le irruzioni mitra spianato e con i carri armati in quei quartieri che sono sotto controllo della camorra e nei quali ragazzini quindicenni, con i loro motorini rubati, fanno le prove generali di quello che saranno fra dieci anni, taglieggiando e ricattando i negozianti, gli imprenditori, i venditori ambulanti, la gente onesta. Quartieri in cui la stessa Polizia ha paura di entrare e se ne guarda bene dal metterci piede, e dove la legge è solo un impedimento e un ostacolo a quella associazione nella quale si fa carriera che è la camorra. Così dice Saviano nel suo “Gomorra” [... ]ed è una realtà sconcertante: l’unica possibilità di fare carriera a Napoli, in una pubblica amministrazione, in una imprenditoria e in un mercato economico già saturo di raccomandazioni, corruzioni, clientelismi, l’unico punto di autogratificazione diventa la mafia: lì si sale, si passa dai piccoli borseggi per poi arrivare, con la classe del merito, ad essere un rispettato e temuto boss. E’ una sorta di imprenditoria parallela, ma neanche tanto. Situazione di guerra e stato di assedio nei quartieri critici, fino a che non vengono messi a soqquadro fino all’ultima suppellettile: questo potrebbero fare i nostri soldati, anziché andare a fare i reggicoda agli americani. Fare in modo che si abbia più paura dello Stato che non dei boss, e dare giustizia a quella maggioranza dei campani ( e degli italiani ) che è onesta, ma giustamente impaurita fisicamente per ribellarsi, e che va quindi difesa dallo Stato.
Già mi immagino una minoranza dei miei pochi lettori che si indigna: Chessa non rispetta la democrazia, è un violento, è un fanatico, manderebbe l’esercito a Napoli a fare impiccare la gente. Si tranquillizzino i miei pochi lettori indignati: questi sono sogni ad occhi aperti in questa Italia.
Come si può pretendere di fare pulizia nelle strade dai mafiosi, dai teppisti, dai delinquenti quando i delinquenti sono in Parlamento? Uomini condannati per mafia, corruzione, clientele, uomini a stretto giro di massoneria, attenti solo a rapinare a mani basse completamente isolati dal resto della popolazione che si impoverisce grazie alle loro scorte, le loro auto blu, i loro stipendi che non conoscono inflazione o crisi, né mercato globale. Loro si sono già messi al riparo dalla concorrenza globale, e l’hanno rifilata a noi coglioni che li abbiamo votati, li abbiamo legittimati, li abbiamo applauditi. L’esercito dovrebbe cominciare innanzitutto da lì, dal Parlamento e dalla Camera. E come possiamo pretendere che la gente sia portata a comportarsi bene se nei suoi rappresentanti vede solo scalatori di banche, imprenditori che giocano a comprare i giudici, comunisti riciclati, massoni? Quale esempio se ne potrà mai avere? Quello che tanto se non rubo io allora ruberà un altro, e allora meglio lui che io. E nel frattempo l’Italia che due volte fu romana puzza sempre più. Le conseguenze dell’emergenza rifiuti a Napoli e dintorni ( in Italia c’è un’emergenza al giorno ) travalicano i confini della Campania, e arrivano anche in Sardegna. Una Regione già stuprata dalle servitù militari, dalle cui basi partono gli aerei per bombardare l’Afghanistan e si addestrano gli israeliani che forse tra poco si appresteranno a incenerire l’Iran, la cui popolazione che vive vicino a queste basi si ammala di tumore e di cancro in misura sproporzionata rispetto al resto del Paese, ora viene umiliata nuovamente accogliendo l’immondezza di una Regione che mai niente ha fatto per risolvere i suoi problemi, che ha rifiutato ogni tavolo di trattativa, ogni termovalorizzatore, ogni inceneritore… Soru parla di solidarietà nazionale, lui che non sa cosa significhi né un termine né l’altro. Ma perché non ha protestato in nome della solidarietà nazionale quando dalla Campania partono i camion verso la Germania ( che ci sfotte e batte cassa ) ad altissimi costi? Perché non parla di solidarietà nazionale quando si tratta di affrontare le emergenze della Sardegna? Perché non ha parlato di solidarietà nazionale quando la Unilever ha annunciato che licenzierà i suoi dipendenti sardi per trasferire una parte della produzione a Napoli?
Prima di parlare di rifiuti, di inceneritori, di termovalorizzatori, di discariche eco-sostenibili bisognerebbe iniziare a smaltire i Bassolino, le Iervolino, gli ambigui Pecoraro Scanio ( cambiano le cose quando si governa vero Pecoraro? Finisce la pacchia di dire sempre di no e ogni volta bisogna anche prendere qualche decisione. Brutta vita quella del Ministro! ), i napoletani sovversivi che picchiano i vigili del fuoco, i presidenti delle Regioni complici che con le loro azioni di presunta solidarietà nazionale perpetuano solo una disfatta: per l’ambiente italiano sarebbe una manna dal cielo. Forse non si risolverebbe di colpo l’emergenza rifiuti, ma almeno diminuirebbe la puzza.
Andrea Chessa – MFL SARDEGNA
11 gennaio 2008
E’ guerra civile. Le forze dell’ordine in assetto antisommossa, i blocchi stradali, i proclami di emergenza sanitaria e alimentare per il mancato arrivo di medicine e cibo, i cassonetti divelti e dati alle fiamme, le cariche della Polizia, i teppisti in assetto da passamontagna. Non basteranno anni e anni di interventi ambientali – ammesso e non concesso che vengano mai attuati – per rimediare agli anni e anni di scempio che una precisa classe politica e mafiosa ha operato sulle spalle di una popolazione, come quella napoletana e campana, omertosa quando non accondiscendente e partecipe.
Si parla di emergenza rifiuti: con queste parole si definisce la situazione della Campania, nelle pagine dei giornali e nei primi servizi dei notiziari nazionali. Si è parlato anche di disastro, di calamità, qualcuno ha detto anche catastrofe. Come lo tsunami asiatico, come i terremoti, come le eruzioni dei vulcani. Come se per anni e anni politici e mafia non si siano arricchiti clamorosamente grazie alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti; come se per anni e anni i napoletani non abbiano continuato a votare, a privilegiare e a mantenere politici – due nomi su tutti: Bassolino e Iervolino – la cui incompetenza era ed è palese; come se per anni tutti i napoletani non abbiano sabotato qualsiasi tentativo di individuare delle discariche per il conferimento e lo stoccaggio dei rifiuti; come se per anni e anni non siano esistite le collusioni tra potere politico e mafia, tra pubblica amministrazione e mafia, tra imprenditoria e mondo finanziario e mafia; come se non siano mai esistiti i cumuli di rifiuti a Napoli che attiravano i topi e le nubi di diossina che rimbalzavano per le strade. Parlano di emergenza, di catastrofe, di calamità, ma in realtà è una situazione ormai latente da anni che affonda le sue radici nella gestione criminale di una Regione, i cui capibastone sono ancora sul ponte di comando a dare ordini.
Nell’emergenza rifiuti l’unica cosa che viene riciclata alla perfezione sono i responsabili., i don che dovrebbero essere coperti dall’infamia e dalla vergogna e invece sono senatori, onorevoli, ministri. Prendiamo Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino: travolti da mille scandali, sempre al centro di infinite polemiche, sono sempre lì, torreggianti e inamovibili.
Bassolino è stato membro della Commissione Parlamentare Commercio e Turismo ( ma a che serve una Commissione Parlamentare Commercio e Turismo? Chi la paga? ); travolto dagli scandali di Tangentopoli viene candidato a sindaco di Napoli e vince; poi è Ministro del Lavoro, poi torna a Napoli come Sindaco; poi lascia l’incarico di Sindaco e diventa Presidente della Regione. Ha intrallazzato con la UBS, in cui lavorava il figlio, per mai chiariti appalti e gestioni relativi alla Pubblica Amministrazione da 30 ( trenta! ) milioni di euro; ha firmato e siglato swap per milioni di euro ( tanto li paga il successore, chi se ne frega? ) danneggiando le casse della Campania e di Napoli; ha istituito, sulla scia della demagogia, un call-center ( se li chiami centralini ti prendono per il culo: sono e devono restare call-center, che fa molto più trendy ) per dare informazioni sulla emergenza rifiuti quando era Commissario per l’emergenza rifiuti, e sia da sindaco sia da commissario è riuscito solo a far peggiorare la situazione. Ora dice che forse qualche errore può esserci stato, ma non si dimette. Tanto, così dice lui, non servirebbe a niente. Intanto è lì e dà ordini.
Rosa Russo Iervolino comincia nella DC, poi presidente per la Commissione di vigilanza RAI; poi è Ministro della Pubblica Istruzione, e l’unica traccia che ha lasciato di tale incarico è stata quella di combattere le malattie sessuali e veneree con un fumetto di Lupo Alberto; poi è Ministro degli Interni; poi presidente della Commissione Affari Costituzionali; poi viene eletta sindaco di Napoli: la gestione è disastrosa: l’emergenza rifiuti aumenta, la mafia prende sempre più potere, cresce l’emergenza sanità; nel 2006 passa di nuovo, è ancora sindaco di Napoli. Oggi si indigna nelle vesti di novella Cassandra, lei l’aveva già detto da tempo, aveva informato Prodi ( che non si capisce quali miracoli avrebbe potuto compiere – se mai l’avesse fatto – dato che non è arrivato neanche a metà legislatura ), gioca a ping-pong con prefetti, questori, commissari straordinari, ministri della Sanità. Telefona ai manifestanti, quelli stessi che danno fuoco alle macchine, formano le barricate con i camion, bloccano le entrate delle ambulanze e dei camion con medicine e frutta per le strade di Pianura e di Napoli, veri e propri mini-regni della camorra, pestano i pompieri che cercano di spegnere gli incendi dei rifiuti dati alle fiamme, caricano contro la Polizia. Nelle nazioni civili non dovrebbe accadere che un rappresentante delle istituzioni dica a chi fa la guerra contro lo Stato di tenere duro.
Uno Stato che decide, autorevole e forte, non avrebbe mandato l’esercito a sgomberare l’immondezza ( abbiamo assistito a tante umiliazioni del nostro esercito nella nostra Storia nazionale, ma questa mancava ), ma a fare la guerra. Napoli e la Campania – lo penso già da tempo, ma ora ancora di più – non sono governabili con le leggi di pace. La Regione commissariata, tutti i suoi principali dirigenti e responsabili sotto inchiesta, ed esercito in stato di guerra, le autoblindo, le fucilazioni davanti al piazzale della città, le impiccagioni ai lampioni in modo che siano da monito, le irruzioni mitra spianato e con i carri armati in quei quartieri che sono sotto controllo della camorra e nei quali ragazzini quindicenni, con i loro motorini rubati, fanno le prove generali di quello che saranno fra dieci anni, taglieggiando e ricattando i negozianti, gli imprenditori, i venditori ambulanti, la gente onesta. Quartieri in cui la stessa Polizia ha paura di entrare e se ne guarda bene dal metterci piede, e dove la legge è solo un impedimento e un ostacolo a quella associazione nella quale si fa carriera che è la camorra. Così dice Saviano nel suo “Gomorra” [... ]ed è una realtà sconcertante: l’unica possibilità di fare carriera a Napoli, in una pubblica amministrazione, in una imprenditoria e in un mercato economico già saturo di raccomandazioni, corruzioni, clientelismi, l’unico punto di autogratificazione diventa la mafia: lì si sale, si passa dai piccoli borseggi per poi arrivare, con la classe del merito, ad essere un rispettato e temuto boss. E’ una sorta di imprenditoria parallela, ma neanche tanto. Situazione di guerra e stato di assedio nei quartieri critici, fino a che non vengono messi a soqquadro fino all’ultima suppellettile: questo potrebbero fare i nostri soldati, anziché andare a fare i reggicoda agli americani. Fare in modo che si abbia più paura dello Stato che non dei boss, e dare giustizia a quella maggioranza dei campani ( e degli italiani ) che è onesta, ma giustamente impaurita fisicamente per ribellarsi, e che va quindi difesa dallo Stato.
Già mi immagino una minoranza dei miei pochi lettori che si indigna: Chessa non rispetta la democrazia, è un violento, è un fanatico, manderebbe l’esercito a Napoli a fare impiccare la gente. Si tranquillizzino i miei pochi lettori indignati: questi sono sogni ad occhi aperti in questa Italia.
Come si può pretendere di fare pulizia nelle strade dai mafiosi, dai teppisti, dai delinquenti quando i delinquenti sono in Parlamento? Uomini condannati per mafia, corruzione, clientele, uomini a stretto giro di massoneria, attenti solo a rapinare a mani basse completamente isolati dal resto della popolazione che si impoverisce grazie alle loro scorte, le loro auto blu, i loro stipendi che non conoscono inflazione o crisi, né mercato globale. Loro si sono già messi al riparo dalla concorrenza globale, e l’hanno rifilata a noi coglioni che li abbiamo votati, li abbiamo legittimati, li abbiamo applauditi. L’esercito dovrebbe cominciare innanzitutto da lì, dal Parlamento e dalla Camera. E come possiamo pretendere che la gente sia portata a comportarsi bene se nei suoi rappresentanti vede solo scalatori di banche, imprenditori che giocano a comprare i giudici, comunisti riciclati, massoni? Quale esempio se ne potrà mai avere? Quello che tanto se non rubo io allora ruberà un altro, e allora meglio lui che io. E nel frattempo l’Italia che due volte fu romana puzza sempre più. Le conseguenze dell’emergenza rifiuti a Napoli e dintorni ( in Italia c’è un’emergenza al giorno ) travalicano i confini della Campania, e arrivano anche in Sardegna. Una Regione già stuprata dalle servitù militari, dalle cui basi partono gli aerei per bombardare l’Afghanistan e si addestrano gli israeliani che forse tra poco si appresteranno a incenerire l’Iran, la cui popolazione che vive vicino a queste basi si ammala di tumore e di cancro in misura sproporzionata rispetto al resto del Paese, ora viene umiliata nuovamente accogliendo l’immondezza di una Regione che mai niente ha fatto per risolvere i suoi problemi, che ha rifiutato ogni tavolo di trattativa, ogni termovalorizzatore, ogni inceneritore… Soru parla di solidarietà nazionale, lui che non sa cosa significhi né un termine né l’altro. Ma perché non ha protestato in nome della solidarietà nazionale quando dalla Campania partono i camion verso la Germania ( che ci sfotte e batte cassa ) ad altissimi costi? Perché non parla di solidarietà nazionale quando si tratta di affrontare le emergenze della Sardegna? Perché non ha parlato di solidarietà nazionale quando la Unilever ha annunciato che licenzierà i suoi dipendenti sardi per trasferire una parte della produzione a Napoli?
Prima di parlare di rifiuti, di inceneritori, di termovalorizzatori, di discariche eco-sostenibili bisognerebbe iniziare a smaltire i Bassolino, le Iervolino, gli ambigui Pecoraro Scanio ( cambiano le cose quando si governa vero Pecoraro? Finisce la pacchia di dire sempre di no e ogni volta bisogna anche prendere qualche decisione. Brutta vita quella del Ministro! ), i napoletani sovversivi che picchiano i vigili del fuoco, i presidenti delle Regioni complici che con le loro azioni di presunta solidarietà nazionale perpetuano solo una disfatta: per l’ambiente italiano sarebbe una manna dal cielo. Forse non si risolverebbe di colpo l’emergenza rifiuti, ma almeno diminuirebbe la puzza.
Andrea Chessa – MFL SARDEGNA
1 commento:
Se continuassi ad indignarmi per le tue provocazioni farei il tuo gioco...invece certe tue affermazioni suscitano in me una irrefrenabile ilarità...
Hai detto molte verità, ma anche - seppure in minor parte - qualche imprecisione. Non sto a dialogare sulla situazione campana perché non ho la giusta competenza, ma per quanto riguarda la Regione Sardegna riporto (se non è un problema) quello che scrissi nel mio blog a suo tempo
"Non potevo comunque esimermi dal manifestare il mio sconcerto per la delicata situazione che, in questi giorni, vede Cagliari e la Sardegna tristemente protagoniste. Il problema dello smaltimento dei rifiuti è una questione che va oltre il lato pratico del termine, e non oso neanche immaginare quali interessi - più o meno leciti - muovano l’intero sistema globale. Il problema campano è cronico: non sarà il tristemente illustre De Gennaro a risolverlo, non sarà Bassolino, e neanche l’esercito (il quale, probabilmente, si dovrebbe occupare delle cause dei fenomeni criminosi non delle conseguenze!).
La Regione Sardegna, per voce del suo presidente Renato Soru, si è dichiarata da subito favorevole ad ‘ospitare’ parte dei rifiuti campani, in nome della ’solidarietà costituzionale’. Assolutamente niente di nuovo: la Sardegna è sempre stata la patria storica del rifiuto, e da tempo offre alloggio agli scarti nazionali ed internazionali (compresi quelli radioattivi e industriali). Non è bello o ‘environmentally’ correct, ma è così.
La questione principale, a mio avviso, è un’altra.
Ciò che la Regione Sardegna deve e dovrà garantire sarà l’intera copertura, diretta o tramite le aziende interessate, di tutti i costi derivanti dalle esternalità negative di certi processi industriali. In altre parole: se lo stoccaggio dei rifiuti, debitamente pagato, è un elemento che può portare sviluppo, ricchezza e lavoro, non vedo quale possa essere il problema; se però sviluppo, ricchezza e lavoro hanno come prezzo l’inquinamento (inteso nel senso più largo del termine), e il rapporto costo/benefici non è, quanto meno, a somma zero, il discorso cambia. Purtroppo ho il ‘vago’ dubbio che le cose non vadano, e non andranno, come dovrebbero andare…
Se si possono giustificare - e, a certe condizioni, condividere - le proteste, viceversa non si possono tollerare i numerosi atti vandalici e intimidatori di questi ultimi giorni cagliaritani, da chiunque essi siano stati perpetrati. La Regione, come detto, deve dare delle certezze; i gruppi indipendentisti devono ancora capire (e studiare) molte cose.
Nutro sincero ribrezzo per le personalità dell’opposizione sarda, a partire da Mauro Pili, che si sono rese artefici di propagandistiche messe in scena alla caccia di voti. Le stesse personalità che, qualche anno fa, si proclamarono totalmente favorevoli allo stoccaggio di materiale radioattivo in Sardegna (ci fu anche un referendum); le stesse personalità che hanno fatto della speculazione, del danno ambientale, dell’incapacità di sviluppo intelligente, i loro baluardi di potere durante il loro mandato di ‘riscaldamento poltrone governative’ di qualche anno fa."
Quindi non accusiamo Soru di cose che non ha fatto: ha semplicemente accolto qualche tonnellata in più di rifiuti (in nome di un principio costituzionale ben chiaro). Era il suo dovere (ed è stato un gesto che hanno fatto anche le altre regioni quando è scesa l'attenzione mediatica). Parliamo delle cose buone che Soru ha fatto per la Sardegna invece, se ne sei a conoscenza.
Per quanto riguarda l'Unilever innanzi tutto bisogna dire che si tratta di una multinazionale (privata!) che - in nome del libero mercato - può decidere come meglio crede le sue strategie industriali (ovviamente anch'io sono dalla parte dei lavoratori, ma non ci si può fare niente in questi casi); poi c'è stato un accordo tra la Regione (e quindi Soru!) e la dirigenza Unilever per garantire agli operai certe importanti garanzie, tra cui il trasferimento di 20 di loro in Campania (in uno stabilimento preesistente...non è lo stabilimento di Cagliari che si trasferisce in toto).
Che questo sia umanamente ingiusto è senza dubbio, ma purtroppo questo cavolo di sistema economico funziona così. Volete impiccare i dirigenti Unilever in fila per Viale Poetto? Non offenderti se non sarò dei vostri, ma come rispetto gli operai rispetto anche i 'padroni': io rispetto l'uomo.
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