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mercoledì 19 maggio 2021

Essere Nazionalsocialisti significa (e deve significare) essere revisionisti

Ci scrive un lettore, a metà tra l’irriverente e l’indignato, relativamente al mio ultimo articolo “Reprimono il dissenso con i TSO: stiamo diventando uno Stato totalitario?”: come ci permettiamo di dire che non si può essere Nazionalsocialisti senza dirsi anche revisionisti? Il revisionismo è una branchia della storia che nulla ha a che fare con l’avere idee politiche. Infatti molti autori revisionisti sono di sinistra e i primi revisionisti, come Faurisson, erano stati già deportati nei campi di sterminio nazisti”.

Quello che stiamo per enunciare è un concetto semplice, da noi espresso già milioni di volte, e che i lettori di questo spazio dovrebbero avere comunque interiorizzato. È comunque bene ripeterlo, per evitare fraintendimenti.

È certamente vero, come ci viene fatto notare, che essere revisionisti significhi solamente essere persone colte e che hanno avuto modo di studiare la Storia su qualche testo più serio che non fosse il Sabbatucci-Vidotto delle scuole superiori. Ciò non implica assolutamente che si debba simpatizzare per il Nazionalsocialismo oppure essere Fascisti.

Ma se è vero che non tutti i revisionisti sono Nazionalsocialisti è sicuramente vero che tutti i Nazionalsocialisti sono (o dovrebbero essere) revisionisti, cioè rifiutare la narrazione ufficiale secondo cui ci sarebbe stato, da parte della Germania Nazionalsocialista, con il supporto dei suoi alleati (in primis di Mussolini e dell’Italia Fascista), il deliberato intento di sterminare fino all’ultimo uomo una popolazione sostanzialmente inerme, cioè gli Ebrei, oltre ad altre categorie sociali e razziali. Essere Nazionalsocialisti senza essere revisionisti significherebbe, né più né meno, essere dei pazzi psicopatici, il che si che renderebbe obbligatorio ed auspicabile un TSO!

Essere Nazionalsocialisti e Fascisti significa leggere la Storia in chiave “altra” rispetto a come ci è stata raccontata per renderci docili e mansueti alle necessità del regime democratico; significa ritenere che il Nazionalsocialismo fosse e sia qualcosa di più profondo di un dittatore con deliri di onnipotenza che voleva sterminare tutti coloro che non erano alti e con i capelli biondi; significa rigettare la terminologia e l’ideologia sterminazionista, basata su documentari farlocchi vecchi di almeno quarant’anni e testimonianze già ampiamente sbugiardate in sede storica (leggasi Carlo Mattogno), per opporre un pensiero costruttivo.

Viceversa si farebbe il gioco dei soliti padroni del vapore.

lunedì 29 giugno 2020

Sallusti scriva pure i suoi articoli strappalacrime, ma non faccia paragoni con una Storia che non conosce



Leggendo alcuni articoli, sovente, mi viene da interrogarmi se l’autore sia ignorante, in malafede, voglia conformarsi al politicamente corretto antifascista, oppure un miscuglio di tutte queste cose insieme.

È quello che mi è accaduto ieri, a pagina 11 di Libero, leggendo l’articolo di Giovanni Sallusti a commento dell’episodio di cronaca nera che ha sconvolto l’Italia: Mario Bressi che, accecato dalla gelosia, uccide le sue due figlie per fare un dispetto alla moglie dalla quale si stava separando e poi si getta nel vuoto, uccidendosi.

Capiamo le invettive di un Sallusti sconvolto quando scrive (giustamente): “Non definitelo comodamente bestia, perché gli animali non si sarebbero mai lasciati alle spalle uno scempio del genere”. Condividiamo. Sarebbe il caso di indagare un po’ più a fondo, però, e chiedersi cosa accada nell’animo di un uomo che ha combattuto per la propria famiglia, che ha creduto in dei valori e ha fatto dei sacrifici per essi, e che la vede disintegrarsi sotto i suoi occhi per i futili capricci della donna che ha amato, la quale, un bel giorno, si invaghisce di un altro e ti sbatte fuori di casa come l’ultimo dei coglioni, grazie alla legge italiana che ti costringe a pagare anche quando sei tu, palesemente, il “cornuto e mazziato”. Così sembrava andare la vita di Mario Bressi.

Capiamo però perfettamente che Giovanni Sallusti non si sia addentrato in queste considerazioni, preferendo giocare sull’immediato, sulla “pelle” del lettore, sulle disgustose emozioni che provoca in una persona normale l’omicidio di due bambine da parte del padre, per motivi di gelosia.

Quello che non capiamo, però, sono gli accostamenti storici fatti “ad minchiam”, giusto per raccattare qualche applauso politicamente corretto, quando il giornalista scrive: “Mario Bressi si è congedato dal mondo oltre il patologico, oltre il criminale, in una dimensione che perde i riferimenti anche più perversi e prevede solo un tetro compiacimento dell’Io ridotto a discarica, ha fatto qualcosa che in passato ad esempio fece Joseph Goebbels, per dire quanto bisogna scendere negli scantinati dell’essere, uccidere i propri figli.

Della serie: se ti riduci a compiere la stessa scelta che fece l’allora Ministro per la Propaganda del Terzo Reich, significa che hai raggiunto gli abissi più profondi della degradazione dell’animo umano.

Come al solito i gerarchi Nazionalsocialisti, quando non Adolf Hitler in persona, vengono presi ad esempio del Male più assoluto, come in questo caso.

Sarebbe bene che Giovanni Sallusti si rileggesse qualcosa su ciò che accadeva in quei giorni, a Berlino, quando Joseph e Magda Goebbels presero la tremenda decisione di avvelenare i propri figli, e non fu certamente una scelta a cuor leggero. Forse testi come “Le ultime ore dell’Europa” di Adriano Romualdi, o “I leoni morti” di Saint-Paulien, per citare solo due dei testi fondamentali per capire la Storia (non quella scritta da massoni o da giudei, certamente), aprirebbero gli occhi al giornalista antifascista.

Il quale scoprirebbe cosa accadeva in quei giorni, a Berlino, mentre i diavoli rossi della SS Charlemagne, i disperati, gli ultimi ancora capaci di combattere dopo i massacri indiscriminati, difendevano il bunker di Adolf Hitler dalle orde dell’Armata Rossa, superiore almeno dieci volte di numero, i cui soldati stupravano indistintamente tutte le donne dai 7 agli 80 anni per poi inchiodarle alle porte della case, uccidevano, torturavano, galvanizzati dalle parole dell’ebreo Ilija Ehrenburg, che così scriveva loro: “Soldati dell’Armata Rossa! Uccidete! Uccidete! Schiacciate la belva fascista nella sua tana! Prendete come preda le donne tedesche! Umiliate il loro orgoglio razziale! Uccidete i fascisti! Uccideteli tutti! Tutti i fascisti sono colpevoli! I nati, ed i non nati!”.

Davanti ad un carnaio simile, all’inferno che scende in terra portato dai selvaggi demoni bolscevichi, “ogni atto di viltà era un crimine intollerabile”, come scrisse Adriano Romualdi: fu a quello scopo, infatti che Adolf Hitler costituì il “volksturm”, il richiamo dei riservisti e l’arruolamento di tutti i ragazzi dai 16 anni in su (ma molti più piccoli si arruoleranno volontariamente, il panzerfaust di sghimbescio sulla traversa della bicicletta – momenti di gloria che rendono il popolo tedesco, almeno quello fino al ’45, degno di essere omaggiato e ricordato) per difendere la Patria dall’invasore e ricacciarlo indietro.

Fu in questo inferno, con il sacrosanto terrore di quello che sarebbe accaduto ai loro figli se solo fossero caduti in mano nemica – ai figli di uno dei Ministri più importanti di quel Terzo Reich che cadeva gloriosamente in un inferno di fiamme e di acciaio – che Magda e Joseph Gobbels scelsero, con la morte nel cuore, di dare ai propri figli una morte indolore, che sarebbe stata di gran lunga preferibile a ciò che avrebbero subito se fossero disgraziatamente caduti nelle mani dei barbari sovietici. La stessa pietosa mano guidò quella del Fuhrer – quell’Adolf Hitler che, nonostante gli innumerevoli consigli per la propria sicurezza personale, era testardamente voluto restare a Berlino per difenderla fino alla fine, per restare accanto al popolo tedesco – nei confronti della sua cagnetta Blondie: chi aveva fatto così tanto per il benessere animale, introducendo una legislazione all’avanguardia nella protezione dei diritti degli animali, a tal punto che farebbe impallidire anche gli animalisti più esagitati di oggi, tremava al solo pensiero di cosa sarebbe accaduto ad una delle creature che più aveva amato in terra.


Paragonare questi due avvenimenti, a prescindere dalla contestualizzazione che deve necessariamente essere fatta, ed il tutto allo scopo di raccattare qualche applauso dagli antifascisti della destra, è un’operazione che può fare solo chi è profondamente in malafede o solo chi è profondamente ignorante. Scelga Sallusti cosa preferisce essere.

venerdì 21 novembre 2008

Hitler sarà stato anche monorchico, però aveva le palle


Ascoltare le balle del Grande Fratello, con il suo codazzo di reggicoda, ballisti di professione e utili idioti, è sempre particolarmente utile per convincersi sempre più che, nonostante il Fascismo e il Nazionalsocialismo siano ormai stati sconfitti tanto tempo fa dal punto di vista militare, viceversa non lo sono dal punto di vista politico.
Non passa giorno senza che i pennivendoli di professione, approfittando della scarsa memoria degli italiani, non cerchino di coprire di ridicolo e di infangare Mussolini, Hitler e simili. Vediamo, nel concreto, le palesi menzogne che gli sgherri del Big Brothers cercano di rifilarci.
In questi giorni i giornali riprendono l’antica menzogna secondo la quale Hitler avrebbe avuto, in seguito ad un incidente occorsogli nella prima guerra mondiale, un solo testicolo. A parte il fatto che non si capisce perché un uomo con un solo testicolo dovrebbe essere discriminato rispetto a chi di testicoli ne ha due (ma non erano contro le discriminazioni questi democratici?), leggiamo quello che si scrive in giro. Il testimone unico, la cui veridicità non può ovviamente essere accertata, è Blassius Hanczuch, amico di quel padre Jambor che salvò la vita al futuro Fuhrer e che ebbe modo di leggere il diario personale all’interno del quale frate Pawlar (amico e confessore di padre Jambor) scrisse tale avvenimento. Insomma: quel tipo che ha sentito che quello ha sentito che quell'altro ha sentito che a quell'altro è stato detto che quello ha letto..... Secondo padre Jambor Hitler, subito dopo l’incidente, il futuro Fuhrer gridava come un ossesso (e te credo!) e chiese al suo soccorritore: “Padre, ma potrò avere ancora dei figli?” Curiosa una frase del genere, dato che la stragrande maggioranza delle biografie sul politico tedesco non ci ragguagliano sul fatto che Hitler avesse avuto dei figli anteriormente alla prima guerra mondiale. Revisionisti, questi giornalisti, ma solo quando fa comodo a loro.
Secondo altri documenti fu appurato che Hitler sarebbe stato monorchico (dotato di un solo testicolo) da un’autopsia russa. Diavolo d’una Russia! Non si era mai sentita di una autopsia russa su Hitler! E si che se ne sono scritti di libri e di saggi sul modo in cui morì il Fuhrer (tant’è che chi studia la Storia sa bene che ancora oggi sono discusse diverse ipotesi)…
Tutto qui. Vedete? Basta poco per demolire questi giornalisti revisionisti di balle. Leggendo i loro stessi capolavori, tra l’altro.
Chiudo con una piccola parentesi. Come da tradizione, torna in auge la solita grossa balla sull’omosessualità (presunta e mai dimostrata) di Hitler. Anche se fosse acclamata tale ipotesi, non vedo che cosa ci sarebbe di male, in particolar modo oggi che l'omosessualità viene addirittura ostentata e considerata come normale e della quale non vergognarsi affatto.
C’è poco da fare: a distanza di quasi un secolo, il sistema ha talmente paura di quegli uomini che hanno suscitato l’ammirazione di gran parte del mondo all’epoca libero, da sentirsi in dovere di (cercare di) coprirli di ridicolo e di menzogne ancora oggi.
Hitler e Mussolini hanno spaventato il grande capitale, la finanza internazionale e la massoneria plutocratica a tal punto che per farli fuori hanno dovuto scatenare una guerra mondiale. Figuriamoci se di testicoli il Fuhrer ne avesse avuti due, anziché uno solo come ci dicono. Sarà stato anche monorchico, ma tutto si può dire di Hitler tranne che non abbia avuto le palle… Quelle che non hanno loro, anche se di testicoli ne hanno due.

sabato 26 aprile 2008

Viva la Resistenza. Quella vera

Ogni anno, quando si avvicina il 25 aprile, i gendarmi della memoria propagano, su giornali, riviste e tv, le solite menzogne che gli italiani sono costretti a sorbirsi ormai da decenni. In questo periodo, colui che non ha portato ancora il suo cervello alla rottamazione, è costretto annualmente ad impallidire per la capacità dei gendarmi di fare quello che neanche il più originale dei Goebbels avrebbe anche solo potuto lontanamente concepire: ecco quindi che la sconfitta militare diventa grande vittoria, l’invasione straniera “liberazione”, gli Alleati del giorno prima cattivi ed invasori, i vigliacchi che sparano a tradimento improvvisamente assurgono al grado di “partigiani liberatori”. Certamente, la Storia la scrivono i vincitori, e i vinti devono tacere. Ma non è detto che i vinti debbano tacere per sempre.
Ogni anno, nei cuori di coloro che non hanno tradito, il 25 aprile diventa uno dei tanti spunti di riflessione per constatare la totale degradazione morale, spirituale e politica della Patria. E’ una degradazione che parte da lontano: comincia con la seconda guerra mondiale. E’ la guerra dell’Occidente che un tempo era Europa e non Stati Uniti d’America, del valore e dell’onore che chiamano a raccolta i più giovani spiriti europei per la creazione dell’Ordine Nuovo di Patria, Onore, Fedeltà, Tradizione ( che non è conservatorismo ), è la guerra del sangue contro l’oro. L’umiliazione italiana, l’inizio della discesa comincia da lì. Dalla vergogna dell’otto settembre, giorno in cui l’alleato di ieri diventava il nemico di oggi; dai partigiani che, a guerra finita, scendono dalle montagne per sparare alle spalle contro un nemico già sconfitto: non guerra civile, ma vendetta cieca e sadica; dagli Italiani che acclamano i “liberatori” contro i quali hanno combattuto fino al giorno prima; dai corpi senza vita di due amanti sputati, aggrediti, violati; dai Fascisti che sparano e distruggono le effigie del Duce e dell’Italia Fascista che avevano acclamato fino al giorno prima.
Accanto a questi esempi la seconda guerra mondiale fu il banco di prova in cui i Fascisti misero a prova la loro fede. E tante furono le occasioni di onore, di gloria, di disinteressato eroismo. Come non ricordare con commozione i camerati che lì, tra quelle fangose trincee persero la vita? Sono immagini nebulose, lontane, eppure ancora vive e dolorose per chi ama la sua Nazione e la propria gente, per chi sente quel sacrificio nel cuore, lontano dalle squallide celebrazioni resistenziali.
Ad Ardea, a Pratica di Mare, i Fascisti della Folgore si immolano fino all’ultimo uomo per contenere l’avanzata dell’invasione. Partono più di mille, ne resteranno meno di 50.
Nel Lazio le SS Italiane, pur di tenere il fronte, vengono letteralmente dimezzate, e ancora, nella loro ritirata, sparano le loro ultime cartuccie contro il nemico.
In Russia, nelle gelide steppe comandate dal generale Inverno, i camerati dell’ARMIR compiono atti di puro eroismo e di valore assoluto. A questa triste mattanza fa seguito il bollettino n°630 del Comando Militare Sovietico: “Unicamente il Corpo Alpino d’Armata Italiana deve considerarsi imbattuto sul suolo sovietico”.
Mentre l’Europa, questo gigante di milioni di Fascisti e Nazionalsocialisti europei, cade e agonizza in un incessante rogo di bombe, in una mattanza totale e sanguinosa contro le plutocrazie occidentali, i Russi entrano in Germania. I liberatori cominciano subito con quello che sanno fare meglio: stuprano, uccidono, saccheggiano. Anche le bambine vengono ripetutamente violentate, stuprate e dilaniate. Davanti a questa strage la volontà di resistenza dei tedeschi si fa incrollabile: si mobilitano tutti gli uomini dai sedici ai sessanta anni, si preparano le micidiali V1 e V2, si aumenta la produzione bellica. I Russi hanno violato il Reich, lasciando dietro di loro montagne di morti, di stupri, di crimini, eppure la culla della riscossa europea, la Germania, non crolla. I Russi arrivano a Berlino, strada per strada, casa per casa, fino al bunker del Fuhrer. E’ qui che i camerati della SS Charlemagne, i monaci tibetani, le donne tedesche si avventano con disperata furia sui carri armati. E’ una mattanza dolorosa, incalcolabile, commovente e coraggiosa: è l’estremo atto della Germania che non cade e che non si arrende. E’ qui che migliaia di camerati europei sacrificano la propria vita. E’ qui che, tra le raffiche dei mitragliatori e le bombe che cadono a grappolo, si sente il grido dei giovani hitleriani, tredicenni eppur già uomini: “Continueremo a lottare / anche fino a quando il mondo intorno a noi cadrà in pezzi”. La bandiera sovietica della falce e martello splende sulla Cancelleria Tedesca. Il Fuhrer, che è rimasto a Berlino nonostante gli innumerevoli consigli per la sua sicurezza personale, si è già sparato alla tempia. All’ufficiale che, poco prima del gesto gli chiederà “Per chi combattiamo noi adesso?” il Fuhrer Adolf Hitler risponde. “Per l’uomo che verrà”.
In Italia, nel frattempo, sono arrivati gli americani. Hanno cominciato dalla Sicilia, incontrando nessuna resistenza nonostante buone postazioni e buoni armamenti permettessero agli italiani perlomeno di contenere l’avanzata a stelle e strisce, e cominciano a risalire tutto lo stivale. Vittorio Emanuele III, resosi conto del cambio di vento, detronizza Mussolini per sostituirlo col massone Badoglio. Scappa poi, seguito da un codazzo di ufficiali che si affollano davanti alla sua nave, ciascuno reclamando un proprio posto per la fuga: è una delle pagine più tristi e più disonorevoli dell’intera Storia italiana. Per chi è orgoglioso della sua Patria, ricordare questi momenti spinge a vergognarsi di esserlo.
Gli americani salgono tutta l’Italia, si affacciano minacciosi al nord. E’ qui che Pavolini, uno degli uomini più risoluti del Fascismo, organizza le squadre d’azione per l’estrema difesa delle ultime postazioni. Le priorità sono la ridistribuzione delle terre ( si concretizza la socializzazione delle imprese ), il funzionamento delle fabbriche, il contenimento dei sabotaggi e della guerriglia partigiana, la difesa del Duce, liberato da Skorzeny sul Gran Sasso: è un’altra dimostrazione di amicizia di Hitler. Nella tragedia finale c’è la Valtellina, l’estremo sacrificio dei camerati italiani: se il Fascismo deve cadere, allora cadrà gloriosamente. Ma c’è ancora da combattere: è alla RSI e alle Brigate Nere che spetta il compito di difendere l’italianità dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia.Nonostante la sentenza del Tribunale Supremo Militare ( 1954 ) questi uomini non sono ancora inequivocabilmente riconosciuti militari belligeranti.E' nelle rughe di queste terre che uomini, bambini, donne e sacerdoti cadono per sparire nel niente. E' la tragedia delle foibe. Voluta dai partigiani di Tito, aiutati da quelli italiani.
Chi non può combattere, chi non accetta di vivere in un mondo di rovine, sceglie l’estremo sacrificio, il più sofferto, il più personale: il suicidio. E’ Manlio Morgagni, il Direttore della Stefani, che lascia scritte queste parole: "Mio Duce! L'esasperante dolore di italiano e di fascista mi ha vinto! Non è atto di viltà quello che compio: non ho più energia, non ho più vita. Da più di trenta anni tu, Duce, hai avuto tutta la mia fedeltà. La mia vita era tua. Ti ho servito, un tempo, come amico, ho proseguito a farlo, con passione di gregario sempre con devozione assoluta. Ti domando perdono se sparisco. Muoio col tuo nome sulle labbra e un'invocazione per la salvezza dell'Italia. Morgagni". Bagliori accecanti e dolorosi, in cui il nome dell’Italia esce pulito.
I partigiani scendono dai loro nascondigli sui monti: la guerra è finita, può cominciare la mattanza. E’ il preludio di un vero e proprio “genocidio politico” che continuerà fino a dopo gli anni’50 e che passa per i camerati di Oderzo, o per i giovani fascisti della prigione di Schio, ampiamente conosciuti da decenni ma che qualche giornalista sinistrorso, in vena di un po’ di pubblicità, finge di spolverare adesso.
Milioni di camerati, cementati dalla fede Fascista, hanno combattuto nelle trincee la guerra che ha deciso i futuri assetti dell’Europa e del mondo. Coloro che oggi stuprano l’Iraq e l’Afghanistan, che sostengono l’unico Stato canaglia del Medio Oriente, il terzo o quarto esercito del mondo, che si appropria di terre altrui, sterminando un intero popolo in nome della sicurezza, hanno già incenerito l’Italia, Dresda, Amburgo, Montecassino, Hiroshima e Nagasaki. Coloro che ancora oggi piagnucolano per una guerra al cui scoppio essi stessi contribuirono fattivamente, nel 1944, per bocca dell’ebreo Ilija Ehrenburg, così parlavano: “Soldati dell’Armata Rossa! Prendete le donne tedesche, umiliate il loro orgoglio razziale!”: fu senza dubbio un incitamento che venne preso molto sul serio.
Contro la mistificazione di oggi, l’ipocrisia, la commozione a comando, l’intimidazione dei gendarmi della memoria, come devono porsi i Fascisti oggi? Cominciamo a cantare: “Continueremo a lottare / anche fino a quando il mondo intorno a noi cadrà in pezzi”.

Andrea Chessa

lunedì 31 dicembre 2007

La questione palestinese non è la loro

Andrea Chessa, 31/12/2007
Come sicuramente chi non segue la disinformazione ufficiale ( che in questi giorni ci delizia sui panettoni, il cenone di fine anno, i nuovi vestiti che faranno tendenza nel 2008 e così via ) avrà avuto modo di apprendere, qualche giorno fa una delegazione italiana si è recata nella Striscia di Gaza per verificare le condizioni di vita dei palestinesi gulaghizzati all’interno del territorio in cui Israele pratica la sua politica di sterminio sistematico ai danni della popolazione palestinese, rea di non voler abbandonare la terra che abita e ama da millenni. Nonostante tutte le rassicurazioni del governo Italiano, la delegazione è stata respinta dalle autorità israeliane e non ha potuto quindi svolgere le attività che si era prefissa. Questo suona non solo come una umiliazione alla reputazione e all’autorità dell’Italia, che aveva garantito che la delegazione non avrebbe incontrato ostacoli, ma aumenta ancor di più i sospetti ( se mai ce ne fosse bisogno ), anzi, le prove, che le autorità israeliane conducano, nei confronti della popolazione palestinese, una vera e propria politica di genocidio programmato e sistematico, al fine di costringere i palestinesi ad abbandonare la loro terra. Immagino che questo termine, genocidio, possa provocare, a coloro che hanno già rottamato il cervello, qualche fastidioso prurito. Siamo talmente abituati ad associare il termine “genocidio” al presunto “sterminio” del popolo ebraico che, così si dice, quest’ultimo dovette subire a causa di quei cattivoni dei Nazionalsocialisti, che ormai si potrebbe quasi dire che tale termine sia loro esclusiva proprietà. Ho già dimostrato, nell’articolo che ho riscritto “Relazione per la conferenza di Sassari” ( presente anche nel mio sito personale ) che la comunità ebraica internazionale giocò un ruolo determinante nell’atteggiamento che poi i Tedeschi assunsero nei confronti degli ebrei, ed è presente – prevalentemente in internet ( capito perché cercano di tassarla, di mettere i filtri nei motori di ricerca e nei browser, di costringere tutti coloro che aprono un sito non per attività commerciali siano costretti a registrarsi? ) – una documentazione sterminata che tratta della seconda guerra mondiale, del Nazionalsocialismo, del Fascismo e del presunto sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti in un ottica altra che non è quella che i vincitori hanno voluto lasciare alla Storia. Non è qui quindi il caso di ripetere argomenti che già sono stati luogo di trattazioni in altri interventi. Comunque, finchè il vostro pc vi permette di farlo, salvatele sul vostro disco rigido, non si sa mai…
Israele nega l’entrata alla delegazione italiana nei territori occupati, dicevo. Già da più parti la stampa sinistrorsa si strappa i capelli: Israele come Hitler! Gli israeliani come i nazisti! e così via. Gioverebbe ricordare ai trinariciuti che la Germania Nazionalsocialista non si è mai permessa di chiudere dei prigionieri dentro un gigantesco recinto per poi bombardarli sganciandogli centinaia di tonnellate di bombe al fosforo. I primi a inaugurare, nella seconda g.m., i bombardamenti contro le città civili per cercare di abbattere il morale e la fiducia della popolazione, furono gli inglesi e gli americani loro degni compari. Hitler trasmise immediatamente una richiesta all’Inghilterra e agli Stati Uniti per far cessare i bombardamenti sui civili; richiesta che, neanche a dirlo, non fu neanche presa in considerazione. I Nazionalsocialisti, poi, all’interno dei loro campi di raccolta per prigionieri, non hanno mai negato l’entrata ad alcuna delegazione umanitaria: è ampiamente dimostrata la collaborazione che i comandi dei campi di concentramento nazisti ebbero con la Croce Rossa, al fine di garantire, in special modo negli ultimi anni di guerra, le provviste alimentari, le razioni giornaliere e tutto quell’altro materiale di prima necessità ( medicine, coperte etc. ) che, a causa dei bombardamenti indiscriminati portati avanti dagli Alleati ( che colpivano anche binari, ferrovie, stazioni, strade, ponti etc. ), faticava ad arrivare con regolarità nei campi. Rimando qui: http://www.zoopolitico.it/blog/20915.
Tutto ciò bisognerebbe farlo sapere ai trinariciuti, dato che spesso e volentieri rispolverano il Nazionalsocialismo in stile prezzemolo: ci sta sempre bene.
Comunque sia, la delegazione, composta da esponenti sia di Sinistra che di Destra, è stata formata con l’importante collaborazione del Comitato Gaza Vivrà. Questa iniziativa, certamente lodevole e condivisibile, segue la raccolta firme, che lo stesso Comitato inaugurò un po’ di tempo fa, a sostegno della popolazione palestinese. E qui vale la pena di raccontare una divertente storiellina, che sicuramente chi non è del MFL non conosce ( e probabilmente non conoscono neanche molti nostri simpatizzanti ), utile per far capire come spesso queste iniziative, sponsorizzate e spacciate per iniziative super-partes, vengano trasformate dai rossi in attività politica, snaturando di fatto l’obiettivo iniziale.
Diverso tempo fa tanti camerati ci chiesero come si poneva il nostro Movimento nei confronti di questa raccolta firme, e se una eventuale adesione dei camerati si ponesse in contrasto con l’attività MFL. Poiché fu garantito, a noi ma non solo a noi, che questa raccolta firme era rivolta a tutti, lontana quindi da strumentalizzazioni, e non per una precisa parte politica, io fui tra quelli che ritenne che non ci fosse nulla di male a sottoscrivere un appello certamente condivisibile, anche se a proporlo non eravamo stati noi o qualcuno vicino al nostro Movimento. Sono ancora del parere che quando qualcuno afferma qualcosa di giusto e di condivisibile, gli si debba dare ragione a prescindere da idee politiche o culturali differenti. Quelli di Gaza Vivrà sicuramente non la pensano come me. Così molti di noi firmarono l’appello con nome, cognome e MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA’. Passano i giorni, passano le settimane, ma le nostre sottoscrizioni, che non erano un infinità ma neanche pochissime, non compaiono nel sito. Per alcuni che si lamentano che il loro nome non viene pubblicato, altri si lamentano che invece il loro messaggio è stato si pubblicato, ma debitamente cancellato del “MFL”. Alcuni, come me, lasciano cadere la cosa, altri ricontattano tal Comitato chiedendo che il loro nominativo venga completato con il nome del Partito di riferimento. Per tutta risposta la loro sottoscrizione viene cancellata.
A fare un giro nel sito si nota infatti come tutti i messaggi di questo appello siano debitamente schierati tutti a sinistra o nell’estrema sinistra. Viene da chiedersi: non sarà che i rossi, perché di rossi si tratta, oltre alla loro personalissima interpretazione della Storia si sono appropriati anche della questione palestinese? E che preferiscano cancellare i nominativi di chi non la pensa come loro piuttosto che rischiare che la questione palestinese smetta di essere loro esclusiva proprietà?
Insomma, il condivisibile e lodevole intento iniziale, suscitare un movimento di protesta, di informazione e di sensibilizzazione nei confronti delle ingiustizie subite dal popolo palestinese, si annacqua pur di continuare a propagandare l’idea e la percezione della lotta dei palestinesi come lotta di sinistra, e pur di continuare a mostrare il Fascista come al servizio e al soldo delle potenze imperialiste.
Eppure mai nessuno ha detto ai rossi che se ci furono degli Stati che portarono avanti delle politiche di collaborazione con le varie popolazioni musulmane questi furono i Fascisti e i Nazionalsocialisti? Che Mussolini fu la spada dell’Islam? Che nelle SS, l’esercito più multiculturale e multirazziale del mondo, ci furono migliaia e migliaia di musulmani che combatterono per un Nuovo Ordine Europeo? Che ci furono sempre politiche volte a favorire l’indipendenza e la piena sovranità degli Stati musulmani? Ancora: non hanno mai sentito i rossi le varie dichiarazioni, succedutesi nel tempo, di esponenti di Hamas, Al-Fatah, di Saddam Hussein, sempre ben disposte nei confronti del Fascismo e dei loro creatori?
Qualcuno dovrebbe far sapere tutte queste cose ai trinariciuti. E se nessuno di noi vuole strumentalizzare la questione palestinese per portare avanti la propria propaganda politica, loro sono gli ultimi che mai potrebbero farlo. La questione palestinese non riguarda solo loro, ma tutti gli uomini liberi e di coscienza. A prescindere.