giovedì 10 giugno 2021
Ottantuno anni fa il Sangue contro l'oro
mercoledì 28 aprile 2021
Hic manebimus optime
28 aprile 1954 - 28 aprile 2021.
Lasciato il mondo terreno, egli è Puro Spirito.
Egli, semplicemente, è.
lunedì 26 aprile 2021
Tenetevi pure il vostro 25 aprile...
Ogni anno, ogni maledetto 25 aprile, quando torme di pagliacci scendono in strada a celebrare il tradimento, il disonore militare, la sconfitta della Nazione ed il suo declassamento a mera colonia americana, spunta puntualmente fuori qualcuno che ci parla di “pacificazione”.
Da una parte uomini e Patrioti, che non abbandonarono la Nazione nel suo momento più drammatico, arruolati nelle Brigate Nere, nei reparti della Repubblica Sociale Italiana, nelle SS Italiane, al fianco dei gloriosi alleati Nazionalsocialisti, pronti ad immolarsi in Russia, in Africa, in Egitto, in quell'Italia che non si voleva far cadere nelle mani degli americani. Dall'altra i partigiani, vili banditi e teppisti, come ampiamente dimostrato dalla sentenza 747 del Tribunale Supremo Militare (anno 1954, ben nove anni dopo la caduta del Fascismo, giova ricordarlo), che qualifica come legittimi soldati i combattenti inquadrati nelle formazioni Fasciste - appartenenti ad uno Stato legalmente riconosciuto (la Repubblica Sociale Italiana) da gran parte degli Stati allora in guerra, contro i banditi, non qualificabili come belligeranti. In poche parole: vili terroristi.
Ebbene: Noi non vogliamo nessuna pacificazione tra repubblicani Fascisti e partigiani. Non vogliamo sederci con gli eredi di coloro che hanno svenduto la Patria, che sparavano a legittimi soldati alle spalle, che si nascondevano sui monti solo per razziare e depredare, che violentavano donne e bambine indifese colpevoli solo di amare un fascista o di averlo come padre, che salutavano come “liberatori” gli assassini di Dresda, di Hiroshima, di Nagasaki, di Gorla, il tutto mentre c’era ancora chi dava il proprio sangue per non infrangere un giuramento che e poter dimostrare che l’Italia non era fatta solo di vigliacchi opportunisti e voltagabbana.
Mentre voi celebrate stupratori e banditi noi rimaniamo in silenzio, a ricordare coloro che non ci sono più ma che ancora oggi ci marciano accanto, nell’attesa di tornare a rendere grandi questa Nazione che avete distrutto, impoverito, umiliato e depredato.
Conosciamo molto bene la differenza tra chi diede tutto per la Patria e chi la svendette al miglior offerente, e non vogliamo sederci al tavolo con loro, né oggi, né domani, né mai.
Disprezzo per gli omuncoli, lunga vita a coloro che scelsero la parte sbagliata e non indietreggiarono.
mercoledì 18 novembre 2020
Adesso c'è anche il delitto di "sovranismo": l'ennesima sentenza dei magistrati comunisti
Quando parliamo della Magistratura come il vero cancro dell’Italia, puntualmente qualcuno ci accusa di essere troppo pesanti nei giudizi, troppo “estremisti”. Come se il caso Palamara – che ha scoperchiato, seppur in minima parte, la mafia che tutto decide all’interno delle aule di Tribunale – non avesse insegnato alcunché.
Poi, però, arriva qualche sentenza palesemente politicizzata – e quando arrivano le sentenze palesemente politicizzate sono sempre e comunque dirette verso una ed una sola parte politica – a darci puntualmente ragione.
Di cosa parliamo? È presto detto. La sentenza politicizzata arriva dal Gup di Milano, Manuela Cannavale, per la commemorazione che si è svolta il 29 aprile del 2019 per ricordare il martirio di Sergio Ramelli, un ragazzo di destra che nel 1976, dopo una serie incredibile di aggressioni e di umiliazioni (anche avvallate dallo stesso personale della scuola frequentata da Sergio), fu ucciso a colpi di chiave inglese da un kommando di Avanguardia Operaia. Cosa lo portò alla morte? Essere di destra ed aver scritto un tema scolastico contro le Brigate Rosse, allora come oggi considerate dei compagni nel migliore dei casi come “compagni che sbagliano”, nel peggiore come moderni Don Chisciotte che, anziché affrontare i mulini a vento, aggredivano in 5 contro 1 i pericolosi Fascisti a colpi di chiave inglese. Fu proprio dopo essere stato colpito alla testa con una chiave inglese che Sergio Ramelli venne lasciato riverso sull’asfalto, con tanto di vergognoso applauso dai banchi comunali della sinistra milanese non appena si venne a sapere della notizia.
Come viene motivata la condanna del GUP Cannavale per i partecipanti alla manifestazione del 29 aprile 2019 in ricordo di Sergio Ramelli?
“Una manifestazione posta in essere al solo scopo di eseguire riti e gesti del disciolto Partito Fascista, al solo scopo di evocare i tempi del Fascismo con grandissima partecipazione emotiva da parte di tutti i manifestanti, perfetto ordine, pedissequa ripetizione delle frasi, dei gesti, delle ritualità appartenenti al solo Fascismo e ciò allo scopo di provocare adesioni e consensi e di concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni Fasciste”.
Ancora:
La manifestazione è stata fatta con lo scopo di ricostituire il Partito Nazionale Fascista, è la prima affermazione del GUP. Verrebbe da dire che questi Fascisti non siano proprio dei geni di guerra: la commemorazione per Ramelli avviene, puntuale ogni anno, dal ’76 in poi, e la ricostituzione del PNF non è mai avvenuta. Perché dovrebbe avvenire adesso, a più di quarant’anni di distanza? La spiegazione viene data poco dopo, quando il GUP afferma:
“non è stata mai attuale come nel presente momento storico, nel quale episodi di intolleranza e violenza dovuti a motivi razziali sono all’ordine del giorno e si assiste ad una pericolosa deriva sovranista" […] “certamente creano in soggetti che si ritrovano nelle loro idee una suggestione, una forza, una evocazione del passato regime tali da rappresentare un concreto tentativo di proselitismo e, quindi, un concreto pericolo di raccogliere adesioni finalizzate alla ricostruzione di un partito fascista“.
L’impostazione politica di questa sentenza è evidente per due motivi: viene, seppur implicitamente, richiamato un reato che non ci risulta esistere nel Codice Penale, vale a dire quello di “sovranismo”. Per l’ennesima volta assistiamo ad un giudice che, anziché limitarsi a stabilire se una condotta sia legittima o meno in base alla legislazione vigente, pretende di dare patenti di correttezza sanzionando le condotte politiche che magari a lei non piacciono (ed alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi), ma che sono legittime per una certa parte della restante popolazione (anzi: la maggior parte). In questo senso la sentenza serve a “contenere la deriva sovranista”, il cui campanello d’allarme è:
“1.200 persone delle diverse realtà extraparlamentari di destra riunite in modo compatto, che insieme rispondono alla chiamata del presente e alzano il braccio nel saluto romano con orgoglio ed entusiasmo”.
Ecco ciò che preoccupa il
giudice: prima si trattava di 4 gatti, ora sono di più, e quindi bisogna fermarli in qualche modo. Forse
non ve ne siete accorti, ma è quello che noi di Fascismo e Libertà abbiamo
sempre detto ed affermato: la nostra stessa esistenza viene blandamente
tollerata perché siamo un Movimento piccolino. Quando e se mai cresceremo in
numeri ed in militanti ci schiacceranno come si fa con uno scarafaggio. Né più,
né meno. E quale miglior modo di una sentenza politicizzata per fermare le
opinioni altrui? A parte il fatto che nei “Presente!” a Sergio Ramelli spesso
si sono contate molte più persone delle 1200 dell’anno scorso, preoccupa questa
deriva giudiziaria che si arroga unilateralmente il diritto di condannare “derive
sovraniste” che, a tutti gli effetti, non costituiscono alcun reato, ma anzi
sono idee politiche che trovano piena legittimità e rilevanza all’interno del
dettato democratico della Nazione. Dobbiamo aspettarci a breve un giudice od un
suo delegato che guarderanno mentre votiamo, per accertarci che il nostro voto
vada solo ai partiti di sinistra e non ai pericolosi fascio-leghisti? E se una sentenza
palesemente politicizzata dichiara la sua intenzione di voler contenere “le
derive sovraniste”, allora anche aggredire o fare del male ad un esponente politico
delle stesse potrebbe essere meno grave rispetto all’aggredire un esponente
dell’area progressista, proprio perché la sua aggressione è servita a contenere
le derive suddette? Vedete? Sono sempre quelli che "Uccidere un Fascista non è reato", oggi come ieri.
Il caso Palamara è solo la punta di un iceberg. È nei Tribunali, ogni giorno, in qualunque parte d’Italia, spesso a telecamere spente, che la Magistratura, con sentenze giudiziarie palesemente politicizzate ed impegnate, interviene cercando di influenzare l’andamento politico della Nazione, quasi come una sorta di garante del verbo illuminato progressista ed antifascista, funzione che, evidentemente, non le compete affatto, essendo il suo scopo quello di sanzionare se una condotta sia legittima o meno, Codice Penale alla mano.
Ieri ridevate, perché la repressione era (ed è) riservata ai bastardi Fascisti. Ridete anche oggi, perché il trattamento è riservato agli analfabeti funzionali negazionisti del Covid-19. Auguratevi di poter continuare a ridere anche domani.
venerdì 23 ottobre 2020
Mancò la Fortuna, non il Valore
EL ALAMEIN, 23 OTTOBRE 1942: LA FOLGORE ENTRA NELLA LEGGENDA.
“Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore…” Con queste parole, pronunciate alla Camera dei Comuni di Londra, Winston Churchill rese onore all’eroico sacrificio dei soldati italiani a El Alamein, in quelle drammatiche giornate di fine nell’ottobre del 1942 che infiammarono le sabbie del deserto con il riverbero di una lotta disperata e leggendaria.
“La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza”, lanciò nell’etere Radio Cairo l’8 novembre 1942 per bocca del corrispondente Heartbrington. “Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno”, rieccheggiò la BBC da Londra.
L’onore delle armi del nemico, la testimonianza più autentica, l’unica che, in fondo, valga davvero qualcosa.
Ma che cosa avvenne, precisamente, 60 anni fa nel corso della “madre di tutte le battaglie“?
L’attacco decisivo degli inglesi e dei loro alleati contro le linee italo-tedesche in Africa settentrionale si scatenò, nei giorni dal 23 al 29 ottobre 1942, lungo il settore difeso dalla divisione paracadutisti Folgore a El Alamein.
L’Ottava Armata inglese aveva schierato nel settore, la 7a Divisione corazzata, i Desert Rats, “i Topi del deserto”, un’unità di veterani di molte battaglie africane, e tre divisioni di fanteria. Un totale di circa 50.000 uomini, con 400 pezzi di artiglieria, 350 carri e 250 blindati. Le scorte di munizioni, viveri ed equipaggiamenti erano praticamente illimitate.
Gli italiani mettevano in campo circa 3.500 paracadutisti, più altri 1.000 uomini (31° Battaglione guastatori d’Africa e un battaglione di fanteria della Divisione Pavia), un’ottantina di pezzi d’artiglieria, 5 carri, nessun veicolo proprio, penuria assoluta di munizioni ed equipaggiamenti, viveri in quantità e qualità talmente misere da causare serie malattie debilitanti a più del 30% della forza effettiva.
In sintesi i rapporti di forza erano di 1 a 13 per gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri. Tuttavia, i paracadutisti della Folgore, l’ultimo baluardo superato il quale il nemico sarebbe dilagato alle spalle dell’Armata italo-tedesca, si erano apprestati alla difesa, lungo un fronte di 15 chilometri, decisi a vendere cara la pelle.
Ai ripetuti attacchi degli inglesi, i paracadutisti risposero con incredibile determinazione ed energia, respingendo ogni tentativo di sfondamento e infliggendo al nemico gravi perdite, al prezzo di grandi sacrifici: circa 1.100 tra morti, feriti e dispersi. L’inaspettata resistenza, protrattasi per una settimana, costrinse i comandi inglesi a sospendere ogni ulteriore iniziativa su quel fronte e a concentrare altrove lo sforzo offensivo. Quando, il 2 novembre, in seguito al generale ordine di ripiegamento, la Folgore dovette abbandonare le posizioni, la sua linea di resistenza era ancora intatta ma i resti della Divisione si sarebbero poi dissolti, nel giro di pochi giorni, nel corso della tragica ritirata nel deserto.
Nel corso dei decenni, con il venir meno di pregiudiziali ideologiche e di interpretazioni storiche riduttive, la battaglia di El Alamein, per lungo tempo ufficialmente “dimenticata“, ha guadagnato lo spazio che le compete nell’attenzione degli storici e nel rispetto delle autorità nazionali.
La battaglia di El Alamein rimane uno degli esempi più significativi di coraggio e abnegazione nella storia delle nostre truppe. A oltre sessant’anni di distanza, El Alamein e il valore del soldato italiano testimoniato dagli stessi avversari di allora, diventa simbolo della ritrovata unità del popolo italiano attorno a valori forti, riconosciuti e condivisi, un’occasione per ricostruire una memoria nazionale da confrontare con quella di tutti i popoli protagonisti di quelle pagine di storia.
Noi siamo orgogliosi di esserne gli eredi. Respiriamo il loro coraggio.
mercoledì 1 luglio 2020
"Mancò la Fortuna, ma non il Valore": 78 anni fa i soldati Italiani diventavano Eterni.
Essi hanno trasmigrato dal piano fisico per diventare Dei Immortali, fondendosi con l'Eterno.
"Mancò la Fortuna, ma non il Valore": così un ceppo rende Onore agli Eroi.
Italiano di oggi: davanti al loro sacrificio china il capo, taci, non chiederti quanti sono i nemici ma solo dove siano, non chiederti in quanti siete voi ed in quanti sono loro, non indietreggiare nemmeno di un solo, fottuto millimetro. Loro non lo hanno fatto.