Giampaolo
Pansa non ci è mai stato simpatico e, come al solito, non l’abbiamo mai
nascosto.
Contiguo
al potere mediatico di una estrema sinistra che ha occultato i crimini della
Resistenza per decenni, anche dalle nostre parti (politiche) è stato spesso
incensato per il “Ciclo dei vinti”, i libri sulle atrocità dei partigiani (il
più conosciuto è, per l’appunto, “Il sangue dei vinti”) che ebbero – e questo
glielo si deve riconoscere – il merito di portare all’attenzione del grande
pubblico i crimini dei partigiani, aprendo il vaso di Pandora sulle atrocità,
le stragi e le violenze compiute da coloro che si sono auto-eletti come i
difensori della libertà. Noi, però, non gli dobbiamo niente: gran parte di ciò
che Pansa ha scritto – probabilmente in forma più romanzata e più “leggibile”
per il lettore moderno, tradizionalmente poco avvezzo alla pedanteria dal
tradizionale saggio storico – fu scritto a suo tempo da Giorgio Pisanò,
giornalista ex MSI e fondatore di Fascismo e Libertà (fatto, questo, spesso e
volentieri taciuto).
Perché
Pansa non ci stava simpatico e Pisanò si? Perché Pisanò, contrariamente a
Pansa, pagò le sue scelte politiche e professionali di persona, subendo l’ostracismo
e l’odio (umano e politico, perché a sinistra non scindono le due cose) di
quella parte politica di cui Giampaolo Pansa, viceversa, è stato uno dei cantori
più celebrati per decenni. Fino a quello che, a sinistra, viene ancora
percepito come un voltafaccia: l’inaugurazione del “Ciclo dei vinti” è costato
al giornalista piemontese le peggiori accuse da parte di quella sinistra che
sulla mistificazione della Storia ha costruito la sua fortuna, quali quella di
trasformismo, di contiguità con i Fascisti, perfino di traditore e di
calunniatore, perché l’aura della Resistenza, Pisanò e qualche altro scrittore
solitario a parte, era immacolata, e tale
sarebbe dovuta rimanere.
Non
ci è stato molto simpatico, e va bene. Però, quando una persona non ci sta
simpatica e passa a miglior vita, abbiamo la decenza di tacere e di chinare la
testa.
Un
giro sulle pagine Facebook di sinistra che affrontano la morte di Giampaolo
Pansa basta a farci venire la nausea: "E' morto un revisionista di
m****", "Uno di meno", "Sarebbe dovuto crepare prima",
e via di questo passo.
Perché
ne parliamo? Perché loro sono quelli che non odiano, tutto pace, amore e
fiorellini, quelli dell'#odiareticosta, delle
commissioni parlamentari contro l'odio, dei patentini per votare, del dito
puntato contro chi rivendica il sacrosanto diritto di pensarla diversamente dai
mantra del politicamente corretto sinistrorso (immigrazionista, terzomondista,
buonista a comando), dei “webeti”, degli “analfabeti funzionali”...
L'odio
viscerale verso gli avversari politici e l'ipocrisia dell'applicare agli altri
ciò che si disattende completamente per se stessi: ecco l'essenza della
sinistra.
Nessun commento:
Posta un commento