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sabato 20 marzo 2021

Zona bianca, zona rossa: quello che conta veramente è la nostra libertà

La Sardegna che si indigna per essere stata inserita dal Governo in zona arancione è come un carcerato che si indigna perché viene riportato in cella; allo stesso identico modo in cui esultare quando l’isola venne messa in zona bianca equivaleva alla vittima che ringraziava il carceriere per l’ora d’aria. In entrambi i casi è lampante che gran parte della popolazione non abbia capito il gioco al quale si sta giocando. Gli italiani sono davanti alla TV, con la mascherina ben appiccicata in faccia ed il gel per le mani sempre a portata di mano, ad adorare il Governo Draghi e gli stregoni dei quali si è circondato, allo stesso modo in cui, poco fa, adoravano Conte e Casalino.

I risultati sono subito evidenti: gli italiani, completamente rincoglioniti da un anno di terrorismo mediatico/sanitario, sono incarogniti contro gli “italiani irresponsabili” (italiani che, spesso e volentieri, hanno letto qualcosa di più dei vaneggiamenti di Ilaria Capua al TG4 e che vogliono vivere la vita): è colpa di quelli che sono usciti a fare lo spritz, di quelli che hanno fatto gli assembramenti, di quelli che non hanno rispettato le regole. La gara della guerra tra poveri, del tutti contro tutti, imperversa su Facebook come sul posto di lavoro (per coloro che ancora possono vantarsi di averlo, un lavoro), mentre i padroni del vapore si sfregano le mani e se la ridono.

Io stesso posso notare come, già in casa mia, nella mia famiglia di origine, le parole d’ordine siano riaprire in sicurezza/usare i DPI/ed allora tutti quei morti?/fatti un giro nelle terapie intensive e poi mi dirai. Parliamo di persone con una scolarizzazione nella media, abituate a leggere, a conversare. Eppure, paradossalmente, avere una scolarizzazione media, essere un cittadino ben informato, seguire gli speciali dei TG è, ora come ora, un impaccio: si è vittime di una narrazione ossessiva, angosciante, da vero e proprio stato di guerra che, come ogni situazione marziale, richiede la mobilitazione di tutta la popolazione contro il “nemico invisibile”, ventiquattro ore su ventiquattro, col conteggio sempre aggiornato dei tamponi eseguiti, dei positivi trovati, dei posti saturi in terapia intensiva. Provare a dialogare con queste persone, fossero anche i propri familiari, padri, madri, zie, cugini, vicini di casa, è impossibile. È inutile chiedere ironicamente loro che fine abbia fatto l’influenza, fargli leggere come sono stati conteggiati i morti di Covid (gli stessi medici, a distanza di un anno, ammettono candidamente che i conteggi sono, molto probabilmente, almeno il triplo di quelli effettivi), portargli le statistiche delle morti ed evidenziare che la stragrande maggior parte di loro sono anziani sopra i settant’anni con patologie pregresse: niente li smuoverà dalle bare di Bergamo, dalla mascherina, dal portarsi le mani alla bocca nel leggere il bollettino quotidiano dei positivi (ché di morti non si può parlare).

Un altro elemento psicologico induce molti a chinare la testa, a non fare domande che pur hanno e che, forse vorrebbero fare: il fatto che i mass media siano, nella stragrande maggioranza, totalmente allineati alla narrazione ufficiale. Dissentire, anche un minimo, dal pensiero unico significa essere un no vax, un negazionista (termine del quale che quelli come me conoscono fin troppo bene i risvolti psicologici), un ignorante. Eppure un tempo anche essere di sinistra significava, a suo modo, farsi delle domande scomode, essere, in un modo o nell’altro, la voce fuori dal coro, l’elemento stonato dell’orchestra politico-mediatica.

Altri tempi: oggi come oggi essere di sinistra significa, né più né meno, essere completamente allineati alla narrazione ufficiale. Non esserlo significa essere esclusi dalla partecipazione alla dialettica politica. Di più: essere bollati come non persone. Ecco il significato del termine “negazionista”, usato per decenni contro coloro che hanno avuto il buon gusto di leggere qualche libro di Storia in più che non fosse il solito Sabbatucci-Vidotto e che hanno compreso come l’olocausto ebraico sia una gigantesca menzogna che non ha alcuna veridicità né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista storico.

La sinistra, i mass media, il Governo – questo blocco unico, questo gigante apparentemente fortissimo ed invincibile che ha distrutto interi settori economici un tempo vanto della Nostra Nazione (sport, gastronomia, ristorazione, intrattenimento), che da più di dieci anni impedisce libere elezioni e che si è perfino potuto concedere il lusso di relegare da un anno a questa parte gli italiani in casa - non ha più bisogno di negare la realtà, di nasconderla, di occultarla. Fa di peggio: la plasma a proprio piacimento. In questo modo un anno di propaganda pandemica h24, volta ad instillare un vero e proprio stato di terrore nella popolazione, altro non è che “lotta contro il Covid”; le vittime del vaccino Astrazeneca che schiattano come mosche, viceversa, è inutile allarmismo. Certamente non vedremo mai le bare degli autocarri militari docilmente allineate, pronte per farsi fare la foto propagandistica da gettare in pasto alla popolazione, come accaduto a Bergamo l’anno scorso. Ebbene: oggi sappiamo che quelle bare di Bergamo dovettero essere smaltite dall’esercito per il semplice fatto che le agenzie funebri furono chiuse d’ufficio (ricordate i funerali non più di tot persone, non avvicinarsi alla bara, distanziamenti contingentati tra i banchi della Chiesa?).

Rigettare la narrazione pandemica, riprendersi i propri spazi, ritornare ad essere persone libere: questo farebbe crollare il gigante apparentemente invincibile.

Non è questione di essere negazionisti, no vax, pericolosi untori od irresponsabili: si tratta di essere, sic et simpliciter, delle persone di buonsenso. Ed il buonsenso ci dice che abbiamo distrutto l’economia italiana per un virus che ha causato morti nello 0,0006% della popolazione, in gran parte anziani già pesantemente debilitati. Il resto è propaganda, brodaglia da tirare giù nello sciacquone, ma che questa popolazione di decerebrati si beve fino all’ultima goccia, come se fosse un Don Perignon.

mercoledì 26 agosto 2020

Siete riusciti a rendermi simpatico perfino Briatore

 

Incredibile ma vero, gli antifascisti e la maggior parte dei covidioti italiani sono riusciti a rendermi simpatico un personaggio che di simpatico ha ben poco: Flavio Briatore.

In queste ultime settimane il noto imprenditore ha occupato gran parte dei tg nazionali (e specialmente sardi) per la sua diatriba col sindaco di Arzachena, reo di aver imposto la chiusura delle discoteche sul territorio comunale entro la mezzanotte, costringendo alla chiusura anche il noto locale Billionaire, di proprietà dello stesso Briatore, il quale aveva manifestato tutta la sua contrarietà per un provvedimento che metteva ulteriormente in ginocchio il già prostrato settore dell’animazione e dell’intrattenimento. Il Billionaire, poco dopo, è stato uno degli ultimi focolai di epidemia del Covid-19, con decine di lavoratori finiti in quarantena per aver contratto il virus.

Due giorni fa si è sparsa la notizia che Flavio Briatore era stato ricoverato anch’egli per aver contratto il Coronavirus (solita balla che i giornalisti hanno rilanciato, ben contenti di dare in pasto alla plebaglia il solito mostro da prima pagina, senza degnarsi di verificare la notizia: Briatore è stato ricoverato per problemi alla prostata); quasi contemporaneamente, specialmente su internet (Facebook in primis), ha ripreso a circolare la bufala, vecchia ormai di qualche anno, della frase che l’imprenditore avrebbe detto – ma nella realtà questa frase non è mai stata pronunciata – sul fatto che le donne dei poveri fossero immediatamente riconoscibili per il fatto di essere delle cesse.

Ciò è bastato, agli odiatori di professione, per invadere le reti sociali di video e di messaggi di insulti e maledizioni a Flavio Briatore. I sardi, in special modo, si sono distinti in quest passatempo.

È riemerso prepotente l’antico, atavico sardo: rancoroso ed invidioso verso chi, contrariamente a lui, è riuscito a realizzarsi lavorativamente ed a conseguire fama e ricchezza, pronto a bersi le balle più clamorose ed a dare retta a tutte le sparate dei giornalisti, la cui credibilità, almeno agli occhi di chi non ha ancora portato il proprio cervello all’ammasso, è prossima allo zero.

Poco importa che Briatore non abbia mai pronunciato certe frasi: il fatto che egli abbia difeso tenacemente la categoria degli imprenditori dell’intrattenimento – categoria che, per l’italiano medio, nella peggiore degli ipotesi è formata da evasori fiscali e cocainomani, e nella migliore da fancazzisti – messi in ginocchio in questi ultimi mesi dalle norme spesso folli e criminali messe in atto da questo Governo – contrariamente a ciò che è stato fatto in tutti gli altri paesi europei e contrariamente a qualunque evidenza scientifica, è bastato per attirare su di lui l’odio della canaglia di Pavlov, odiatori a comando, pronti a riversare sul prossimo bordate di maledizioni e di insulti non appena ricevuta l’imbeccata dei pennivendoli nostrani.

Flavio Briatore non vincerà l’Oscar della simpatia, d’accordo; spesso non fa nulla per essere gradevole e piacente, d’accordo; spesso si impegna per stare sulle balle a più gente possibile, d’accordo; spesso non è ciò che dice ma come lo dice a scaldare gli animi, d’accordo. Quel che è certo, però, è che Flavio Briatore è stato uno dei pochi imprenditori che ha permesso alla Sardegna ed ai sardi di puntare a qualcosa di più che non fosse il pascolare le pecore o il coltivare carciofi, creando ricchezza con le sue aziende e dando posti di lavoro. Gli italiani, e i sardi in particolare, anziché abbaiare a comando non appena ricevuta l’imbeccata dei loro padroni, farebbero bene ad ascoltarlo ed a soffermarsi su ciò che dice, piuttosto che sul come lo dice. Forse imparerebbero qualcosa.

lunedì 13 luglio 2020

I reati dei clandestini: è un bollettino di guerra

Regione Sardegna - ultime 48 ore.

A Quartu Sant'Elena è stata sgominata una banda di africani che facevano rapine col coltello; a Cagliari un clandestino, sempre africano, ha quasi distrutto un supermercato perché pretendeva di andare via senza pagare; sempre a Cagliari è stato finalmente intercettato il marocchino che, con la scusa di comprare bottigliette d'acqua e qualche panino, rubava merce come caviale, superalcolici, creme per la pelle (non vorrete che i poveri clandestini abbiano la pelle screpolata o mangino quello schifo dei centri di accoglienza!); non si trovano, invece, i clandestini ospiti di un centro di accoglienza che, poco prima di far perdere le loro tracce, hanno fatto razzia di biciclette a Sestu.

Il quotidiano bollettino di guerra di una Nazione un tempo gloriosa, ora sotto scacco di criminali e parassiti stranieri, che possono spadroneggiare solo perché i traditori della sinistra - istituzionale e non - non sono ancora stati messi tutti al muro per alto tradimento.

martedì 10 luglio 2018

L'antifascismo, eccolo qui

La violenza degli antifascisti è tutta qui, in un manifesto bellamente esposto dai terroristi cagliaritani in difesa di altri terroristi che hanno piazzato nel 2017 una bomba contro CasaPound costata mano ed occhio ad un artificiere. 

 
C'è, crediamo, tutto il necessario per inquadrare questi degenerati: il messaggio tipicamente mafioso dello "sbirro" che avrebbe dovuto farsi i fatti suoi (del resto la mafia in Italia l'hanno riportata loro e i loro padroni americani); la solidarietà con i terroristi autori dell'attentato; l'esaltazione della violenza fine a se stessa contro i nemici politici; il vilipendio alle forze dell'ordine (se schiatta uno di loro ce ne rallegriamo). 

Se avessimo fatto noi un manifesto anche solo lontanamente simile ci avrebbero già messo in galera e buttato via la chiave.

Capiamo che, quando si tratta dei responsabili degli attacchi ai Fascisti, la Magistratura cagliaritana sia sempre particolarmente benevola: chi ci ha minacciato e coperto di insulti e di minacce, pur se rintracciato, non ha fatto nè un giorno di carcere nè pagato un euro di un qualunque risarcimento; chi ha vandalizzato i nostri manifesti vantandosene su Facebook ha applicato il legittimo diritto di critica perché il nome di un Movimento che si chiama Fascismo e Libertà è palesemente provocatorio (nemmeno lo Statuto si sono andati a leggere), e quindi il cittadino antifascista ha tutto il diritto di farsi fotografare mentre vandalizza il materiale propagandistico che hai regolarmente pagato ed affisso seguendo tutte le leggi.

Ci chiediamo: incitare alla violenza fisica contro i fascisti e all'odio verso le forze dell'ordine merita la Vostra attenzione oppure anche questo è un legittimo diritto di critica? Per sapere...

mercoledì 11 ottobre 2017

Cagliari sempre meno sicura: grazie Sindaco Zedda, grazie PD.



Effettivamente ha ragione Luca Agati, il segretario provinciale del SAP, il Sindacato Autonomo di Polizia: Cagliari, fino a solo qualche anno fa, era effettivamente una città felice. A misura d’uomo, sicura, placida e tranquilla.

È bastato qualche anno di immigrazione selvaggia, che il sindaco Zedda (di Sinistra Ecologia e Libertà, partito fortemente immigrazioni sta, è bene ricordarlo) e la Giunta Pigliaru non hanno mai contestato ma verso il quale sono stati capaci di pronunciare al massimo qualche rimbrotto, per rovinare definitivamente questa città. Scippi, rapine, furti non si contano più. E anche Cagliari, si è tristemente adeguata alle altre metropoli più grandi di lei, con i famosi quartieri dove, dopo una certa ora della sera, è pericoloso uscire di casa. Anche noi abbiamo il nostro Porta Nuova, o il Nuovo San Siro: chiedere agli abitanti della Marina, o a chi la notte è costretto ad attraversare Piazza del Carmine o Piazza Matteotti.

Luca Agati è chiaro, diretto e preciso, ed evidenzia una situazione della quale si sono accorti tutti i cagliaritani

Cagliari non é più la città sicura e felice di qualche anno fa. I crimini violenti ad opera degli algerini appena sbarcati sono quotidiani, vi sono evidenti lacune normative che permettono ai clandestini di girare indisturbati senza correre il rischio di subire carcerazioni nonostante condotte violente e reiterate e l’espulsione é di fatto un semplice documento senza valore che mai si accompagna ad un allontanamento dal territorio nazionale. [… ] La microcriminalità si contrasta soprattutto con più uomini in strada, peccato che in sei anni Cagliari abbia perso circa 120 Poliziotti andati in pensione e mai sostituiti. Ci sono evidenti difficoltà a pagare gli straordinari, con un arretrato di un anno, grazie al ”forbicione” dei tagli nonostante numerose realtà funzionino proprio grazie al sacrificio degli operatori che volontariamente protraggono gli orari di servizio, ci sono uffici in grave carenza di personale sebbene oberati dalle attività legate alle emergenze criminalità, immigrazione ed ordine pubblico, gli uffici investigativi sono spogliati delle loro peculiarità per l’esigenza di contrastare fenomeni di criminalità sconosciuti fino a qualche anno fa”, prosegue. “Nel periodo estivo addirittura si é faticato a concedere ferie e riposi , proprio per evitare di lasciare sguarnita la città. Siamo sempre più anziani e stanchi e con una media di età di 49 anni ed é sempre più difficile contrastare una criminalità giovane e spregiudicata. La situazione è preoccupante ed é necessario un cambio di rotta, lanciamo l’ennesimo appello alle istituzioni affinché intervengano urgentemente per porre rimedio a queste palesi imperfezioni che rischiano di mettere in pericolo la sicurezza dei Poliziotti e degli stessi cittadini”.

Due cose saltano all’occhio, ancora più importanti proprio perché pronunciate da chi, quotidianamente, ha a che fare con la criminalità: la sensazione di impunità che gli immigrati hanno nei confronti dello Stato italiano (specialmente gli algerini: è bastato qualche sbarco di questi parassiti, che non fuggono da nessuna guerra, per far impennare il numero dei reati compiuti ad opera loro) e il fatto che a Cagliari vi siano dei tipi di reati che prima la città non conosceva.

Io ho vissuto , specialmente gli anni passati, la Cagliari notturna. Mai mi è capitato di temere per la mia incolumità o la mia sicurezza passando alle quattro di notte davanti alla Stazione, parcheggiando l’automobile nei parcheggi del CIS o sotto il Bastione, o passando davanti all’oncologico, magari per accompagnare un parente gravemente malato a sottoporsi a delle visite mediche. Invece tutto ciò è diventato quotidianità: solo nelle ultime due settimane si sono contati diversi scippi, aggressioni davanti ad un noto ristorante cagliaritano ai danni di una giovane ragazza, palpeggiamenti di clandestini in Via Roma alle 15.00 di pomeriggio ai danni di una tredicenne che camminava tenendo la mano della madre. Sono tutti avvenimenti che, solo fino a qualche anno fa, accadevano una volta ogni morte di Papa, e quando accadeva se ne parlava per giorni. Ora è quotidianità, situazioni di tutti i giorni con le quali, volenti o nolenti, tutti noi ci troviamo a fare i conti. 

Cagliari diventa sempre più una grande città italiana: con i suoi quotidiani tentativi di scippo, i suoi frequenti casi di aggressioni da parte di immigrati, i suoi quartieri off limits per chi ha la sfortuna di non far parte della feccia africana. Era un tipo di parità del quale avremmo fatto volentieri a meno. Il tutto grazie ad un governo criminale, che ormai privilegia l'invasione di fancazzisti africani come metodo privilegiato di sostituzione etnica della popolazione italiana.

Grazie, Sindaco Zedda, grazie PD.

martedì 3 ottobre 2017

La Nazione si difende. Anche con qualche calcio in culo, se necessario



Per capire da che parte stia la ragione tra i secessionisti catalani e il governo spagnolo basta leggere l’articolo 155 della Costituzione Spagnola:

“Ove la Comunità Autonoma non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi, o si comporti in modo tale da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna, il Governo, previa richiesta al Presidente della Comunità Autonoma e, ove questa sia disattesa con l’approvazione della maggioranza assoluta del Senato, potrà prendere le misure necessarie per obbligarla all’adempimento forzato di tali obblighi o per la protezione di detti interessi”. 

Tutto molto semplice. Tutto scritto nero su bianco. Eppure sarebbe bastato così poco, sia da una parte che dall’altra, per evitare quello che sta accadendo…

I catalani e i movimenti referendari, innanzitutto, sapevano e sanno benissimo che il referendum per l’indipendenza dalla Spagna, anche se si fosse regolarmente tenuto, sarebbe stato nullo, proprio perché la costituzione spagnola vieta qualunque attentato alla sovranità territoriale della Spagna. Il governo centrale, dal canto suo, aveva due opzioni: lasciar svolgere tranquillamente il referendum, che sarebbe stato comunque nullo; intervenire ed impedire con la forza lo svolgersi delle votazioni, dando al movimento indipendentista (composto, in stragrande maggioranza, dalla sinistra e dall’estrema sinistra, capitanati da quella Ada Colau, vicesindaca di Barcellona, che qualche mese fa piagnucolava perché a Barcellona c’erano troppi turisti e pochi immigrati) un’aura di martirio che altrimenti non avrebbe mai avuto. Come sappiamo, il Governo centrale ha scelto la seconda alternativa.

Forse, se il governo avesse lasciato svolgere il referendum (contando, magari, sulla scarsa affluenza alle urne), consapevole che non sarebbe stato comunque valido, non staremmo qui a parlare e a scrivere delle manganellate sulla folla, delle cariche sfollagente, e via dicendo. Forse avremmo archiviato il tutto come una vicenda interna alla Spagna.

Invece la sinistra nostrana, che non perde mai occasione per rendersi ridicola, ha colto la palla al balzo. Quella sarda, in particolare, ha fatto il botto.

Ci siamo dovuti sorbire questi individui che per anni davano degli ignoranti ai leghisti e alle aspirazioni di indipendenza da Roma e dal Governo centrale. Ora che i leghisti si sono travestiti con una sciarpa della pace, ecco che tutto ciò che hanno negato per anni diventa lecito. La Giunta Regionale sarda, in particolare, non ha trovato niente di meglio da fare che esprimere in un comunicato tutta la sua vicinanza agli indipendentisti catalani, mettendo così in imbarazzo non solo il governo nazionale, ma anche quei sardi, come il sottoscritto, che vicini ai catalani non lo son affatto. Con arroganza, il governo sardo si è preso la libertà di intervenire su una materia delicatissima riguardante uno Stato straniero e sovrano, come quello spagnolo, parlando anche a nome dei sardi che filo-catalani non sono. Come se non bastasse gli indipendentisti sardi, gli stessi che insultano Salvini un giorno si e l’altro pure perché non gli perdonano ancora la sua appartenenza ad un partito politico che prima di ingrandirsi su scala nazionale tuonava contro Roma ladrona e proclamava l’indipendenza della Padania, hanno preso pure i trattori per andare a solidarizzare con i sovversivi spagnoli. E’ proprio vero che certa gente non ha un c**** da fare. 

Eppure noi sardi un esempio – almeno morale – di indipendentismo lo abbiamo avuto in casa: Salvatore Meloni, per difendere quell’indipendentismo in cui molti di noi non credevano e non credono, per le sue idee è morto. Una dimostrazione di coraggio ben diversa da quattro teppisti che prima attentano alla sovranità territoriale dello Stato e poi protestano per qualche manganellata.

Bene fa la Spagna a difendere la propria integrità territoriale. Se serve, anche con qualche sacrosanto calcio nel culo.

giovedì 6 luglio 2017

La terra Le sia lieve, Doddore



La Sardegna ha perso un uomo. Un uomo vero. Un uomo che – a prescindere dalle sue idee, condivisibili o meno (e per noi non lo erano e non lo sono, essendo la Patria una, sacra e indivisibile) – ha avuto il coraggio di lottare e di morire fino alla fine per quello in cui credeva. Senza che nessuno sottoscrivesse alcuna petizione per lui, senza che nessun giornalista si mobilitasse per le sue istanze, senza alcun comitato di opinione come se ne sono formati tanti (per difendere l’assassino di bambino Achille Lollo, per esempio, si mobilitarono addirittura quei fiancheggiatori di criminali che rispondono al nome di Franca Rame e di Dario Fo).

È morto da solo, Doddore Meloni, ed ha avuto il coraggio di fare quello che un altro politico ben più esperto di scioperi della fame (rivelatisi sempre più o meno fasulli, come fasullo era il personaggio che li faceva) non ha fatto mai, preferendo lo spettacolo alla coerenza: andare fino in fondo. 

Doddore Meloni – fiore all’occhiello dell’indipendentismo sardo – è morto a causa dello sciopero della fame condotto contro questo Stato che egli vedeva come straniero, come usurpatore, e aveva avuto il coraggio di colpirlo, questo Stato, dove gli fa più male: “Non si pagano le tasse agli stranieri”. Avevano provato a piegarlo già quarant’anni fa per il suo (forse maldestro) tentativo di avvicinamento a Gheddafi, avevano provato a silenziarlo quando aveva occupato l’isola di Malu Entu, davanti ad Oristano, con tanto di comunicazione di indipendenza inviata alle autorità italiane. Fino a quel momento, tutto era stato più o meno passabile. Ma sulle tasse no. Sulle tasse lo Stato non scherza. Per farlo pagare lo avevano inseguito addirittura con diverse volanti, lui sulla sua Panda rossa e quegli altri dietro con lampeggianti e sirene. 

Doddore stava antipatico un po’ a tutti noi perché ha avuto il coraggio, lui con quella sua ostinata testardaggine tipicamente sarda, di metterci crudelmente davanti alle nostre mancanze, ai nostri limiti, alle nostre debolezze: il coraggio di andare fino in fondo, di resistere, anche quando tutto crolla, anche quando la nave si sta inabissando definitivamente. Chi di noi ha mai avuto quel coraggio? Chi di noi avrebbe il coraggio di fare come lui, lasciarsi morire di fame per ciò in cui si crede?

Aveva forse torto, Doddore? Non è forse vero che questo Stato è ormai diventato estraneo, per non dire nemico, ai suoi stessi cittadini? Uno Stato che tartassa al 70% le piccole imprese, che chiude gli ospedali, che insegue gli anziani per arretrati di 30 euro, che esporta laureati e importa fancazzisti africani: può considerarsi legittimo? Uno Stato che condona ad un pilota di motociclismo l’evasione di decine di milioni di euro, che permette la permanenza delle multinazionali e dei loro paradisi fiscali grazie ai quali non pagano le tasse, e che poi insegue con volanti e gazzelle un signore in Panda per qualche migliaio di euro: può considerarsi giusto?

Saint-Paulien, nel suo “I leoni morti” in cui ricordava l’eroica, disperata e tragica difesa di Berlino da parte degli ultimi reparti europei fedeli al Terzo Reich, scrisse: “Ciò che conta in guerra non sono i semplici uomini, ma l’uomo come soldato capace di difendere fino in fondo un brandello di terra o, all’estremo, un brandello di idea”. 

La Sardegna perde per i più un politico, per altri un indipendentista, per me un uomo ed un soldato. A prescindere da tutto, anche dalle sue idee, che non ho mai sostenuto.

La terra Le sia lieve, Doddore.

giovedì 5 novembre 2015

Ditelo in faccia ai sardi, se avete coraggio



È la nuova moda dei cretini, specialmente quelli di sinistra, e oramai, purtroppo, la sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle: quella di privilegiare orde di stranieri e di parassiti che con la fuga dalle guerre hanno ben poco a che fare, a scapito degli italiani.

In Sardegna, la moda dell’ultima stronzata – perché, perdonatemi, in altro modo non si può assolutamente definire – l’ha lanciata alla fine del mese scorso il Presidente del Consiglio Regionale sardo, Gianfranco Ganau: “La Sardegna è una Regione scarsamente popolata e che tra 30 anni perderà ulteriormente quasi mezzo milione di abitanti. I migranti potrebbero costituire una valida risorsa per combattere lo spopolamento e per creare una società multietnica e multi religiosa”.

Ma si sa, le disgrazie non vengono mai da sole, specialmente se un intero esercito di malati di mente governa il Consiglio regionale e scrive anche sui giornali, come quell’altro stronzetto di sinistra radical chic, tal Beppe Severgnini, che dal suo attico di New York dispensa scoregge che gli escono dai denti e che ci vengono spacciate per pillole di altissima saggezza ed erudizione: il Severgnini pensa che, visto che la Sardegna ha una alta percentuale di terreni incolti, sia il caso di assegnargli agli immigrati, che così potranno lavorarla.

Assistiamo quotidianamente al razzismo all’incontrario che i nostri stessi governanti attuano contro gli italiani per favorire un esercito di clandestini, di irregolari e di parassiti, a scapito della nostra economia, del nostro Stato sociale, della nostra stessa unità culturale (ammesso che tra questa pletora di imbecilli ci sia ancora qualche cosa da difendere, di culturale). Ora, in particolare, dobbiamo pure sorbirci luridi massoni e stronzetti radical chic che dalle loro ville e dai loro attici a New York scambiano la Sardegna per una enorme terra di conquista dove stipare orde di immigrati, completamente disinteressati ai bisogni ed alla sorte del popolo sardo. 

In un Paese normale avremmo una classe politica seria e più attenta ai bisogni dei propri cittadini che non a raccattare l’applauso di qualche miserabile con la tessera del PD. 

Andate a dire che volete ripopolare la Sardegna con gli immigrati a tutte quelle persone, giovani specialmente, che ogni anno sono costrette ad emigrare via dalla propria terra, per cercare di sfuggire alla piaga della disoccupazione e della povertà che affligge la Sardegna. Andatelo a dire a tutti i poveri, i disoccupati, coloro che cercano disperatamente un lavoro e sono quotidianamente tartassati ed umiliati da uno Stato che spreme come dei limoni i propri cittadini per tutelare masse di criminali e di parassiti che hanno eletto l’Italia a propria terra di conquista. Andatelo a dire a tutti coloro che vorrebbero lavorarla, la terra sarda, ma che non possono perché non hanno i soldi per accedere ad un finanziamento bancario. Andatelo a dire agli abitanti del Sulcis, la regione più povera di tutta Italia. Andatelo a dire ai manifestanti che ieri, nel Sulcis, sono stati massacrati dalla Polizia in difesa della più grande esercitazione militare degli ultimi anni, la “Trident Juncture”, una di quelle esercitazioni che ogni estate fanno scappare i turisti terrorizzati dalle splendide spiagge sarde di Porto Pino e dintorni, perché sembra di stare dentro un bombardamento. 

Scendete dal vostro attico a New York o dal vostro ufficio in Regione, e andateglielo a dire in faccia. Miserabili bastardi…