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giovedì 10 giugno 2021

Ottantuno anni fa il Sangue contro l'oro

Ottantuno anni fa l'Italia si ergeva ad estremo baluardo dell'Onore e del Sangue ario contro l'innominabile lobby che da 2000 anni avvelena i pozzi della Tradizione dell'Europa.
Hanno vinto una guerra, ma non l'ultima battaglia. Non ancora.
Lunga vita a coloro che difesero la Civiltà.
 

 

mercoledì 19 maggio 2021

Essere Nazionalsocialisti significa (e deve significare) essere revisionisti

Ci scrive un lettore, a metà tra l’irriverente e l’indignato, relativamente al mio ultimo articolo “Reprimono il dissenso con i TSO: stiamo diventando uno Stato totalitario?”: come ci permettiamo di dire che non si può essere Nazionalsocialisti senza dirsi anche revisionisti? Il revisionismo è una branchia della storia che nulla ha a che fare con l’avere idee politiche. Infatti molti autori revisionisti sono di sinistra e i primi revisionisti, come Faurisson, erano stati già deportati nei campi di sterminio nazisti”.

Quello che stiamo per enunciare è un concetto semplice, da noi espresso già milioni di volte, e che i lettori di questo spazio dovrebbero avere comunque interiorizzato. È comunque bene ripeterlo, per evitare fraintendimenti.

È certamente vero, come ci viene fatto notare, che essere revisionisti significhi solamente essere persone colte e che hanno avuto modo di studiare la Storia su qualche testo più serio che non fosse il Sabbatucci-Vidotto delle scuole superiori. Ciò non implica assolutamente che si debba simpatizzare per il Nazionalsocialismo oppure essere Fascisti.

Ma se è vero che non tutti i revisionisti sono Nazionalsocialisti è sicuramente vero che tutti i Nazionalsocialisti sono (o dovrebbero essere) revisionisti, cioè rifiutare la narrazione ufficiale secondo cui ci sarebbe stato, da parte della Germania Nazionalsocialista, con il supporto dei suoi alleati (in primis di Mussolini e dell’Italia Fascista), il deliberato intento di sterminare fino all’ultimo uomo una popolazione sostanzialmente inerme, cioè gli Ebrei, oltre ad altre categorie sociali e razziali. Essere Nazionalsocialisti senza essere revisionisti significherebbe, né più né meno, essere dei pazzi psicopatici, il che si che renderebbe obbligatorio ed auspicabile un TSO!

Essere Nazionalsocialisti e Fascisti significa leggere la Storia in chiave “altra” rispetto a come ci è stata raccontata per renderci docili e mansueti alle necessità del regime democratico; significa ritenere che il Nazionalsocialismo fosse e sia qualcosa di più profondo di un dittatore con deliri di onnipotenza che voleva sterminare tutti coloro che non erano alti e con i capelli biondi; significa rigettare la terminologia e l’ideologia sterminazionista, basata su documentari farlocchi vecchi di almeno quarant’anni e testimonianze già ampiamente sbugiardate in sede storica (leggasi Carlo Mattogno), per opporre un pensiero costruttivo.

Viceversa si farebbe il gioco dei soliti padroni del vapore.

giovedì 13 maggio 2021

Padroni travestiti da pecore, da duemila anni a questa parte


Stupisce, almeno agli occhi di chi non ha ancora portato il proprio cervello all’ammasso ed abbia conservato un minimo di umanità, come tutti i media, senza eccezione alcuna, siano, relativamente al conflitto Israele-Palestina, sempre e comunque schierati dalla parte sbagliata, vale a dire quella dei criminali sionisti che da più di 60 anni annichiliscono e uccidono una popolazione sostanzialmente inerme.

Ai sassi rispondono con le fucilate dei cecchini; ai razzi katiuscia rispondono con missili terra-aria di ultima generazione. L’obiettivo è sempre quello: prendersi una terra non loro, anche se questo significa violare più di 70 risoluzioni ONU nel silenzio complice di una stampa e di una politica asservita e schierata.

Se, come diceva Goethe, per capire chi comanda basta vedere chi non si può criticare, il sistema mediatico e politico italiano ci dà un’idea abbastanza chiara di come il dominio giudaico sugli organi di informazione e sugli schieramenti partitici travalichi ogni dissenso, ogni eventuale visione “altra” del conflitto che conflitto non è, perché da una parte abbiamo una carnefice, e dall’altro una vittima. Vittima - quella palestinese - che, nonostante tutto, resiste con stoica abnegazione, per niente rassegnata ad un destino fatto di filo spinato, di controlli alla frontiera, di case unilateralmente strappate a chi le aveva da generazioni per consegnarle ai nuovi coloni ebraici, di piogge di fosforo bianco, di tunnel scavati per reperire le derrate alimentari ed i mezzi di prima necessità, in un abbruttimento bestiale ignorato e deliberatamente nascosto.

Ecco quindi che i vari Salvini, Meloni, Pillon, tradizionalmente spernacchiati e dileggiati un giorno si e l’altro pure dai mezzi di informazione – in special modo quelli governativi – acquisiscono una insperata visibilità. Del resto, si sa: nessuno meglio della destra per fare il lavoro sporco. Benito Mussolini lo disse già nel 1924: "Il nemico viene da destra". Fatelo sapere a quegli imbecilli che idolatrano la Meloni o Salvini con il busto del Duce in camera...

Il cane potrà anche abbaiare, di tanto in tanto, ma alla fine abbassa uggioso la testa davanti alla mano del padrone. Padrone che è sempre quello che non si può criticare, da duemila anni a questa parte.

mercoledì 28 aprile 2021

giovedì 21 settembre 2017

Il Fascismo esiste e resiste. Alla faccia di Fiano



Entro qualche settimana arriverà in Senato – dopo essere passato alla Camera dei Deputati – il disegno di legge Fiano, che dovrebbe vietare la propaganda fascista su tutto il territorio nazionale. Includendo, nella definizione di “propaganda fascista”, anche la vendita dei soliti gadget (bandiere, vini, busti con la figura di Mussolini) su cui una intera cittadina, Predappio, ha fondato la sua stessa esistenza. Non solo: la legge vieterebbe perfino la cosiddetta gestualità fascista. Oltre all’abusato saluto romano, insomma, state attenti a parlare con le mani sui fianchi e i piedi uniti, oppure a serrare troppo la mascella e ad alzare troppo il labbro inferiore: qualcuno potrebbe scambiare la vostra espressione per la famosa mascella volitiva di Mussolini, e decidere di denunciarvi per apologia di Fascismo.

La demenza di questa legge dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, anzitutto una cosa: che lor “signori” sentono il fiato sul collo di un vento che non tira più nella loro direzione. E reagiscono con l’unica cosa che conoscono meglio: la repressione di regime.

Il gigantesco muro di balle su cui hanno preteso di erigere questa repubblica di massoni, mafiosi e mignotte comincia a mostrare troppe crepe: la propaganda di regime non fa più il suo dovere: troppi, in questo Paese, cominciano a pensare che, riguardo alle vicende che hanno interessato il Nostro paese nella prima metà del Novecento e nel secondo conflitto mondiale, i buoni e i cattivi non stiano solo dall’una o dall’altra parte. L’ultimo blitz con cui dare il colpo definitivo all’identità degli italiani al fine di renderli un mucchio miserabile di bastardi e di rincoglioniti facilmente governabile e manovrabile, non è riuscito: il Ministero dell’Interno, Marco Minniti, ha detto chiaramente che l’introduzione dello ius soli “avrebbe messo in pericolo la tenuta democratica del Paese”. Tradotto significa: se legalizziamo l’invasione di parassiti e di fancazzisti africani che gli italiani sono costretti a subire passivamente sulla propria pelle, questi vengono a sbucciarci come una banana.

L’antifascismo istituzionale non tiene più botta: basta entrare su una qualsiasi pagina Facebook dell’ANPI per vedere, tra i commenti, persone che pubblicano autorevoli inchieste giornalistiche su questi criminali di guerra venduti allo straniero e che hanno favorito l’invasione della Nazione da parte degli angloamericani. Sempre più questi personaggi, che a distanza di ottanta anni mostrano tutta la loro caratura morale perfino difendendo lo stupro e la tortura di Giuseppina Ghersi perché ritenuta una fascista (una ragazzina di tredici anni, è bene ricordarlo) trovano quello che meritano: insulti e pernacchie.

Davanti al ritorno di una ideologia che nonostante tutto non si è riusciti a fermare con disposizioni transitorie e leggi anti-apologia, questa gente ha dovuto prendere atto che sempre più persone, specialmente giovani, sono disposte, nel bene o nel male, a difendere il Fascismo o ciò che il Fascismo rappresentò.

Alle loro democratiche autostrade che crollano giù dopo qualche anno, alle loro volgari palazzine grigie e tristi da parco buoi, il Fascismo oppone i suoi monumenti e le sue opere: l’EUR, la stazione di Milano, la bonifica delle paludi pontine, l’Università di Roma, Cinecittà, Littoria, Pomezia, Sabaudia, Aprilia, Carbonia, Arborea, la sede centrale delle Poste Italiane a Roma, la sede INPS, il Foro Mussolini (ora Foto Italico), i Fori Imperiali, La Sapienza, l’Idroscalo Milanese, il Palazzo di Giustizia di Milano, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Stazione Ferroviaria di Santa Maria Novella, la Milano-Bergamo, la Milano-Torino, il Ponte del Littorio (oggi Ponte della Libertà) di Venezia, la costruzione di decine e decine di città, la sottrazione all’incuria di centinaia e centinaia di chilometri quadrati di territorio, le strade, le scuole, le università. 

Ai democratici e progressisti Beppe Severgnini e Roberto Saviano il Fascismo oppone Guglielmo Marconi, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Ungaretti, Italo Calvino, Gabriele D’Annunzio, Ardengo Soffici, Curzio Malaparte, Filippo Corridoni, Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Massimo Bontempelli, Giovanni Gentile, Giovanni Papini, Mino Maccari, Leo Longanesi, Berto Ricci, Alberto Carocci, Ugo Ojetti, Telesio Interlandi, Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Mario Praz.

Al “jobs act” il Fascismo oppone la Carta del Lavoro.

Ad Equitalia il Fascismo oppone l’INFPS.

Ad una Valeria Fedeli che siede sulla poltrona di Ministero dell’Istruzione senza avere nemmeno uno straccio di laurea il Fascismo oppone l’Enciclopedia Treccani, monumentale creazione ad opera di Giovanni Gentile valida ed attuale ancora oggi.

Il Fascismo esiste e resiste. Tra venti anni di Fascismo e ottanta di democrazia il confronto è impietoso. È attraverso il Fascismo che questa classe dirigente fatta di mediocri, di cui Fiano è il più autorevole esponente, vede il riflesso della propria nullità politica, umana, morale, fatta solo di odio, di rancore e di nulla. Perché di Mussolini si continuerà a parlare anche fra cento anni. Di Fiano, una volta archiviata la sua ridicola legge (così ci auguriamo, quantomeno per goderci un delizioso prosecco davanti alla sua faccina piagnucolosa in TV) non si ricorderà nessuno.

sabato 29 novembre 2008

Mussolini e la cultura

Tratto dal blog del Segretario Nazionale Carlo Gariglio: www.lavvocatodeldiavolo.biz

Agosto è solitamente il mese dedicato al riposo ed al divertimento, almeno per quanto riguarda la maggior parte degli italiani. Dovendo il sottoscritto rinunciare al riposo per motivi di lavoro e di gestione politica, ho deciso quantomeno di dedicarmi ad una ricerca divertente, con la quale credo di riuscire a contribuire a ridicolizzare ulteriormente i tanti compagnucci orfani del comunismo ed i tanti caproni ignoranti che si beano nel definirsi antifascisti…
L’idea che mi ha portato a realizzare l’articolo che segue me l’ha data, qualche anno fa, un anonimo utente di forum e newsgroup di internet, che firmava i suoi interventi “donquixote”; costui, con perizia di particolari ed estrema precisione, umiliava i tanti cretini comunisti presenti sugli stessi newsgroup, rispondendo a tono quando costoro trinciavano i soliti giudizi antifascisti sulla persona di Benito Mussolini, definito spesso un ignorante in possesso di un misero diploma di Maestro Elementare… Ironia su ironia, gran parte di questi giudizi viene esposta da decerebrati di sinistra, completamente privi di cultura storica e politica, ed abilissimi soltanto nello scimmiottare senza costrutto giudizi di antifascisti idioti quanto loro.
Solitamente il compagnuccio - tipo è un povero ignorante convinto che il Fascismo sia stato un movimento al soldo di borghesi e proprietari terrieri, nato per difendere i loro interessi e danneggiare il popolo lavoratore; ovviamente basterebbe una rapida occhiata alla legislazione sociale del Fascismo per smentire questa (ed altre) cretinata, ma per i cervelletti di quanti ancora oggi si proclamano fieramente comunisti senza accorgersi di seguire una dottrina politica che in ogni luogo ed in ogni tempo ha collezionato solo fallimenti, regimi dittatoriali e milioni di morti, l’informarsi su dati e fatti reali sarebbe uno sforzo troppo grande… Così come informarsi sulla caratura culturale del nostro amato Duce, il quale ha lasciato così tanti segni nella cultura italiana da non potere essere dimenticato.
Ecco dunque, a seguire, una breve raccolta di interventi di quel “donquixote”, raccordati ed arricchiti dal sottoscritto, che dimostrano con dovizia di particolari quale sia stato il ruolo di Mussolini nella cultura della sua epoca, nonché quanto siano coglioni i compagnucci della parrocchia antifascista e quanto valgano i loro luoghi comuni.
Carlo Gariglio

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Mussolini è stato certamente un grande scrittore, ed ha fornito direttamente e indirettamente, immensi contributi alla cultura. Fino a poco tempo fa, vigendo accanto al tradizionale motto: “Non si può parlare male di Garibaldi”, il motto antifascista: “Non si può parlare bene di Mussolini”, erano in pochi ad avere il coraggio di dirlo, ad esempio Francesco Grisi e Augusto Simonini, che aveva scritto il saggio: “Il linguaggio di Mussolini”. Ora le cose stanno cambiando,e persino critici letterari illustri come Carlo Fruttero (”Fu un grande prosatore sia quando era socialista che all’epoca del fascismo”) o Giovanni Mariotti possono affermarlo senza suscitare scandalo.
Sottolineo che il presente articolo non ha alcuna pretesa di esaustività riguardo al tema trattato: in effetti, parlando dei contributi diretti e indiretti di Mussolini alla cultura, troppo ci sarebbe da dire. Mi limiterò ad alcuni cenni.
Come è noto, Mussolini iniziò la sua attività politica nel campo socialista: nel 1908, trovandosi in Liguria, fondò, a soli 25 anni,un settimanale socialista, “La lima”. L’anno seguente, trasferitosi nel Trentino irredento, diresse “L’avvenire del lavoratore” e collaborò al “Popolo” diretto da Cesare Battisti. In quel periodo Giuseppe Prezzolini, il direttore della “Voce”, la più prestigiosa rivista filosofico - letteraria del primo anteguerra, alla quale collaborarono i più illustri intellettuali dell’epoca (Croce, Gentile, Papini, Slataper, Boine, Serra ecc.) scoprì il talento di Mussolini e insistette perché pubblicasse articoli sulla stessa. Prezzolini aveva infatti intuito, attraverso il semplice dialogo epistolare, sia il genio politico, sia quello letterario di Mussolini.
In una lettera scritta il primo ottobre 1909, Mussolini già delineava e prefigurava quell’opera politica e spirituale che egli stesso avrebbe portato a compimento pochi anni dopo: “Ottima l’ultima iniziativa della “Voce”: far conoscere l’Italia agli Italiani. Accanto all’unità politica che va lentamente, sì, ma progressivamente consolidandosi, bisogna formare l’unita’ spirituale degli italiani. Opera difficile data la nostra storia e il nostro temperamento,ma non impossibile. Creare l’anima “italiana” è una missione superba. E’ necessario conoscersi, dal nord al sud, per temperare, armonizzare le nostre differenze, e amarci.”
In seguito, tornato in Romagna Mussolini fondò il settimanale “La lotta di classe” e cominciò a collaborare all”Avanti!” divenendo presto il leader dell’ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano. Nel 1913 fondò la rivista “Utopia” e divenne direttore dell’”Avanti!” (grazie alla sua direzione ed ai suoi articoli, l’”Avanti!” passò dalle 30.000 alle 80.000 copie giornaliere nel giro di poche settimane) e l’anno seguente fu uno dei principali organizzatori del celebre moto rivoluzionario, sorto ad Ancona, noto come “La settimana rossa”.
Mussolini fu, tra l’altro, il primo a valorizzare politicamente in Italia le teorie filosofiche di Georges Sorel, di William James, di Henri Bergson, di Vilfredo Pareto, ed a fornire una acuta interpretazione del pensiero di Nietzsche.
Passato all’interventismo, fondò il quotidiano “Il popolo d’Italia”, cui affiancò in seguito la rivista teorica “Gerarchia”, la cui direzione fu affidata a una donna, Margherita Sarfatti.
In seguito Mussolini scrisse diversi libri (”Diario di guerra”, “Vita di Arnaldo”, “Parlo con Bruno”), drammi teatrali (in collaborazione con Gioacchino Forzano, “Campo di maggio”, incentrato sulla figura di Napoleone, ebbe un clamoroso successo internazionale), saggi (tra i quali spicca il “Preludio a Machiavelli”), innumerevoli discorsi (alcuni dei quali ormai celeberrimi, raccolti in vari volumi; il grande Francesco Carnelutti rilevava: “Mussolini è un uomo d’azione e un oratore nello stesso tempo e, per suo merito,l’eloquenza è assurta a dignità senza precedenti”), la fondamentale “Dottrina del fascismo” (in collaborazione con Giovanni Gentile), le parti essenziali della “Carta del lavoro” (che divenne la carta costituzionale del regime fascista) e espose le sue idee nel libro - intervista “Colloqui con Mussolini”.
Per sottolineare la profonda e costante attenzione che Mussolini riservava alla cultura basterebbe ricordare un episodio verificatosi in un periodo della seconda guerra mondiale, dal punto di vista bellico, difficile e decisivo: nel 1942, in Germania, l’Ufficio Rosenberg, diretto da Alfred Baeumler, pose il veto all’inserimento di un saggio di Heidegger (che molti considerano il più grande filosofo del XX secolo e che proponeva nei suoi scritti teorie fasciste implicitamente antinaziste) nell’annale “Geistige Uberlieferung”. Tale veto fu rimosso solo in seguito alla ferma (e assai significativa) presa di posizione di Mussolini che, pur essendo impegnatissimo a gestire la difficile situazione politica e bellica, trovò il tempo di intervenire ufficialmente in tale senso presso le autorità tedesche, tramite l’ambasciatore Alfieri.
Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana il governo deliberò il trapasso in proprietà a favore degli inquilini di tutti gli appartamenti degli Istituti per le case popolari, come attuazione del principio inserito da Mussolini nell’articolo 15 del Manifesto di Verona (la carta costituzionale della RSI):
“Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà”.
L’enunciazione di questo principio colpì profondamente Ezra Pound, il più grande poeta di lingua inglese del ventesimo secolo (insieme a Eliot) che aveva aderito entusiasticamente alla Repubblica Sociale Italiana, da lui simbolicamente definita “la città di Dioce, le cui terrazze hanno il colore delle stelle” (nel dopoguerra pagò per questa coraggiosa scelta più dell’oncia di carne di Shylock, diventando per l’America un capro espiatorio o, come scrisse Pasolini, “l’Agnello sacrificale”); egli, nei suoi “Canti pisani”, riconobbe nell’articolo 15 lo stile inconfondibile di Mussolini, lo statista-artista:
“Alla” non “della” nel Programma di Verona la vecchia mano dello stilista conserva ancora la sua abilità e l’acqua che rifluiva da quella parte del lago è silenziosa come non mai a Sirmione sotto le arcate Foresteria, Salò, Gardone a sognare la repubblica…”
Quando, subito dopo il barbaro e vile assassinio di Giovanni Gentile, avvenuto il 15 aprile 1944, alcuni collaboratori di Mussolini gli suggerirono di inviare dei sicari a Napoli, al fine di uccidere, per rappresaglia, Benedetto Croce, egli condannò immediatamente tale progetto. Eppure Croce, appena sopraggiunti gli angloamericani, non aveva risparmiato gli insulti nei suoi confronti. Quel medesimo Croce che aveva dato il proprio appoggio al fascismo persino dopo il delitto Matteotti. Quel medesimo Croce che, in occasione delle sanzioni contro l’Italia per l’intervento in Etiopia, aveva deciso di donare alla Patria, oltre che la sua fede matrimoniale, anche la sua medaglietta di senatore. Quel medesimo Croce che, da oppositore al regime fascista, aveva comunque potuto svolgere tranquillamente sotto di esso la sua attività intellettuale e culturale. Quando, durante il periodo della RSI, fu chiesto a Mussolini di commentare gli insulti che gli rivolgeva Croce, egli rispose: “Anche uomini come Benedetto Croce appartengono alla schiera di coloro che credono di dovermi combattere; ma Croce si sbaglia se crede che io lo ripaghi con eguale sentimento. Io infatti conosco molto bene l’importanza che Croce ha per l’Italia nel campo spirituale e apprezzo moltissimo la sua intelligenza e la sua energia”.
Credo che queste parole bastino a rimarcare l’abisso culturale e umano che separa Mussolini da Croce..…
E’ noto che, nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, Mussolini occupava il poco tempo libero leggendo i “Dialoghi” di Platone e ritraducendo dall’italiano al tedesco il “Messia” di Klopstock (che gli stessi tedeschi considerano un vero e proprio “mattone”….). Un aspetto importante della notevole cultura di Mussolini è costituito in effetti dalla sua versatile e, purtroppo, assai poco “italiana” predisposizione all’apprendimento delle lingue straniere: egli parlava infatti correntemente il francese, l’inglese, il tedesco e il russo (lo aveva appreso in gioventù, nel corso di una relazione sentimentale intrattenuta con la rivoluzionaria russa Angelica Balabanoff, coniugando così l’utile col dilettevole…).
Questa conoscenza delle lingue gli fu più volte utile in ambito politico. Georges Bonnet, giornalista presente al convegno di Monaco (che fu voluto da Mussolini per salvare la pace europea, già vacillante, nel 1938), descrive Mussolini sempre pronto e sicuro nell’esprimersi in tre lingue senza l’aiuto dell’interprete (Chamberlain parlava soltanto inglese, Daladier solo francese e Hitler solo tedesco) e rapido nell’interporsi tra i tre per riassumere, contestare, precisare. Bonnet nota l’ascendente di Mussolini su Hitler, “presso il quale sembra svolgere un compito di moderatore, proponendo formule conciliative nei momenti in cui il Cancelliere, cedendo a uno dei suoi improvvisi momenti di collera, rimetteva tutto in discussione”. La stessa impressione riferisce Francois-Poncet, che mostra Mussolini comodamente affondato in una poltrona, mentre Hitler, in piedi al suo fianco, non interviene mai senza prima averlo consultato con un’occhiata.
Ormai da tempo Mussolini è stato riconosciuto come un grandissimo giornalista (Indro Montanelli, ad esempio, lo aveva recentemente definito “un maestro di giornalismo”). In realtà è stato certamente uno dei più grandi scrittori italiani del nostro secolo. Lo aveva già autorevolmente rilevato l’illustre critico letterario, di origine ebraica, Giacomo Debenedetti (che nel dopoguerra scoprì improvvisamente di essere comunista!) in un saggio pubblicato nel 1937.
Egli inserisce Mussolini nella storia letteraria italiana e assicura ai suoi scritti la gloria eterna che spetta ai grandi capolavori. Debenedetti afferma che la sua prosa “esige i corpi grandi”, come si conviene a uno scrittore “sintetico, lapidario, diatonico”, e che il suo stile stabilisce “un’identità nuova e originale tra se medesimo e la realtà operando, se così si può dire, una “risustanziazione”.
Riguardo alla capacità di Mussolini di coniare nuovi vocaboli, egli non può fare a meno di definirlo “un poeta-scienziato”. Quindi passa a analizzare le immagini e i movimenti linguistici di Mussolini “scrittore autentico”, che ha “gusto per i grandi modelli della geometria e della meccanica”, sicché nel suo “organismo sintattico” le parole “si agganciano, si addentellano l’una all’altra come ruote di un ingranaggio. La frase non ha quasi bisogno di punteggiatura, tanto esatte, istintivamente calcolate sono le relazioni che, dentro di essa, collegano i singoli termini”. Commentando i brani di un discorso di Mussolini Debenedetti afferma: “La formula pare deflagri sull’intersezione dell’intelligenza, che ha compreso, con la passione attiva, che comincia a lievitare il dato. L’intelligenza mette la lucidità, la passione mette il movimento. Con l’inesauribile creazione di siffatte formule, aggiornando di continuo e stringendo la propria cultura in sintesi icastiche e fulminee, Mussolini ha dato e va dando una nuova cultura al popolo italiano”.
Questa obiettiva analisi è stata autorevolmente confermata, ad esempio, dall’illustre critico letterario Giovanni Mariotti che, commentando recentemente la notizia dell’inserimento degli scritti di De Gaulle nella collezione della “Pleiade” (una serie di volumi che raccoglie le opere dei più grandi scrittori francesi) ha affermato che l’unico politico della storia d’Italia che meriterebbe l’inserimento delle sue opere in una ipotetica “Pleiade” italiana è proprio Mussolini.…
Particolarmente significativo è poi l’indirizzo che Mussolini volle dare alla politica artistico - culturale del fascismo. In quegli stessi anni nella Germania nazista si bruciavano i libri e si distruggevano le opere d’arte delle avanguardie, in quanto “degenerate”, e nella Russia sovietica, dopo un inizio promettente, l’arte veniva rigidamente ridotta entro i canoni del “realismo socialista” (praticamente identico al “realismo nazista”!), mentre gli artisti indipendenti e creativi andavano incontro a un destino tragico, come il povero Majakovskj, che fu costretto a suicidarsi. Il regime fascista adottò invece un totale pluralismo in campo artistico, nel quale era possibile spaziare liberamente dall’architettura tradizionale e monumentale, allo stile novecento, al razionalismo, al futurismo, fino all’astrattismo.
Il gruppo degli astrattisti, in particolare, divulgò e attuò una concezione artistica del fascismo inteso come “grecità” contrapponendosi alla “romanità” imperante e ripropose quindi una teoria dell’arte fondata “sull’armonia che fece grande la Grecia di Pericle e la Firenze medicea” (Carlo Belli).
In particolare, nel campo architettonico, Mussolini decise di intervenire personalmente per vincere l’opposizione degli ambienti tradizionalisti, legati a un’arte accademica e superata che godevano però di una grande influenza politica ed economica, e che avevano suscitato violente polemiche in relazione ai progetti architettonici di stile “razionalista”.
Egli, ricevendo a Palazzo Venezia i due Gruppi razionalisti Piccinato e Michelucci, li elogiò senza riserve, dichiarando: “Darò ordine a tutti gli enti e a tutti i ministeri perché si facciano costruzioni del nostro tempo. Non voglio vedere Case Balilla e Case del Fascio con architetture del tempo di Depretis”.
Fu grazie al suo appoggio che Terragni poté realizzare le Case del Fascio di Como e di Lissone, che a Michelucci (che in seguito progetterà l’avveniristica “Chiesa dall’Autostrada” nei pressi del casello di Firenze) fu affidata la realizzazione della stazione di Firenze e a Piccinato quella di Sabaudia; che a Luigi Moretti fu assegnata la Casa delle Armi al Foro Mussolini e a Ridolfi, De Renzi e Samona gli edifici postali principali di Roma; che Piacentini chiamò Pagano, Aschieri Michelucci e altri, a collaborare alla costruzione della città universitaria di Roma, che fu tanto cospicua la presenza dei razionalisti alle Triennali milanesi e alle mostre celebrative del regime, a cominciare da quella stessa della Rivoluzione fascista.
Fu personalmente Mussolini, tagliando le piaggerie monumentalistiche interpretate e sostenute da influenti ambienti intellettuali, a bocciare il demenziale progetto brasiniano di demolizione e ricostruzione del centro di Roma in forme accademico - classicheggianti; fu lui in pieno parlamento a stroncare il palazzo dell’INAIL, sempre di Brasini, a via IV novembre, definendolo “un infortunio al palazzo degli infortuni”; ad impedire alle mire speculative dei “Beni Stabili” di costruire l’immancabile palazzo sulle rovine appena dissepolte dei templi repubblicani di Largo Argentina e, nientedimeno, all’Accademia di San Luca di riedificare la sua sede sui resti,da poco riportati alla luce, del Foro di Cesare a Via dell’Impero; a neutralizzare gli intenti della Confindustria di erigere la sua nuova sede immediatamente ai piedi della cordonata michelangiolesca del Campidoglio.
Il migliore interprete italiano dello stile razionalista fu Giuseppe Terragni (al quale è stato recentemente dedicata una retrospettiva antologica a Milano, nel palazzo della Triennale, altro capolavoro architettonico costruito durante il Ventennio) che, dal punto di vista politico, fu fascista non per opportunismo, ma per profonda convinzione (destinato al fronte russo, nonostante la fama e il prestigio che gli erano riconosciuti, chiese di combattere in prima linea senza alcun tipo di privilegio; tornato in Italia gravemente ammalato, morì nel 1943, lasciando gli schizzi per la costruzione di una avveniristica cattedrale).
A Como è possibile ammirare alcune delle sue opere più importanti: tra le altre l’edificio “Novocomum” di via Sinigaglia 1; l’asilo infantile “Sant’Elia” di via Alciato 15; il Monumento ai Caduti (rielaborazione di un progetto di Antonio Sant’Elia, architetto futurista morto giovanissimo nella prima guerra mondiale, autore di studi e progetti avanguardistici e stupefacenti) in viale Peucher, sul lungolago, nei pressi del tempio voltiano; e soprattutto, la celeberrima Casa del Fascio, in piazza del Popolo 4, unanimemente riconosciuta come un capolavoro architettonico. L’edificio, che è stato in parte “epurato” nella parte decorativa originale (immagini stilizzate e astrattizzate di Mussolini è, come ricorda il critico David Watkin:
“impostato su una pianta perfettamente quadrata, in asse con l’abside del Duomo, situato sul lato opposto di piazza dell’Impero (…) Una fila di 16 porte in vetro, funzionanti elettricamente per permetterne l’apertura simultanea, consentiva alla milizia di riversarsi scenograficamente nell’arena politica della piazza, offrendo una perfetta espressione di convergenza della mentalità futurista con quella fascista”.
Persino un critico parziale come il comunista Cesare De Seta dopo avere acrimoniosamente osservato che Terragni “compone ossessivamente in facciata, col disegno delle finestre, il tema astrattamente semplificato del fascio”, riconosce che l’opera è “raffinata, colta, sapientemente proporzionata e modulata nel suo secco volume così da risultare elemento insostituibile e dialettico rispetto alla piazza del Duomo”.
Il dato più interessante è comunque il fatto che, ad ispirare a Terragni la realizzazione del suo capolavoro, fu una frase di Mussolini: “Il fascismo è una casa di vetro”. Terragni riuscì genialmente a tradurre in opera d’arte l’affermazione di Mussolini come spiega il critico Marco De Michelis:
“L’edificio è infatti formato da un semicubo in cui le quattro facciate, tutte diverse, sono costruite nel rapporto fra la maglia della struttura e l’articolazione delle bucature, esaltando così la trasparenza delle superfici e accentuando il rapporto tra esterno e interno”.
Mussolini stesso fu spesso motivo di ispirazione per grandi artisti. Come non ricordare, ad esempio, la celebre “Ballata dell’Arci-Mussolini” di Malaparte (”Spunta il sole/canta il gallo/Mussolini monta a cavallo”)?
Come è noto, Luigi Pirandello aderì esplicitamente e pubblicamente al fascismo nel momento in cui questo subiva la sua crisi più grave: quella seguita all’assassinio di Matteotti (in relazione al quale Mussolini non aveva alcuna responsabilità, nemmeno indiretta). Mentre numerosi fascisti (alcuni sinceri, altri divenuti tali per opportunismo abbandonavano la nave coinvolta nella bufera e ormai prossima ad affondare, Pirandello gettò sul piatto della bilancia tutto il peso del suo nome e del suo prestigio, inviando a Mussolini questo telegramma: “Eccellenza sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio. Se l’Eccellenza Vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario. Luigi Pirandello”.
Nel corso di un’intervista-fiume (che divenne poi un famoso libro) concessa eccezionalmente al giornalista ebreo Emil Ludwig, Mussolini fece, riguardo all’arte di Pirandello un’osservazione acuta e originale: “Pirandello fa, in fondo, senza volerlo, un teatro fascista: il mondo è quale vogliamo farlo, è la nostra creazione”.
In realtà l’intuizione di Mussolini era suffragata dall’interpretazione autentica dello stesso Pirandello, che dichiarava:
“Per me Mussolini è un uomo eccezionale.
Forse pochi come me sono in grado di ben comprendere la forza e la sostanza della sua azione politica. La sua azione è fatta di attivismo, che crea continuamente la sua realtà e non subisce quella che creano o tentano di creare gli altri. Mussolini sa benissimo che la realtà non c’è data, ma che siamo noi a crearla, con una continua attività del nostro spirito. E con tenacia straordinaria quest’uomo grande,che il destino ha dato fortunatamente all’Italia, svolge la sua opera poderosa per la grandezza della Nazione”.
Mussolini fu spesso oggetto di rappresentazione pittorica e scultorea, non solo da parte di artisti “tradizionali”, ma anche da parte di artisti d’avanguardia come i futuristi. Ecco come lo descrive il fondatore del movimento, Filippo Tommaso Marinetti: “Mascelle quadrate stritolatrici; labbra prominenti sprezzanti, che sputano con spavalderia e aggressività su tutto ciò che è lento pedante analitico piagnucoloso. Gli occhi corrono ultradinamici. Lampeggia a destra e a sinistra la cornea bianchissima di lupo”.
Gabriele D’Annunzio invece era particolarmente ispirato dai celebri discorsi mussoliniani: “La parola di Dante ti s’attaglia… Ti ho ammirato e ti ammiro in ogni tuo atto e in ogni tua parola… Tu non sai ancora che io mi sono messo a tradurre la tua orazione stupenda alle genti d’Irpinia nel latino dei Commentari, non senza qualche acerbità sallustiana.”
Lo stesso D’Annunzio (con un procedimento simile a quello utilizzato per “La sera fiesolana”) dedicò a Mussolini una poesia ispirata al “Cantico delle creature” di San Francesco D’Assisi:
“Sii laudato, Tu che riesci a infondere nella nostra gente per troppo tempo inerte la volontà di questo compimento. Sii laudato, Tu che tanti secoli senza gloria guerriera compisci con la composta bellezza di questo assalto e di questo acquisto! Per te oggi la Nazione trae un respiro dal profondo. E tutto è vivo, tutto respira… Sii laudato, o capo improvviso dell’Italia acefala, Tu che restituisci Roma alla predestinata Italia… O Benito Mussolini, oggi abbraccio in te il tuo coraggio impavido e la tua fede intemerata”.
Tra i tanti, immensi, meriti culturali di Mussolini, bisogna certamente ricordare il fatto che egli “lanciò” personalmente e in seguito aiutò e appoggiò, due grandi geni artistici: Giuseppe Ungaretti e Mario Sironi.
A scrivere la prefazione del “Porto sepolto”, la prima significativa raccolta di poesie di Ungaretti, fu infatti proprio Mussolini, che aveva ispirato al poeta la poesia “Popolo”:
“Insorse in mezzo ai forsennati richiamando ciascuno a dura voce e mutò in giorni audaci un fatto triste nella casa provata portò la calma rinfrancò i piangenti”.
Riferendosi ad essa Ungaretti scrisse, anni dopo: “Sono lieto e fiero, dopo tanti anni, nel vedere che in un punto il mio animo non muta, né potrà mutare: suggerita nel 1914 dall’Uomo che si affacciava allora per la prima volta al mio cuore, nell’edizione del 1919 e in questa d’oggi intitolata a Lui, pure essendo cosa futile davanti alla grandezza delle sue parole, è per me l’immagine della fedeltà,e, per questo, fra tutte le mie poesie la più cara.”
Collaboratore del “Popolo d’Italia” e “sansepolcrista”, Ungaretti elaborò nel 1924 “il primo programma fascista organico per la diffusione del nostro spirito e della nostra cultura”, e sottoscrisse, l’anno seguente, il Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, al quale si contrappose il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Croce. Proseguì quindi ininterrottamente la sua milizia, propagandando il fascismo in Italia e all’estero, e scrivendo il suo capolavoro, la poesia “Epigrafe per un caduto della Rivoluzione fascista”:
Ho sognato, ho creduto, ho tanto amato. Che non sono piu’ di quaggiù. Ma la bella mano che pronta Mi sorregge il passo già inerme, Mentre disanimandosi Mi pesa il braccio che ebbe volontà Per mille, E’ la mano materna della Patria. Forte, in ansia,ispirata, Premendosi al mio petto, il mio giovane cuore a sé immortala.
Apre in seguito vistose polemiche per difendere la sua fede politica: nel corso di una di esse se la piglia con Guido Piovene, e risolve ogni dubbio concludendo la diatriba con esclamazioni sacrali: “Il Duce mio! Il mio Duce!”.
A Marco Ramperti, che aveva tacciato i suoi versi di incomprensibile ermetismo, replica: “La mia poesia la capivano i contadini, miei fratelli in trincea; la capisce il mio Duce, che volle onorarla di una prefazione (…) Potrei dirgli che una vita durissima come la mia,fieramente italiana e fascista,sempre davanti a stranieri e connazionali, meriterebbe almeno di non vedersi accrescere le difficoltà da parte di giornali italiani e fascisti”.
E’ tale il suo fideismo che, indirizzando una lettera a una rivista francese, la firma: “Joseph Ungaretti, fasciste”. Riguardo all’impresa etiopica, sollecita “l’urgenza per gli italiani di riconquistare la propria potenza autoctona e universale, per la quale il popolo d’Italia è corso al fuoco nel ‘15 e nel ‘19, sicché oggi il Fascismo è uno dei grandi fattori della nuova civiltà basata sul lavoro e sul popolo”.
Sull’”Italia letteraria”, quando Mussolini pubblicò, per la morte del fratello, quella “Vita di Arnaldo” che Ungaretti definì “il segreto della sua grandezza”, scrisse, tra l’altro: “C’è un uomo ch’io venero tra i vivi, la cui presenza non si stacca mai dalla mia mente, nelle mie giornate, e nel silenzio delle mie lunghe veglie. Lo vedo lontano, solo, che riedifica la grandezza di un popolo. Sento la forza tremenda che gli ci vuole, e sento questa forza che passa in ciascuno di noi, e ci trasforma. Ma quale ricchezza di sentimenti ha dunque quest’Uomo, per essere così forte? C’è una parola di Arnaldo che egli ha sottolineato: “Abbracciare i fratelli che soffrono, e coloro che sperano.” Non è questa anche la sua parola? Quella che l’ha illuminato sin dagli anni più lontani della sua azione politica, e sino dall’infanzia,sempre! Non sentiamo noi che solo per il costante pensiero di alta pietà che regola ogni suo atto, tanta devozione, e tanta fede, e tanta ubbidienza è sempre stata attratta dalla sua persona? Così lontano! E così vicino al nostro cuore. Un uomo già da vivo circonfuso dalla luce del mito; ma che arriva a sé dai più semplici affetti.(…) E’ questo il segreto di Benito Mussolini, è questo il segreto di ogni grandezza: egli si è sempre chinato sulla sofferenza, essa è sempre stata fuoco alimentatore della sua volontà e della sua fede. Tutti gli italiani amano e venerano il loro Duce come un fratello maggiore”.
Riguardo a Sironi, bisogna rilevare anzitutto che la sua grandezza è stata riconosciuta solo in tempi recenti per ragioni esclusivamente e bassamente politiche: essendo egli sopravvissuto alla caduta del fascismo, senza peraltro mai rinnegare nulla del proprio passato, è stato particolarmente colpito, fino a poco tempo fa, dalla subdola e vergognosa censura, una sorta di tacita “damnatio memoriae”, decretata dalla incultura antifascista.
Per cercare di fare comprendere la sua grandezza mi limiterò a descrivere brevemente le vicende relative a uno dei suoi numerosi capolavori: il mosaico murale “L’Italia corporativa”, attualmente visitabile a Milano nel “Palazzo dei giornali”(ex sede del “Popolo d’Italia”) di Piazza Cavour.
Tale opera fu presentata all’Esposizione universale di Parigi del 1937 e gareggiava, nel concorso artistico, con la celeberrima “Guernica”di Pablo Picasso. La situazione ambientale non poteva essere peggiore per l’artista italiano: si era nel pieno della guerra civile spagnola che vedeva la Francia schierata con i repubblicani (anarchici + comunisti) e l’Italia schierata con i nazionalisti di Franco; in Francia era al potere il Fronte Popolare(sinistre unite) violentemente antifascista; si era da poco conclusa l’impresa etiopica avversata dalla Francia; l’Italia non nascondeva le proprie rivendicazioni sulla Corsica e sulla Tunisia. Ebbene, LA GIURIA ASSEGNO’ IL GRAND PRIX ALL’OPERA DI SIRONI, nonostante tutti i tentativi di condizionamento da parte del governo e degli “intellettuali”, nonostante il suo soggetto apertamente e orgogliosamente ideologico, perché l’eccezionale contenuto artistico dell’opera non consentiva altra decisione.
Tale capolavoro corse il rischio di essere distrutto, al termine della guerra, dall’ignoranza e dalla barbarie antifascista: la persona incaricata della distruzione dell’opera, saggiamente, fece costruire delle impalcature, ma non eseguì l’ordine che gli era stato impartito. Solo per questo ci è ancora possibile ammirare quest’opera incredibile, il cui soggetto multiforme fonde mirabilmente temi politici, giuridici, economici e sociali con temi epici, mitici, religiosi e culturali, e nella quale il genio artistico fonde stili antichi (bizantino, romanico, rinascimentale - masaccesco) e contemporanei (soprattutto il cubismo e lo stile novecento).
Le ragioni della fedeltà di Sironi a Mussolini credo possano essere comprese anche riportando il ricordo del loro primo incontro (avvenuto a Milano, poco dopo la fine della prima guerra mondiale: Sironi sarebbe diventato il disegnatore del “Popolo d’Italia”) che rivela nel futuro Duce una bontà innata e una spiccata sensibilità ecologista ante-litteram. Ricorda Sironi:
“Chiesi senza avere risposta il permesso di entrare, poi mi decisi e lentamente avanzai. Un uomo curvo sulla scrivania con cappello e cappotto dal bavero rialzato (sembrava non mi avesse notato) scriveva assorto, ma evidentemente aveva avvertito la mia presenza. La stanza era gelida; la finestra del balcone aperta lasciava penetrare nebbia e freddo. Un improvviso frusciare d’ali mi fece alzare la testa; due o tre passeri con rapido volo entrando nella stanza dal balcone si posarono su di un grande armadio situato proprio alle spalle di Mussolini. Egli allora mi disse: “Non si meravigli del freddo, lascio la finestra aperta per dare la possibilità agli uccellini di venire a nutrirsi; d’inverno non hanno molte risorse in questa città’..”
In conclusione, vorrei ricordare che innumerevoli personaggi storici, molti dei quali protagonisti dell’universo culturale, hanno espresso, nei confronti di Mussolini giudizi, come dire, non del tutto negativi: Pio XI lo ha definito “l’uomo della Provvidenza” (giudizio condiviso da Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, il “papa buono”) Pio XII “il più grande uomo da me conosciuto, e senz’altro tra i più profondamente buoni” Gandhi “un superuomo”, Thomas Mann “un semidio”, Sigmund Freud “un eroe della Civiltà” (Kultur), Churchill “il più grande legislatore vivente”, Thomas Alva Edison “il più grande genio dell’età moderna”, Massimo Gorky “un uomo di intelligenza superiore”, Lloyd George “il Genio del dopoguerra” e “un uomo che desta ammirazione anche tra i suoi nemici, e che ogni giorno detta leggi circa il modo di governare i popoli in momenti difficilissimi”, Eden ha affermato che “le leggi del Duce e dei Suoi fedeli sono una pietra miliare nella evoluzione mondiale”, Baldwin che “non vi sono in Europa uomini di eccezione come Mussolini”, Hoare che “Mussolini è il massimo statista dell’Europa moderna”, Stalin che “con la morte di Mussolini scompare un grande uomo politico cui si deve rimproverare di non aver messo al muro i suoi avversari”, Stravinskij che “Mussolini è un uomo formidabile. Non credo che qualcuno abbia per Mussolini una venerazione maggiore della mia. Per me Egli è l’unico Uomo che conti nel mondo intero”, George Bernard Shaw che “Mussolini non è soltanto un uomo, ma una situazione storica”, Ezra Pound che “Jefferson fu un genio, e Mussolini un altro genio”, H.G. Wells che “Mussolini ha lasciato il suo segno nella storia”, Kipling “Vogliategli bene sempre, con un affetto ideale costante pensate che per l’Italia Egli è tutto”, Amundsen che “Soltanto Napoleone può paragonarsi a lui”, Alexis Carrel che “Cesare, Napoleone, Mussolini: tutti i grandi conduttori di popoli crescono oltre la statura umana”, l’Arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster (di recente beatificato dalla Chiesa) “Mussolini è il simbolo della Nazione, dello Stato, della Cristianità; Egli porta la Croce di Cristo, spezza le catene degli schiavi, spiana le strade ai missionari del Vangelo” e che “A Benito Mussolini Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore ha accordato un premio che ravvicina la sua figura storica agli spiriti magni di Augusto e Costantino”, Piero Mascagni “Più che a qualsiasi cosa, credo con assoluta convinzione a quella fede che il Duce ha espresso agli italiani con parola ferma e sicura”, Guglielmo Marconi “Rivendico l’onore di essere stato in radiotelegrafia il primo fascista, il primo a riconoscere l’utilità di riunire in fascio i raggi elettrici come Mussolini ha riconosciuto per primo in campo politico la necessità di riunire in fascio le energie sane del Paese per la maggiore grandezza d’Italia”, D’Annunzio “Io ho avuto da te, tra tanti altri benefizii portentosi, quel di vedere un uomo vivo creare il suo Mito sempiterno”, Pirandello “Mussolini recita, da protagonista, nel teatro dei secoli”, eccetera, eccetera eccetera..
E poi c’è ancora qualcuno che si stupisce perché in un sondaggio popolare promosso pochi anni dal “Corriere della Sera” per designare “l’italiano del millennio”, Mussolini si è piazzato tra i primi 5 classificati, accanto a Leonardo, Dante, Michelangelo e Cristoforo Colombo…

martedì 16 settembre 2008

Capitalismo e socializzazione: un confronto


Con la sconfitta delle potenze dell’Asse social-nazionale (prevalentemente Italia, Germania, Giappone) nella seconda guerra mondiale – guerra che, contrariamente a quanto si crede, non è stata condotta dalle potenze cosiddette “plutocratiche” per lodevoli fini umanitari, liberare l’Europa dal nazifascismo, quanto per imporre il modello economico capitalista – ha prevalso il modello economico oggi imperante. Quello capitalista, per l’appunto.
Tale modello economico si basa essenzialmente sulla legge della domanda e dell’offerta
: secondo tale assunto, è la competizione tra i fornitori e/o produttori di uno stesso bene a portare, a lungo andare, ad un significativo progresso; sono esclusivamente i produttori/fornitori e i consumatori/acquirenti a “trattare” le modalità con le quali quel bene deve essere venduto, contrattato, scambiato. Attraverso tale economia di mercato si realizza la fase successiva, vale a dire la fase capitalistica, all’interno della quale diversi soggetti –siano essi società, persone giuridiche o anche privati cittadini – concorrono tra di loro per assumere il monopolio (supremazia economica) all’interno di un determinato ambito economico. Attraverso il capitalismo pertanto il rapporto tra domanda e offerta viene ad equilibrarsi da se, senza alcun intervento della mano statale, con significativi vantaggi per il consumatore, il quale verrebbe a trovarsi nella condizione di poter scegliere diversi prodotti di uno stesso bene a costi monetari altamente competitivi (in quanto il produttore/fornitore del bene ha tutto l’interesse ad ottimizzare la produzione del bene e conseguentemente ad abbassare il costo dello stesso, al fine di guadagnare sempre maggiori fette di mercato). I soggetti privati che possiedono mezzi di produzione o capitali propri possono pertanto impiegare le proprie risorse esclusivamente secondo il proprio interesse e disporre anche dei lavoratori (coloro che, non possedendo mezzi di produzione propri, prestano la propria opera lavorativa dietro corrispettivo pagamento) nel modo che ritengono più opportuno al soddisfacimento dei propri fini. Pertanto lo Stato si configurerebbe, all’interno di questo sistema, come un osservatore il quale, mediante l’istituzione di istituti di controllo super partes (in Italia, per esempio, l’Antitrust) non avrebbe alcun potere di intervento nel sistema economico capitalistica che non sia quello di impedire il monopolio e le truffe ai propri cittadini o garantire l’esecuzione contrattuale tra soggetti diversi.
Senza perderci in ulteriori digressioni, i sostenitori del capitalismo sostengono generalmente che, mediante questo sistema economico, i vantaggi sono molteplici: accesso ad una vasta selezione di beni da parte di un sempre maggior numero di persone (acquirenti/clienti), generale miglioramento delle condizioni di vita, maggiori possibilità di lavoro in seguito all’iniziativa privata e via dicendo.
In tal senso l’aumento impressionante dell’immigrazione, che ha portato le nazioni europee ad una perdita sostanziale delle proprie identità, delle proprie tradizioni, nonché ad un generale e preoccupante senso di malessere e di insicurezza da parte della popolazione autoctona europea, va visto esattamente in quest’ottica: l’abbattimento di ogni frontiera, di ogni barriera, di ogni confine geografico, politico, nazionale e spirituale si inquadra non solo nell’ottica mondialista e massonica, al fine di poter più facilmente sottomettere un popolo di bastardi meticci piuttosto che un popolo di patrioti, ma anche nel favorire, fino alle più estreme conseguenze, la libera circolazione di uomini e merci per favorire l’economia capitalistica.
E’ interessante notare come questa teoria economica, sebbene al giorno d’oggi sia assunta dalla maggior parte delle nazioni del mondo per regolamentare il proprio mercato economico interno ed estero (tanto che oggi si può affermare senza timore di smentita che ben pochi sono gli stati all’interno dei quali non sia applicata un’economia di Stato capitalista), non è assolutamente la dottrina economica per eccellenza: il capitalismo, come si è già avuto modo di dire, è soltanto una teoria che si è imposta definitivamente solo in seguito all’evento bellico della seconda guerra mondiale.
Prima del 1940 ben altre erano le teorie economiche che guidavano le scelte degli stati europei. Mentre in Inghilterra o negli Stati Uniti imperversava la rivoluzione industriale, nazioni come la Germania Nazionalsocialista o l’Italia Fascista mostravano, con le loro scelte economiche, una straordinaria capacità di ripresa economica dalle gravi difficoltà ereditate in seguito al primo conflitto. L’Italia, infatti, sarà danneggiata dalla crisi del ’29 molto meno di tanti altri stati europei, e ciò non solo per la maggior arretratezza economica ed industriale del nostro Stato nei confronti dell’Europa (gap che, comunque, verrà velocemente colmato), come tanta propaganda antifascista cerca di far credere, ma anche per le misure economiche prese dal Fascismo mussoliniano sin dai primi anni di governo; tant’è vero che il New Deal di Roosevelt riprenderà molte indicazioni dell’Italia del tempo, tanto da spingere Mussolini ad affermare: "Noi queste cose in Italia le facciamo già da dieci anni".
Sostanzialmente la dottrina economica fascista partiva da basi certamente diverse rispetto a quelle capitalistiche. Per il Fascismo, infatti, la politica economica doveva servire, fondamentalmente, ad un immediato e generale miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini senza escludere la componente fondamentale e il fine ultimo di tutto il processo economico: il benessere sociale: da qui il termine di socializzazione. Benché solitamente si tenda ad identificarlo come una ideologia estremista e distruttrice, completamente incapace di qualunque azione istruttiva o propositiva e di qualunque via di mezzo, il Fascismo italiano si pose immediatamente come “terza via” tra i due “estremi” economici, ovvero capitalismo e comunismo. Una terza via che mediasse efficacemente fra le contraddizioni dei due sistemi, per riprendere esclusivamente i vantaggi sia di una economia di mercato, completamente centralizzata, statalista e dirigista (la quale provocava, è bene ricordarlo, decine e decine di milioni di morti in Russia), sia di un’economia liberista e capitalista (la quale portava, e ha definitivamente portato a tutt’oggi, alla definitiva disgregazione dello stato sociale inteso come vita politica, economica e culturale nazionale). La soluzione socialista si imponeva ai Fascisti come punto di incontro, di sintesi e di mediazione tra le esigenze individuali e quelle collettive; questo porta a considerare il lavoratore non più come una merce o come un prodotto del capitalismo stesso, da poter quindi utilizzare secondo le regole dettate dal mercato e da poter scambiare o valutare secondo la logica capitalistica (più capitale, meno lavoro), ma come una componente fondamentale accanto ad imprenditori pubblici, imprenditori privati, tecnici e fornitori di capitale (sia esso capitalista e non); tale obiettivo di sintesi doveva essere raggiunto mediante l’essenza corporativista: col corporativismo si garantisce a qualunque categoria che partecipa della vita nazionale (imprenditori, lavoratori, tecnici, pensatori etc.) la propria rappresentatività politica che veniva quindi salvaguardata dallo Stato, il quale diventava, pertanto, arbitro e garante dell’attuazione della socializzazione; facendo si quindi che il lavoratore partecipi alla vita nazionale, o meglio, alla gestione della cosa pubblica, lo si responsabilizzava maggiormente in un’ottica meritocratica.
Tali principi vennero enunciati nella Carta del Lavoro del 1927 e subiranno un ulteriore evoluzione nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, allorquando il Fascismo repubblicano emanerà altre direttive che rappresentavano un’innovazione incredibile nell’ordinamento sociale e lavorativo non solo italiano, bensì europeo, che avrebbero messo in seria difficoltà i comunisti.
A tutto ciò si collochi quello Stato sociale che il Fascismo seppe creare dal nulla, in un Paese uscito abbastanza malconcio dal primo conflitto mondiale, volto a tutelare prevalentemente il lavoratore e le categorie svantaggiate in generale.
Il Fascismo, pertanto, seppe prendere spunto non solo dalla realtà e dalle dottrine economiche degli anni Venti e Trenta, ma addirittura rinnovò completamente - in senso “socialista” - il quadro corporativo già elaborato negli anni passati, e questo pochi mesi prima della sua caduta: dimostrazione ne siano i 18 punti di Verona. Una caduta, è bene ricordarlo, che avvenne manu militari, e non certo perchè il Fascismo si trovò impreparato ad affrontare quel periodo storico. A dimostrazione di una realtà politica e culturale come mai se ne sono viste in tutta la Storia d'Italia. che neanche le bombe hanno saputo mettere a tacere.
Tutto quanto sopra detto può considerarsi, semza ombra di dubbio, come il lascito più significativo del Fascismo storico alla società del dopoguerra, fino ai giorni nostri.
Chessa Andrea
Vice Segretario Nazionale Isole - Movimento Facismo e Libertà

sabato 13 settembre 2008

Ecco come la Massoneria abbattè il Fascismo



Il sito Controstoria.it, tra i più apprezzabili siti internet per quanto riguarda la veridicità e l'attendibilità delle informazioni internet che riporta, pubblica sette documenti segreti della massoneria già a suo tempo pubblicati da "La vita italiana del 1944" di Giovanni Preziosi, ovviamente dimenticati e taciuti dalla stampa di regime - asservita sempre ai "grembiulini". Tali documenti dimostrano, in modo inequivocabile, l'odio viscerale che la massoneria italiana ed internazionale nutrì per il Fascismo, per il suo capo e per le conquiste dell'Italia durante il Ventennio, ed il conseguente imperativo che i "fratelli d'Italia" si diedero - in seguito alla emanazione della legge (fortemente voluta da Mussolini) del 1925 contro le società segrete - per abbattere in tutti i modi il Fascismo. In tutti i modi. Ecco quindi che per distruggere il Fascismo e le sue conquiste sociali tutto diventa lecito: da una fortissima campagna di disinformazione e denigrazione del Fascismo, della sua ideologia e dei suoi dirigenti (cosa che continua con lo stesso e identico vigore e livore, a dimostrazione indiretta della validità del Fascismo e della paura che anche solo il nome provoca a questi "signori"), passando per l'alleanza con la Russia "del Nostro Gran Fratello Lenin", fino a sabotare le iniziative belliche dell'Italia, fino a "favorire la corruzione per disgustare il popolo" del fascismo. Ancora: spingere al contrabbando, impoverire la popolazione con il mercato nero, applicare nel modo più incoerente e rigido le leggi italiane - in modo da provocare la rabbia della popolazione contro il regime - impoverire le finanze statali e le risorse del popolo affamandolo, in modo da far si che si potesse sollevare ontro il Fascismo. Insomma, "l'ordine è uno solo: tradire".


Adesso si chiedano i lettori: che cosa si deve pensare di un ristretto numero di persone che, per raggiungere i propri scopi di potere e di vendetta, affama il popolo, sabota la propria Nazione in guerra, affama i soldati e fa avere loro equipaggiamento insufficiente, ridicolizza e mette in pericolo coscientemente i dirigenti e i politici nazionali, e per far ciò si allea con i peggiori nemici della Nazione stessa?




DOCUMENTO 1


Londra, 1 settembre 1935: Al Dilettissimo e Potentissimo Fratello Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente Italiano dì Rito Scozzese Antico e Accettato, e della Grande Loggia di Rito Simbolico. I Potentissimi Fratelli delegati di tutti gli Orienti, riuniti sotto la Volta Celeste del Supremo Aeropago per i lavori del segreto Gran Congresso Massonico Universale, chiamati a discutere sulla nostra posizione generale di fronte alla reazione, hanno ammesso all'unanimità che un ulteriore sviluppo e durata del fascismo provocherebbe, col ritorno all'oscurantismo, la nostra fine irreparabile. Per iniziativa dei Potentissimi Fratelli rappresentanti la valle del Senna, il Congresso, riconosciuti i fatti lamentati e la inderogabile necessità di porvi riparo, ha affermato all'unanimità assoluta di voler insorgere con tutte le forze contro il fascismo, specialmente europeo, prima che esso, affermandosi negli Orienti ancora immuni, ne tolga i mezzi e la possibilità. L'odio profondo che il fascismo, nelle sue concezioni dottrinarie e per le azioni dei suoi capi e gregari a noi avversi, ha dimostrato verso di noi con la distruzione degli Orienti più prosperosi a lui soggetti, ci autorizza ad essere inesorabili nella lotta e nella scelta dei mezzi da impegnare verso di esso e i popoli che lo sostengono e lo nutrono con la loro sopportazione e con la loro fiducia. Alla testa dell'antifascismo i fascisti massoni: il Congresso Universale con voto unanime, ha investito il Supremo Grande Oriente Universale di tutta l'autorità necessaria ad iniziare la lotta contro i vari dispotismi esistenti nel mondo e, tracciata la linea di condotta, ha riversato, nel supremo aeropago, che da oggi siederà in permanenza, tutti i mezzi occorrenti al raggiungimento del fine. Il Congresso, accolta la relazione che i Potentìssimi Fratelli Vostri rappresentanti hanno ampiamente illustrata, dalla quale risulta la completa ripresa di ogni Vostro lavoro, esprimendo il suo compiacimento, ha esultato nell'apprendere l'inconcussa fede massonica di tutti i Vostri diletti Fratelli partecipanti al fascismo e come essi siano disposti a tutto osare per l'affermazione dei nostri ideali. Il giuramento da essi rinnovato nelle Vostre mani e in quelle dei Potentissimi Fratelli del grado 33° da Voi delegati, dimostra che avete saputo ben operare per la nostra causa e che inoltre possiamo anche contare su tutti i Fratelli partecipanti nell'Esercito e nel suo Stato Maggiore da Voi dipendente. Il Supremo Congresso, nel riconoscere la grande opera da Voi spiegata per la brillante ripresa dell'Oriente italiano, il più conculcato dal fascismo, che ha pure sanato il dissidio fra le sponde del vecchio Tevere, constata che la Vostra ripresa è base vitale per l'inizio della lotta e demanda a Noi, Supremo Maestro del Grande Oriente Universale, l'incarico di porgervi la riconoscenza della Massoneria Universale. Col nostro plauso Vi trasmettiamo il nostro incoraggiamento per il futuro.




DOCUMENTO 2


Per la Società delle Nazioni - Londra, 15 ottobre 1935: In seguito al Vostro suggerimento, il Supremo Grande Oriente del Grande Oriente Universale, dopo aver interpellato gli Orienti interessati, ha deciso di formulare le istruzioni per l'opera che i Potentissimi e Potenti Fratelli partecipanti alla Società della Nazioni debbono svolgere per la lotta contro il fascismo. Vi accludiamo copia destinata ai Fratelli di codesto Grande Oriente da Voi fatti designare a rappresentare la Vostra Nazione, in quel supremo consesso internazionale, pregandovi di farne prendere visione ai Fratelli del Dicastero degli Esteri e degli Enti interessati. I Potenti Fratelli, membri permanenti nel Supremo Aeropago Universale, sono concordi nel riconoscere che l'Oriente italiano da Voi fatto risorgere a nuova vita, è stato il primo ad essere colpito dalla reazione fascista e a risentirne gli effetti deleteri. Il satanico creatore del fascismo, governa sul territorio del Vostro Oriente principalmente per spegnere ogni traccia del nostro potere. Costui vuole ignorare la nostra potenza e la forza insopprimibile del nostro giuramento! Dopo averci osteggiato da socialista ed essere assurto al potere in virtù della nostra credulità e dell'azione fattiva e concreta dei nostri Fratelli migliori, vorrebbe, distruggendoci, ricondurre la sua Nazione all'oscurantismo, ma non si rende conto di essere in nostro potere e ignora le nostre irrevocabili decisioni per il suo annientamento. Il Supremo Gran Consiglio del Grande Oriente Universale ha perciò deciso che la lotta contro il fascismo, per la riscossa democratica che ridarà nel mondo la pace agli uomini di buona volontà, sia iniziata dall'Oriente italiano. Per la pratica attuazione di tale decisione il Supremo Gran Consiglio, che ha raccolto durante il Congresso le proteste dei Potentissimi Fratelli ad esso partecipanti, ha in esame quelle stesse proteste dettate dalla luminosa Vostra esperienza personale e da quella dei Potentissimi Fratelli Vostri Supremi Consiglieri, per armonizzarle. Nel preavvisarvi l'invio del piano d'azione concretato dal Supremo Consiglio in base alla psicologia del Vostro popolo e alla conoscenza del despota, Vi sollecitiamo l'invio dei dati del Vostro tesoro per equilibrarlo con quelli degli altri Orienti, acciò di bilanciarlo alle necessità generali dell'azione ed eventualmente per provvedere in tempo alle sue deficienze.




DOCUMENTO 3


Le vittorie di Etiopia sono uno scacco per il 'Supremo potere' - Londra, 20 maggio 1936: Da tutti gli Orienti ci pervengono osservazioni, tutt'altro che benevole, per i risultati ottenuti sullo sviluppo della campagna italiana in Etiopia. È la prima volta che il nostro Supremo potere viene messo in scacco da un avversario che non avrebbe avuto la capacità e i mezzi di poterci resìstere. Questo prova che in tutti i Fratelli dell'Oriente italiano è mancata la volontà di essere soprattutto massoni, come il sacro giuramento prestato imponeva loro di dimostrare coi fatti. Non possiamo accettare le ragioni da Voi posteci e da Voi ritenute adatte a giustificare l'impossibilità materiale di eseguire i voleri del Supremo Grande Oriente Universale, interprete fedele e regolatore degli interessi della Massoneria Universale. Il fallimento del piano applicato attraverso la Società delle Nazioni e l'aiuto che il despota reca ai ribelli spagnoli nostri nemici, ne sono la prova irrefutabile. Il Supremo Grande Oriente che veglia in permanenza sugli interessi della nostra grande Famiglia, dopo i ripetuti avvertimenti fatti a Voi pervenire per mio mezzo, ha deciso di infliggervi il biasimo di tutta la Massoneria Universale e dì richiamare all'ordine, per l'ultima volta, tutto l'Oriente italiano, dal Supremo Gran Consigliere all'ultimo Fratello del grado I, e con l'avvertimento categorico che, continuando nella condotta tenuta fino ad oggi, detto Oriente verrà irrevocabilmente e definitivamente espulso dalla Grande Famiglia Universale per indegnità massonica dimostrata nell'imperdonabile tradimento. Riteniamo superfluo rammentarvi le dure conseguenze che risulterebbero a danno Vostro e di tutti i Fratelli dell'Oriente italiano, perché la Massoneria Universale non ha alcuna intenzione di abdicare nella lotta intrapresa, e la Vostra Nazione si verrebbe a trovare indifesa nelle dure conseguenze che ne deriverebbero. Attendiamo di leggere le Vostre conclusioni in merito e di prendere nota di quelle assicurazioni sostanziali che riterrete di presentarci per la difesa del Vostro avvenire in seno alla Grande Famiglia, rammentandovi che accetteremo solamente argomenti concreti e veramente atti ad assicurarci.




DOCUMENTO 4


Londra, 27 giugno 1936: Abbiamo preso atto delle giustificazioni inviatici per decisione unanime del Vostro Supremo Gran Consiglio e le accettiamo con riserva di vederle convalidate dalle Vostre opere e pertanto veniamo a porgerVi il mezzo per dimostrarci la sincerità della Vostra fede. Gli osservatori presso di Voi distaccati dal Supremo Gran Consiglio della Massoneria Universale, ci riferiscono con ampia e dotta relazione, che qualora la fede dei Vostri Fratelli fosse sincera, nella zona di codesto Oriente il terreno sarebbe maturo per passare dalla fase decisiva della lotta contro il nostro più mortale nemico. Ci rivolgiamo perciò al Potentissimo Fratello Venerabile Maestro del Gran Oriente Italiano, posto sulle sponde del vecchio Tevere, del Rito Scozzese Antico e Accettato, e della Gran Loggia Simbolica Italiana: Potentissimo, il Gran Maestro del Supremo Grande Oriente Universale, è pronto quindi a comunicare a tutti i Fratelli del suo Oriente e di quella Gran Loggia Simbolica, e ai loro visitatori, le disposizioni di massima già sottoposte al Vostro altissimo parere. Noi, Supremo Gran Maestro del Supremo Grande Oriente Universale, dopo l'ultima approvazione del Supremo Gran Consiglio ci degneremo trasmetterle per iniziare la decisiva della lotta. Noi riterremo personalmente responsabili sia il Potentissimo Fratello Gran Maestro, sia i Potentissimi Fratelli del grado 33° del Vostro Gran Consiglio, di fronte alla loro coscienza massonica, di fronte a noi Supremi Regolatori della Condotta Massonica Universale e al cospetto dell'Altissimo Grande Architetto dell'Universo, per ciò che riguarda la fedele e accurata esecuzione dei voleri del Congresso Universale emanati da Noi, suo esecutore, e solo innanzi a Lui responsabile. Fidando sulla Vostra fede vi investiamo del potere Supremo perché prendiate, a Nostro Nome, tutte le precauzioni necessarie alla perfetta riuscita dell'attuazione dei voleri del Congresso. Voi Potentissimo Gran Maestro detterete gli ordini necessari per guidare e sostenere i Fratelli diligenti che avranno l'onore della responsabilità, e provvederete alla rigorosa sorveglianza acciocché tutti gli altri Fratelli attivi e dormienti, collaborino con essi volenterosamente, prendendo nel contempo tutte le misure perché nessuno possa tradire anche involontariamente l'opera nostra. A questo riguardo Vi autorizziamo, Potentissimo Gran Maestro, ad infliggere, anche a Nostro Nome, tutte le punizioni, comprese quelle del 'rogo' e della soppressione effettiva, rammentando che i Fratelli incaricati della sorte di questo triste ma necessario mandato, sono fin da ora riconosciuti degni di tutte le lodi, della Nostra imperitura riconoscenza, dell'impunità più assoluta e della nostra sostanziale protezione, come di eventuale adeguato compenso. Qualora Voi, Venerabile Gran Maestro, trovaste ostacoli sormontabili solo col Nostro diretto intervento, dovrete premurosamente richiedercelo, certo di ottenerlo e sviluppato con completa e sollecitata energia.




DOCUMENTO 5


Il perché dell'alleanza col 'detestato' bolscevismo - Londra, 15 agosto 1936: Per ogni azione da svolgere nella lotta, il Dilettissimo Nostro Potentissimo Fratello Maestro tenga presente che tutte le Nazioni democratiche del Globo, dal Grande Architetto a Noi affidate, quando sarà giunto il momento, entreranno coalizzate in guerra contro l'acerrimo nemico per annientarlo. In seguito ai Vostri giusti rilievi e ai preziosi consigli trasmessici dai Fratelli interessati, Vi comunichiamo, Venerabile Gran Maestro, che la Russia, benché non sia più quella del Nostro Gran Fratello Lenin, troppo prematuramente scomparso, sta distruggendo inesorabilmente con la Vita dei Nostri Dilettissimi Fratelli ogni Nostro potere e attività in quel disgraziato Oriente, e scenderà certamente in campo con le Nazioni democratiche. La necessità strategica da Voi, Dilettissimo Gran Maestro giustamente impostaci per la comune salvezza, ha riempito l'animo Nostro di amarezza per l'orrore di tale inderogabile necessità; però purtroppo siamo costretti a riconoscere che nella lotta senza quartiere iniziata contro il più mortale nemico, avere al fianco un alleato di quella potenza può significare la vittoria. Facciamo perciò buon viso alla jattura che Ci colpisce temporaneamente, consolandoci con la certezza di poter battere, attraverso lui, il più potente dei due nemici. L'Altissimo Grande Architetto dell'Universo Ci consentirà, in seguito, di distruggerlo per vendicare inesorabilmente la morte e il martirio di tanti nostri disgraziati e dilettissimi Fratelli. Nella certezza di quanto è giusto ottenere dobbiamo trovare la forza per marciare al fianco di tale inesorabile nemico. Eliminate quindi ogni contrasto coi partecipanti al bolscevismo, aiutandoli quel tanto che serva a provare la Nostra apparente benevolenza, servendovi, con cautela, dei pochi Fratelli loro simpatizzanti.




DOCUMENTO 6


Suscitare rancore contro il Duce e il regime fascista - Londra, 28 ottobre 1936: Nel trascrivervi gli ordini ricevuti ed approvati dal Supremo Gran Consiglio già da Voi precedentemente sanzionati, Vi comunichiamo che sono stati elaborati in base alla perfetta conoscenza della psicologia del popolo da Voi sorvegliato. Con le variazioni adatte alla differenza di mentalità dei popoli corrispondenti, andiamo ad impartirle anche ai Grandi Orienti tedesco e spagnolo e a tutti gli altri Orienti interessati. Fingere devozione al Duce e applicare le leggi senza logica: Illustrateli con chiarezza ai Dilettissimi Vostri Fratelli e ai loro visitatori, analizzandoli con perfetto spirito massonico e in modo che l'opera dei buoni e volenterosi Fratelli, presenti nei posti di comando del fascismo, una volta attuata, lasci ignari tutti coloro che non sono con noi, rammentando a tutti che occorre agire sempre esaminando l'azione da compiere in base alla psicologia umana e all'esperienza che si possiede sui singoli e sul popolo dal quale ci ripromettiamo di ottenere il risultato. Curate soprattutto la precisione dei particolari perché solo l'esecuzione scrupolosa di essi può dare la certezza della vittoria, senza preoccuparvi del risultato che certamente pregiudicherebbe quello finale. Con questa accuratezza provocheremo la confusione, il malumore e poi il rancore verso il despota e il regime, diminuendo lentamente ma sicuramente la capacità di rendimento dei suoi adepti in buona fede e la stima dei simpatizzanti, degli agnostici e del popolo tutto. Nulla deve essere abbandonato al caso. Fingere alla perfezione una incondizionata devozione al Duce e all'idea: fascista, sacrificando, se occorre, qualche Fratello noto (da compensare in seguito) pur di dare tale sicurezza. Assecondare abilmente lo sviluppo del lavoro mussoliniano, senza mai dimenticare di farlo gravare anziché gradire al popolo. Applicare le leggi fasciste con la minor logica possibile e con la massima rigidezza. Il Partito Socialista con gli scioperi bianchi, più perniciosi di qualunque altra forma di ribellione, vinse le sue più belle battaglie e noi dobbiamo saperne seguire l'esempio. Quando una disposizione o una legge, così applicata, provocherà il malessere, occorrerà proporre nuove disposizioni in apparenza adatte a correggere il supposto errore che, applicate col metodo anzidetto, completeranno il risultato. Svalutare i fascisti e invelenire gli antifascisti: Nella creazione degli organi corporativi, provocare la necessità di un maggior numero di essi, in modo da rendere pletorico l'inquadramento e praticamente irraggiungibile lo scopo, favorendo la confusione e la perplessità che verranno a crearsi nella Nazione. Portare le autorità costituite, Pubblica Sicurezza, Carabinieri Reali, Guardia di Finanza, ad assecondare in pieno il nostro piano creando, con arresti, carcerazioni, confinamenti ecc., il vittimismo, specie tra i fascisti definiti puri, per farlo ricadere sul loro capo e sul fascismo. Per ottenere questo risultato occorre corazzare le nostre coscienze adamantine con la necessità impellente del Nostro successo, rammentando che il fine giustifica il mezzo. Segnalare tutte le pubblicazioni antifasciste, anche se inoffensive, provocando quei provvedimenti coercitivi che le renderanno più preziose e facilmente assimilabili; favorire la diffusione di quelle fasciste di nessun valore, per dimostrare la povertà dell'intellettualità fascista. Favorire la corruzione per disgustare il popolo: Coadiuvare con ogni mezzo i Fratelli presenti nelle Forze Armate, specialmente quelli dello Stato Maggiore, vantandone presso il Duce il sapere e la fedeltà fascista. Fomentare, in qualsiasi modo, l'attrito tra Milizia ed Esercito. Spronare tutti i Fratelli ma specialmente i Potentissimi a consolidare, a spese del regime, la loro posizione materiale al fine di poter generosamente pensare al 'sacco della vedova', controllando che ciò avvenga con serietà d'intenti; questo provocherà il disgusto del popolo e specialmente di coloro che non possono arrivarvi. Sabotare con tutti i mezzi, nessuno escluso, la tedescofilia di Mussolini, favorendo la ben nota fobia del Sovrano. Depauperare le scorte e spingere al contrabbando: Ritardare il più possibile il razionamento sui generi di prima necessità, in modo da depauperare le scorte, sabotando con tutti i mezzi la sua applicazione quando verrà decisa; spingere nel miglior modo tutto il popolo al contrabbando per produrre, nel più breve tempo, la svalutazione della moneta favorendone tutte le conseguenze. I Nostri Fratelli preposti alla direzione del razionamento dovranno, con l'applicazione rigida delle disposizioni, provocare il marasma, ostacolando in ogni modo le importazioni dall'estero. Noi penseremo a coadiuvare la loro azione dall'esterno. Provocare, adoperando con accortezza tutti i ben noti sistemi, il depauperamento delle finanze italiane, propagandone poi largamente tra i1 popolo le conseguenze e addebitarne la causa alla condotta del Governo. Comunicate ai Fratelli dell'Esercito le norme presenti, perché comincino ad adeguare la loro condotta allo scopo.




DOCUMENTO 7


Aizzare contro Mussolini i subalterni delle Forze Armate - Londra, 15 dicembre 1936: Vi trasmettiamo le istruzioni di massima per i Fratelli appartenenti ai Dicasteri militari che il Supremo Gran Consiglio ha riveduto e corretto in base alle vostre osservazioni e alla relazione dei Potentissimi Fratelli Osservatori. Sabotare per via capillare ogni intendimento fascista e soprattutto il sentimento tedescofilo, principalmente fra gli ufficiali subalterni che sono più a diretto contatto con la truppa, creando lentamente rancore per Mussolini. Dimostrare, con argomenti adatti e soprattutto con le cifre, la solidità e la grandezza della potenza finanziaria e militare, praticamente inesauribile, delle Nazioni democratiche, mettendo in evidenza l'immensità dell'Impero Inglese, ove il sole non tramonta mai, facendo risultare che la Russia, loro fedele alleata, sarebbe da sola sufficiente a battere tutte le Nazioni fasciste. Vantare qualunque successo politico e, quando verranno, quelli militari dei nostri amici, minimizzando quelli fascisti. Portare il servizio di informazioni militari nelle mani della Massoneria: I Fratelli diano esempio di critica prima benevola, poi sempre più accentuata, agli inferiori, dimostrando evidente sprezzo per le eventuali rappresaglie che lasciano indifferente l'elemento militare, guardandosi dal non commettere errori con gli elementi fedeli al Regime verso i quali dovranno saper fingere l'attaccamento al fascismo. Quando le truppe italo-tedesche verranno messe a contatto fra loro, drammatizzare tutti quegli incidenti che certamente nasceranno tra i bassi elementi, cosi differenti di abitudini e di mentalità, in modo che tra i componenti dei due eserciti non possa sorgere, né mantenersi, il benché minimo sentimento di cameratismo che sarebbe esiziale al nostro piano. Far giungere alle nazioni amiche, attraverso il Nostro tramite, tutte le notizie interessanti su macchine di guerra veramente utili e qualsiasi progetto geniale che i Nostri Fratelli avessero studiato e volessero, dietro adeguato compenso, cedere ai Nostri alleati. Provvedere a porre, fin da ora, a Capo del SIM e specie della Divisione Controspionaggio, dei Fratelli di Vostra completa fiducia, che al momento giusto sappiano neutralizzare gli effetti, per noi deleteri, di quei servizi, allontanandone accortamente tutti gli elementi fascisti e filo-fascisti, ponendo i volenterosi che intendessero collaborare col 'Servizio' per amor patrio, nelle condizioni di perderne l'intenzione. Creare la deficienza dei viveri per la popolazione civile: Per diminuire con certezza gli effetti dannosi, sarebbe bene creare in detta branca delle altre Divisioni Speciali, con compiti unici e ben definiti, in modo che dividendo le responsabilità e i compiti, se ne diminuisca l'efficacia dei risultati. Queste nuove specialità accavallandosi fra loro, dovranno produrre la confusione adatta ad annullare la capacità di lavoro di tutte quelle zelanti persone non ancora allontanate. Quale sia l'esito di queste ultime disposizioni, dovrete adoperarvi per segnalarci in tempo gli agenti distaccati all'estero per neutralizzare la loro opera dannosa. Ci facciamo garanti della vita, della completa incolumità personale e del benessere di quegli agenti che Ci verranno segnalati in tempo utile e per i quali Ci limiteremo alla neutralizzazione del loro lavoro. Sarebbe superfluo aggiungere che nel caso essi fossero Nostri Fratelli, come tali dovranno essere segnalati immediatamente. I Fratelli dello Stato Maggiore, requisendo per le Forze Armate più del necessario, ostacoleranno lo svolgimento della vita civile, creando quello stato di disagio necessario a far odiare il Fascismo e a porre la Nazione in stato di marasma e poi di collasso. Far mancare alla truppa i rifornimenti: A questo riguardo tenete presente che la deficienza dei viveri influisce più sulla popolazione civile che sull'elemento militare, sorvegliato e guidato dalla disciplina, e che quindi, sottraendo al consumo civile la maggior quantità di viveri e di altri generi necessari porremmo il popolo nelle condizioni di risentimento, diminuendone la capacità morale e togliendogli la volontà di incitamento alla resistenza militare. Anche se i magazzini dell'esercito verranno a trovarsi ben forniti, si dovrà cercare il modo di far mancare alla truppa i rifornimenti necessari, specie nell'equipaggiamento personale, in quanto questa deficienza apparente è, da sola, sufficiente a far ritenere certa la mancanza di scorte. Una volta create le deficienze, con propaganda molto accorta e facendo in modo che siano i militari, specie di truppa, a farle conoscere al popolo, occorre farne ricadere la colpa sul Capo del Governo e sugli eventuali responsabili militari che possono essere scambiati per fascisti. Fare apparire Vittorio Emanuele III come 'simpatizzante' massone: I Nostri Potentissimi Fratelli dello Stato Maggiore debbono trovare il modo plausibile che non urti, almeno inizialmente, la suscettibilità di Mussolini, per trovarsi a diuturno contatto col Sovrano, verso il quale rammentando le sue innate fobie tedesche, useranno una persuasione lenta, accorta e sottile, per addebitare le varie cause, sorgenti col tempo, al Capo del Governo, del quale però si dichiareranno tuttavia, entusiasti ammiratori, e questo fino a quando non sarete ben certi di avere completamente il Sovrano dalla parte Vostra. A questo riguardo rammentare che egli, da principe ereditario, è stato realmente nostro simpatizzante, e accolto da noi quale 'gradito visitatore'. Il Commissariato per le fabbricazioni di guerra dovrà essere assegnato a un Potentissimo Fratello, molto accorto e assolutamente devoto alla causa, in quanto esso non potrà, per la sua posizione essere giornalmente controllato dal Vostro vigile occhio. Questi dovrà curare che la distribuzione delle materie prime alle industrie di guerra avvenga in modo da favorire il più possibile quelle rette da Fratelli obbedienti, procrastinando ogni assegnazione e fornitura non rispondente ai Nostri fini. L'ordine è uno solo: tradire: Provvedere a perfezionare fin d'ora, attraverso il SIM, il sistema di fornire al momento opportuno ai Nostri amici, e per tramite Nostro, i cifrari riservati e le segnalazioni riguardanti tutti i movimenti militari e specialmente quelli marittimi relativi ai convogli di rifornimenti, che dovranno esserCi segnalati soprattutto nei momenti critici della guerra, quando intercettarli vuol dire vincere. Ostacolare tutte le proposte atte al miglioramento del vitto alla truppa e alla mensa ufficiali, perché il malessere creato in quel campo è il miglior coefficiente per far maggiormente gravare il peso della guerra sui combattenti. Favorire in ogni modo la distanza corrente fra i vari gradi di ufficiali, e fra questi e la truppa, in modo che manchi l'affiatamento e che la comunicativa del superiore influisca il meno possibile sull'inferiore, favorendo l'irrigidimento della disciplina formale, cercando pure di distaccare quanto è più possibile militari dai centri abitati ove potrebbero trovare conforto, ed eventuale incitamento alla guerra; a meno che nei centri abitati non prevalgano gli elementi sovvertitori. Non Ci stancheremo mai di ripetere che la nostra azione deve basarsi innanzi tutto sui coefficienti psicologici e sull'accurato studio delle conseguenze materiali che esse produrranno con la loro applicazione. Nell'autorizzarVi tutte le iniziative che tendono a colmare le lacune e le difficoltà che certamente sorgeranno durante l'esecuzione del piano, di cui gli ordini di massima trasmessiVi rappresentano la falsa riga, Vi rammentiamo che tutto l'avvenire della Massoneria Universale è posto nelle Vostre mani e che l'attenzione di tutti i Fratelli della Grande Famiglia è rivolta ansiosamente su di Voi.